6 Febbraio 2013 7 commenti

House of Cards – Kevin Spacey entra in politica di Marco Villa

House of Cards ha un pilot che è una bomba

Copertina, Pilot

House of Cards è una serie importante, una serie che verrà ricordata. Il motivo non è la potenza visiva i di scrittura (elementi che pure ci sono) ma il suo modello distributivo. House of Cards è il nome della serie che strappa Internet dal modello di web series-belle-e geniali-ma-senza-aspirazioni-mainstream, per trasportare tutto in un ambito industriale e di massa. Il motivo è presto detto: House of Cards è la prima serie prodotta da Netflix, colosso del videonoleggio senza negozi (prima usava spedizioni e restituzioni gratuite, ora lo streaming), in pratica il boia di Blockbuster. Non un network, quindi, ma un soggetto con esigenze che non contemplano la messa in onda settimanale, dal momenti che le parole internet e palinsesto non si parlano. Per questo, Netflix ha messo online contemporaneamente tutte le 13 puntate di House of Cards realizzando il sogno di tutti gli spettatori/scaricatori. Capito perché è rivoluzionaria? Stessa cosa accadrà tra un po’ con Arrested Development.

Dicevo che Netflix ha portato la serialità web fuori dalla nicchia e il motivo è semplice: House of Cards ha come protagonista Kevin Spacey e il primo episodio è diretto da David Fincher. Non esattamente i geniali vicini di casa, quelli tanto svegli, ma un po’ eccentrici e senza soldi, ma due pesi da novanta del cinema USA.

House of Cards è una serie politica, adattamento firmato da Beau Willimon dell’omonima inglese del 1990, e racconta la storia di Francis Underwood, capogruppo di maggioranza al Congresso, ovvero l’uomo che deve lavorare di mediazioni e accordi per permettere al presidente di portare a casa i voti di approvazione delle riforme che propone. Un ruolo fondamentale, di assoluta fiducia. Peccato che il personaggio di Kevin Spacey quella fiducia non la voglia garantire: gli era stato promesso il ruolo di Segretario di Stato nella nuova amministrazione, ma per un giro di poltrone è rimasto fregato e costretto a rimanere, appunto, al congresso. In apparenza lui si dimostra fedele al partito e al presidente, in realtà inizia subito a muoversi per mettere spalle al muro il nuovo presidente. Con lui c’è la moglie, che lo sostiene, lo sprona e lo appoggia in ogni modo. Con lui ci sarà anche una giovane giornalista rampantissima e ultra-ambiziosa, che Francis Underwood usa per far trapelare notizie e indiscrezioni utili alla sua causa, regalandole scoop importanti.

Per dirla facile: House of Cards è una serie di Aaron Sorkin al netto dell’idealismo. È un incrocio tra The West Wing e The Newsroom, visti però dall’altra parte: se nelle due serie citate noi seguiamo le vicende dei buoni e dei buonissimi, che lottano e si agitano per frenare gli arrivisti e gli assetati di potere, qui vediamo come quegli arrivisti e assetati lavorano. E non c’è dubbio che siano loro i cattivi, perché anche il presidente e il suo capo dello staff – ovvero quelli trombano il protagonista – lo fanno senza un briciolo di arroganza, in nome della politica e del compromesso. Esattamente quello che fanno i protagonisti di The West Wing, quindi.

Questi incroci e queste trame funzionano alla grande e non cadono mai nel tecnicismo: a essere in primo piano non sono tanto le riforme e le questioni politiche in quanto tali, ma i rapporti di forza ad esse legati. Tutto questo viene potenziato da una regia che non è mai invasiva o spettacolare, ma perfettamente funzionale alla creazione di tensione. Del resto David Fincher è David Fincher, uno che ha fatto meraviglie con un film in cui si vede solo gente che parla di cose all’interno di stanze.

Ultime cose da segnalare: un Kevin Spacey carismatico e potente e la scelta di farlo parlare in camera, rivolgendosi direttamente allo spettatore e riprendendo un giochino messo in atto di recente da House of Lies. Espediente che rischia di dare fastidio alla lunga, ma che per ora non appesantisce.

House of Cards, insomma, è una serie che verrà ricordata. I motivi tecnici – diciamo così – li ho spiegati all’inizio, quelli legati alla serie li riassumo al volo: il pilot è una bomba. Tutto chiaro, no?

Perché seguirlo: perché nel pilot tutto funziona a dovere e la storia prende da subito

Perché mollarlo: perché la politica non fa per voi e siete ancora incazzati per la chiusura di Blockbuster

 



CORRELATI