27 Marzo 2013

Revolution – Il ritorno della Grande Cagata (ma con affetto) di Diego Castelli

Dipende tutto dal cervello

Copertina, On Air


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Riprendiamo in mano il discorso su Revolution cominciando col dire che non mi ricordavo un cazzo.
Bisogna far qualcosa con questi network americani, mandargli le letterine a mano come si faceva una volta, con gli errori ortografici corretti con la gomma per la penna, quella blu, che più che cancellare la scritta strappava via la cellulosa: non si può spezzare una stagione in due e mettere quattro mesi tra una parte e l’altra. In pratica questa è la seconda stagione, più che l’ultima parte della prima, e mi ha fatto entrare il cervello in modalità estate anche se c’è ancora un freddo porco che anche Ned Stark direbbe “che freddo porco”.
Bisognerebbe seguire la “regola dei vecchi”: l’obiettivo è limitare il rischio che gli anziani muoiano nel mezzo di una stagione, lasciandogli la possibilità di stringere i denti e passare a miglior vita durante l’estate, tra una stagione e l’altra. E’ una questione di rispetto, insomma.

Tornando a noi, e dopo aver visto un “previously” quanto mai necessario, il ritorno di Revolution ha riconfermato il suo obiettivo primario: aumentare l’incazzatura di chi voleva il nuovo mistery-fichissimo, e soddisfare tutti coloro che hanno trovato nella serie di NBC la migliore Grande Cagata dell’anno. E guardate che il premio di Grande Cagata è piuttosto ambito, perché non è mica una cosa tutta negativa: indica la capacità di offrire un prodotto che consenta di spegnere il cervello e godersi un po’ di macello senza dover per forza prendere appunti. Una cosa che succede molto spesso coi crime e le comedy, meno con l’avventura e il sci-fi (almeno a livello seriale).
Questo primo episodio primaverile di Revolution è fatto apposta per raggiungere tale scopo, probabilmente usando un manuale del perfetto sceneggiatore mainstream tipo playbook di Barney Stinson: esplosioni, sparatorie, stragi, inseguimenti, botte di retorica u.s.a. zuccherosissima che culminano nel sacrificio finale di Danny, il classico giovane eroe che decide di barattare la vita con la gloria imperitura.
Un episodio piacevole, dunque, che tiene desta l’attenzione, che spara persino sulla croce rossa dei vecchi rapporti amorosi tra i protagonisti, che non lo immaginavamo proprio per niente (no no, giuro) che sarebbero venuti fuori trascorsi romantici tra Miles e la cognata.

Certo, accanto a chi vuole spegnere il cervello c’è anche chi lo vuole accendere, perché ha passato la giornata a servire hamburger da macdonald’s, o a lisciar via i duroni sugli alluci di zia Marisa. E se fai l’errore di accendere il cervello su Revolution rischi di farti male sul serio. Perché ti accorgi che la storia dell’elettricità è sempre più un pretesto per giocare alla guerra, e quel poco di interesse fantascientifico si trasforma in un fantasy dei più svaccati. Arriverà un momento in cui qualcuno proverà a spiegare in termini pseudo-scientifici come fanno le collanine ad attivare energia ovunque, e allora ci divertiremo (o piangeremo, a seconda dello spirito).
Ma non c’è solo questo, perché la morte del ragazzino è una di quelle scelte tipicamente americane che gridano vendetta: ma come, abbiamo mosso mari e monti per venirti a prendere, e adesso ti immoli come un dannatissimo martire? Ma vai anche affanculo, a saperlo prima stavo a casa. In questo la sorella aveva ragione, quando gli chiedeva il santo piacere di starsene nascosto. E’ un po’ il paradigma di Salvate il soldato Ryan (grande film, peraltro): andiamo in quindici per salvarne uno, e torna solo lui, ottima scelta.
Griderò al capolavoro quando un film o una serie drammatica metterà in scena dei protagonisti veri (non spalle comiche) che avranno il buon gusto di scegliere i cento giorni da pecora piuttosto che uno da leone. Perché il leone è figo e scopa cinquanta volte al giorno, ma poi diventa erba e la pecora se lo mangia di gusto per i tre mesi che restano.

L’apoteosi del fastidio, comunque, la raggiunge Rachel: memore del suo passato di Juliet in Lost, l’enigmatica biondina si guarda bene dal raccontare alcunché di quello che sa, limitandosi alla classica frase “eh, è complicato”, oppure “eh, è lunga da spiegare”. Ho capito, ma non abbiamo neanche la macchina, dobbiamo andare in giro a piedi, mi vuoi dire che non puoi prenderti questi venti minuti per raccontarci qualcosa? E’ chiaro che c’è la necessità di non svelare tutto allo spettatore, ma se hai un personaggio che ne sa a pacchi e lo metti insieme ad altri che non sanno niente, è chiaro che quelli fanno domande, e uscirsene con paturnie da ciclo mestruale non è proprio il massimo.

Ma poi esplode tutto, la gente sopravvive a incontri ravvicinati con missili terra-aria, volano pallottole ovunque e ragazzetti oggettivamente antipatici vengono crivellati da decine di pallottole, che finalmente riusciranno a spettinarli.
La vostra risposta a tutto questo dipende dallo stato psicofisico del momento. Il mio consiglio è continuare a seguire Revolution, tenendolo però come ultimo telefilm della giornata, giusto prima di andare a dormire. Non vi accorgerete delle cazzate, ma almeno vi addormenterete davanti ai fuochi d’artificio.
Romantico, no?



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