ATTENZIONE
Si parla di quello che succede nelle prime tre stagioni
Una delle prime cose che vi insegnano in un corso di sceneggiatura cinematografica è che senza evoluzione non c’è storia. O meglio, non c’è qualità nella storia. Il protagonista di un (bel) film non può rimanere sempre uguale a sè stesso, deve intraprendere un percorso che lo farà diventare un uomo nuovo (che non vuol dire per forza “migliore”).
Un discorso simile si può fare anche per le serie tv. Certo, quella vecchia menagramo di Jessica Fletcher ha portato morte e disperazione ovunque fin dall’inizio della sua carriera. Ma nei telefilm più moderni e apprezzati, quelli che lasciano il segno sulle nostre anime di serialminders, il protagonista cambia, eccome. Pensiamo alle prese di coscienza del dottor House, alla crescita umana e professionale di John Carter in ER, al ribaltamento valoriale di Jack in Lost. Persino Sheldon Cooper di The Big Bang Theory è riuscito a mostrare calore umano.
Ebbene, a volte l’evoluzione può essere tanto necessaria quanto pericolosa. Prendiamo Chuck, la serie con Zachary Levi in (ri)partenza il prossimo 20 settembre su NBC. Il concept è chiaro: nella mente di un nerd sfigatello viene rovesciata una sbadilata di informazioni relative a agenti segreti e spionaggio internazionale. In questo modo, Chuck diventa risorsa fondamentale per CIA e NSA, pur rimanendo una persona rigorosamente qualunque.
La grande sfida della serie sta proprio in quel “qualunque”. E’ possibile che Chuck, vivendo forzatamente a contatto con spie e complotti, non impari proprio niente? Ovviamente no. Nella prima stagione era inetto e codardo, e i suoi goffi tentativi di non finire al Creatore rappresentavano una buona fetta del nostro divertimento. Con l’andare del tempo, però, ha studiato, si è applicato, ha imparato a usare i suoi “poteri”. Come se non bastasse, alla fine della seconda stagione gli autori gli hanno fornito un nuovo Intersect, che è in grado di farlo diventare un provetto maestro di kung fu. Risultato? Chuck è ancora buono come il pane, ma decisamente più “figo” di una volta. Tanto che il ruolo di spia pasticciona è finito a Morgan, che di fatto lo ha sostituito come “007 disastroso”. Chuck, dal canto suo, è ormai impegnato a salvare il mondo e fare le cosacce sporche con Sarah, che nel frattempo gli ha concesso le sue (clamorose) grazie, riconoscendo in lui l’unico uomo capace di essere contemporaneamente agente segreto e semplice ragazzo di buoni sentimenti.
Alle porte della quarta stagione, dunque, Chuck non è più il telefilm che conoscevamo. La domanda è: siamo contenti di poter assistere a una storia imprevedibile e stratificata? Oppure ci sentiamo traditi perché la struttura iniziale è stata sovvertita?
Forse non c’è una risposta oggettiva. Se volete la mia personalissima opinione, l’evoluzione mi piace. Amo iniziare una serie e apprezzarne i pregi di oggi. Ma amo ancora di più pregustare gli stravolgimenti di domani. Sapere che tra qualche anno avrò di fronte personaggi del tutto diversi, rinnovati da un viaggio tumultuoso e appassionante. Viaggio che io avrò condiviso con loro, come si fa con gli amici fraterni.
E poi mi dicono di staccarmi dallo schermo e andare all’aria aperta. Ma per piacere…