9 Aprile 2014 3 commenti

Turn – Spie e traditori nella Guerra d’indipendenza americana di Marco Villa

Turn, la nuova serie tv di AMC che lotta per l’Europa League

Copertina, Pilot

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Agli americani piace tantissimo fare la parte dei buoni. Il problema è che, dalla fine della Seconda guerra mondiale, per gli Stati Uniti fare la parte dei buoni significa fare i protettori del mondo libero. Ovvero: c’è qualche situazione critica in giro per il pianeta? Tac, arriviamo noi. C’è qualche terrorista che trama alle spalle dell’occidente? Tac, lo estirpiamo. Questo è lo schema generale e supersemplicistico, al di là ovviamente di ogni giudizio politico. Questo meccanismo si è rispecchiato nella produzione cinematografica e televisiva, dove abbiamo visto decine e decine di prodotti in cui dei cattivoni piccoli e spietati cercavano di abbattere il gigante americano. Un po’ ripetitivo? Eh, abbastanza. Ecco allora che, per recuperare e cambiare un po’ la faccenda, Turn prova a modificare l’approccio, mettendo il popolo americano nel ruolo di Davide contro Golia. In questo caso Golia è l’esercito inglese e l’ambientazione la Guerra d’indipendenza americana.

Turn è una nuova serie di AMC, la rete di Mad Men, Breaking Bad e The Killing, per capirci. È in onda dal 6 aprile, la prima stagione prevede dieci episodi, è basata su un libro del 2007 e la sigla è scritta e cantata dal cantante dei National Matt Berninger (già alla voce di “The rains of Castamere”). Il creatore è Craig Silverstein, già nello staff di Nikita e Terra Nova. Non un curriculum invitante, ma per fortuna qui siamo da tutt’altra parte. Il network AMC, del resto, ha una tradizione ben precisa in termini di toni e stile e Turn non rappresenta certo l’eccezione. Siamo nel 1776, la Guerra d’indipendenza americana è iniziata da un anno e andrà avanti per altri sette: i coloni americani combattono contro la madrepatria Inghilterra, per diventare autonomi da Londra. Turn si concentra su quanto accade a Setauket, non distante da New York, e sull’organizzazione di spionaggio messa in piedi da soldati dell’esercito ribelle e civili dell’area. È tutto vero, storico: la cumpa di spie si chiama Culper Spy Ring e alcuni personaggi della serie tv sono realmente esistiti.

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Di base, i protagonisti sono quattro: Abe Woodhull (interpretato da Jamie Bell, aka Billy Elliott), tranquillo contadino piuttosto fedele alla corona e con un padre super-lealista; Benjamin Tallmadge, ufficiale dell’esercito di George Washington che vuole mettere in piedi questo abbozzo di servizio segreto; Caleb Brewster, “agente segreto” che si fine contrabbandiere e Anna Strong, locandiera, antico amore di Abe e pure lei coinvolta nel giro di spie.

Nella prima puntata assistiamo al cambiamento di Abe, che passa da coltivare cavoli a trafficare informazioni a favore dei ribelli, gettando così le basi dell’intera serie. Il pilot non è facile da seguire: lo spettatore viene buttato in mezzo a una situazione complicata, in cui i personaggi non vengono introdotti in alcun modo. Certo, qualche spiegone c’è, ma niente di devastante: sta a chi guarda ricostruire il quadro. E questa è una buona cosa, lo sapete che siamo sempre contrari alle serie tv che prendono per mano lo spettatore manco fosse un bambino di prima elementare. Pur essendo una puntata in cui succedono tanti eventi, il ritmo non è mai frenetico e la tensione viene gestita molto bene, con pochi picchi e un continuo saliscendi.

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Capolavoro? Ecco, no. Turn va a piazzarsi con Low Winter SunHell on Wheels nella seconda fascia delle serie tv di AMC, quelle che possono puntare a un buon piazzamento, magari anche sfiorare in alcuni casi la Champions League, ma mai e poi mai puntare allo scudetto. Qui è la stessa cosa: Turn ha un buon pilot, ha tutte le premesse per essere una buona serie, ma probabilmente non sarà mai un capolavoro stile i già citati Mad Men, Breaking Bad o The Killing, ma anche The Walking Dead, da me tanto odiata, ma che in quella prima fascia entra di diritto.

Perché seguirla: per il contesto storico e perché AMC non fa mai serie brutte

Perché mollarla: perché probabilmente non sarà mai qualcosa in grado di mandare fuori di testa

 

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