28 Aprile 2011 5 commenti

Parks and Recreation – 5 motivi per amarlo di Marco Villa

Tutti insieme a Pawnee, fidatevi

Copertina, On Air

Questo post ho iniziato a scriverlo almeno cinque volte. Sul serio. Scrivevo di quanto Parks and Recreation faccia ridere, di quanto sia cresciuto nel tempo o del fatto che sia al momento l’unica serie di cui aspetto con trepidazione i nuovi episodi. Però poi mi rendevo conto che non avevo fatto altro che ripetere “è bello è bello è bello” come se fossi un Jack Torrance in un Overlook Hotel. Ecco allora la genialata. Non scrivere un post complesso, elaborato e finanche entusiasmante per il suo fiorire di subordinate e periodi ipotetici di grado n. No, fare un post a punti. Che equivale al grado zero della scrittura online.

Breve intro: Parks and Recreation è in onda su NBC ed è alla terza stagione. Con lo stile del mockumentary racconta quello che succede all’interno del dipartimento preposto alla cura del verde nella città di Pawnee. Spoiler: sono tutti idioti. Ecco allora:

5 MOTIVI PER ESALTARSI DI FRONTE A PARKS AND RECREATION

 

1. L’AMBIENTAZIONE
Pawnee è un luogo immaginario, ma è più reale del reale. E ha pure un sito ufficiale. All’interno di questa fittizia cittadina dell’Indiana si sono raccolte tutte le idee più idiote e retrograde che possiate immaginare sull’America profonda. I conservatori più ottusi, i liberal più ingenui, i neo/teocon più neo e teo, gli hipster più sfigati. Il sottoinsieme “dipartimento parchi” prende queste tendenze e le esaspera, creando personaggi estremi, assurdi, ma che per un miracolo di scrittura non diventano macchiette. Certo, il livello di imbecillità è notevole, ma tant’è. E’ Pawnee.

2. LA MITOLOGIA
Come già detto per How I Met Your Mother, una serie inizia a spiccare davvero il volo quando consolida una propria mitologia. P&R ha iniziato a crearla da subito, introducendo le truci storie del mito fondativo di Pawnee, le cui origini risalgono al massacro di una tribù inerme di indiani, episodio che campeggia trionfale negli affreschi del municipio (vedi foto sopra). Poi si sono aggiunti elementi sempre più assurdi, come il fatto che a Pawnee non si usa Google ma Altavista e che il calzone è bandito dai menu delle pizzerie perché è solo una pizza più complicata da mangiare.

3. RON SWANSON
L’uomo con i baffi più cool dell’universo, quello che ha un Tumblr in cui vengono raccolte foto di gatti che gli assomigliano. Inizialmente un personaggio strambo di contorno, nel corso degli episodi la sua importanza è cresciuta fino ad assurgere al ruolo di guru, idolo, punto di riferimento. Repubblicano de fero più a destra dei Tea Party, è un fiero oppositore della macchina burocratica statale. Pur essendo a capo del dipartimento Parchi, il suo obiettivo è fare in modo che il dipartimento stesso operi il meno possibile, per evitare che pesi sulle spalle dei contribuenti. Raggiunge il momento di assoluta epicità con La piramide di Swanson. E di nuovo siamo dalle parti della mitologia.

4. IL GUSTO SURREALE
Il surreale sta a Parks and Recreation come il meta sta a Community. Come la serie di Dan Harmon è splendida per il suo continuo interfacciarsi con la cultura pop, così Parks rappresenta uno dei punti più alti raggiunti dal non-sense applicato alla serialità. Di telefilm americani che fanno ridere ce ne sono tanti, nessuno, però, riesce a raggiungere questo obiettivo con un continuo scarto laterale verso la demenzialità, riuscendo a fermarsi un centimetro prima di esagerare e mandare tutto a puttane.

5. GLI ATTORI
Da Amy Poehler ad Aziz Ansari, passando per Aubrey Plaza e Nick Offerman, gli interpreti sono tutti passati da show come Saturday Night Live e affini. Il che significa avere esperienza e predisposizione per lo sketch e il ritmo. Elementi che emergono nella caratterizzazione dei personaggi, la maggior parte dei quali ha una profondità di scrittura dello spessore della carta forno del discount, ma che diventano perfetti grazie ad attori capaci di interpretarli come se fossero all’interno di un continuo show da stand up comedian, dosando sempre intensità e toni.

Ok, sono arrivato in fondo.
Giusto una riga per aggiungere che il sesto motivo si chiama Rashida Jones.
Poi fate un po’ voi.
Ma sappiate che, se non lo mettete nella vostra dieta seriale, avete deciso di fare un torto a voi stessi.
La prima stagione (sei puntate) è carina. La seconda fa il botto, la terza è capolavoro.



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