18 Settembre 2012 4 commenti

Last Resort – Tra culto ed epic fail di Marco Villa

Attese altissime, risultati non eccelsi. Ma continuiamo a crederci.

Copertina, Pilot

Shawn Ryan è il creatore di Last Resort e Shawn Ryan è uno di cui fidarsi. Due titoli: The Shield e The Chicago Code. Il primo è solo uno dei migliori crime di sempre, il secondo una serie sfortunata e chiusa dopo una sola stagione, ma in grado di dimostrare in poche puntate una livello qualitativo altissimo. Ovvio quindi aspettarsi tanto da questo Last Resort, per quanto mi riguarda uno dei pilot più attesi in assoluto di questa stagione. Com’è andata? Così così.

Last Resort è una serie che partirà su Fox il 27 settembre, ma il suo pilot è già andato online per un’anteprima su Yahoo. Racconta la storia del Colorado, sottomarino nucleare dell’esercito americano. Compito principale del Colorado è pattugliare e mantenere una pressione costante nei confronti di paesi potenzialmente pericolosi. Tutto liscio e tranquillo finché non arriva l’ordine di lanciare due missili sul Pakistan. Il comandante intuisce che quell’ordine è poco chiaro e si rifiuta. Conseguenza: si mette in moto una specie di supercomplotto politico-militare, il capitano del Colorado smette di obbedire agli ordini e porta la sua truppa su un’isoletta sperduta, dove, forte di una buona scorta di missili nucleari, dichiara la nascita di un nuovo stato e minaccia di bombardare Washington in caso il Congresso decida di attaccarli.

Una storia originale, niente da dire su questo. Forte di suo per la scelta di mostrare americani che si ribellano ad altri americani e minacciano di bombardarne altri ancora. Valido anche il recupero dell’ambientazione militare contemporanea, assente, mi pare, dai tempi di Generation Kill (che bello Generation Kill, dio santo). E interessante l’intera storia: cioè, gente che fonda uno stato e minaccia il mondo con le atomiche. Stiamo scherzando? È figo.

Però prima ho detto che il pilot è così così e non l’ho detto per caso. Il problema è su due livelli. Il primo è visivo: sembra una serie canadese a basso costo. Tutte le scene ambientate nel sottomarino sono girate con inquadrature strette, ma girate male: il risultato non è la claustrofobia, ma la sensazione che dieci cm più a destra finiscano le scenografie. Un’impressione di sciatteria evidenziata anche da una fotografia totalmente anonima. E dire che un sottomarino è una location mica male, che probabilmente i nostri amici inglesi avrebbero fotografato con dei giochi di luce impressionanti e angoscianti. Qui, invece, siamo più dalle parti di Carabinieri. Triste dirlo, ma è così. Non migliorano le cose nelle scene sull’isola, che a lungo sembrano tanti fegatelli sputati fuori da Lost. Insomma, c’è aria di low budget. Vedremo se si tratta solo del pilot o se in generale non hanno spinto granché su questo aspetto.

Il secondo problema è a livello di scrittura. C’è qualcosa che non torna. Il dubbio è legato soprattutto ai dialoghi, che, per dirla diritta, non tirano mai dentro. Sono freddi, lontani, mostrano poco dei personaggi e l’impressione è che siano calati dall’alto. L’aspetto visivo e quello dei dialoghi danno un senso di spaesamento che finisce per far aggrottare un sopracciglio per buona parte della puntata.

Eppure Last Resort non è da buttare, anzi. Proprio quei dialoghi così strani danno la sensazione di qualcosa che possa essere apprezzato nel tempo. Per intenderci: lo stile di Ryan potrebbe impiegare più di qualche puntata per essere chiaro e percepibile. In caso, ci si può giocare la carta telefilm culto con personaggi culto. Tipo il capitano, che passa in 40 minuti da idealista tutto pieno di senso dell’onore a sorta di mezzo pazzo con mire dispotiche. E ancora: i livelli del racconto sono tanti. C’è la vita della crew, c’è il confronto con gli abitanti dell’isola, la linea politica a Washington, gli amorazzi in progress già evidenti, i rapporti interni della truppa. Insomma, io resto fiducioso: potrebbe essere davvero la cosa fuori dagli schemi che finisce per entusiasmare. Oppure il grande epic fail dell’anno. Lo so, non ci fosse stato il nome di Shawn Ryan probabilmente avrei deriso Last Resort. Ma l’ho detto come prima cosa: Shawn Ryan è uno di cui fidarsi. Shawn, mi raccomando, non farmi fare brutta figura.

Ah, post scriptum: guardando Last Resort non può non venire in mente Lost. L’isola è identica, c’è un sottomarino, ci sono le stazioni di comunicazione. Ma per ora è solo e soltanto un’associazione mentale, non c’entrano nulla, non facciamo sto link.

Perché seguirlo: perché c’è Shawn Ryan e perché è talmente strana da poter avere sviluppi incontrollati

Perché mollarlo: perché visivamente è pietosa e perché la stranezza potrebbe essere solo bruttezza camuffata

 



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