23 Settembre 2015 18 commenti

Minority Report: tutte le strade portano al procedural di Francesco Martino

Da un film visionario a una serie per anzianotte

Copertina Pilot, Pilot

Minority Report (1)

È sorprendente rendersi conto di come Minority Report somigli ad altre mille serie tv. Oltre ad ampliare i fatti del film, portandoci avanti di quasi dieci anni rispetto alla pellicola di Spielberg (che raccontava di crimini sventati in anticipo grazie ad alcuni ragazzi veggenti), la serie fonda le proprie radici sull’abusata formula della coppia disfunzionale, vista almeno due volte negli ultimi ventiquattro mesi, da Sleepy Hollow al meno fortunato Almost Human.

La serie racconta le vicende di Dash (si, come il detersivo), un precog occupato a vivere una vita normale dopo lo scioglimento del programma di prevenzione dei crimini e dopo alcuni anni passati in isolamento con suo fratello Arthur e sua sorella Agatha. Nonostante i suoi tentativi, il passato torna però a tormentare Dash sotto forma di visioni dei crimini che verranno commessi in futuro, pingendolo a cercare di prevenirli come un novello Tom Cruise, ma molto più impacciato.
Le sue azioni lo porteranno ad incrociare le strade indovinate con chi? Esatto, con una poliziotta, formando così la più classica delle coppie telefilmiche. Le dinamiche tra i due personaggi inizieranno a somigliare sempre di più a quelle già viste in Sleepy Hollow, dove un’agente di polizia cinica e disillusa decide, dopo una manciata di minuti, di aiutare un personaggio presentatosi come un totale pazzo.

Minority Report (2)

Il resto dell’episodio è prevedibilissimo, con la risoluzione del crimine del giorno (ci son di mezzo piccioni radiocomandati…) grazie alla collaborazione dei due protagonisti che finalmente, dopo gli attriti iniziali, diventeranno una squadra affiatatissima. Tipo che manca solo la scena in cui si danno il cinque rimanendo bloccati a mezz’aria.

Minority Report si concede anche qualche minuto di orizzontalità, lasciandoci intuire che il focus di questa stagione sarà tutto sulla ricerca di Arthur, fratello scomparso di Dash, probabilmente catturato da qualche pazzo che vuole usare le abilità precog per qualche fine poco nobile (io la butto lì, ma visto l’andazzo della serie al 70% c’ho preso… ).
L’idea di ampliare quanto visto nel film, invece di reboottarlo come successo con Sleepy Hollow, è sicuramente invitante, soprattutto quando è arricchita da piccole citazioni e cameo come quello di Daniel London, ma ci cascano le braccia nel vedere come l’unica via percorribile per questo tipo di operazioni è quella di trasformare tutto in un noiosissimo procedurale, un Law & Order ambientato nel futuro.
Ecco, a proposito di “futuro”, la messa in scena è l’unica cosa degna di nota di questo pilot (forse proprio perché è il pilot): dalla ricostruzione della città alle tecnologie che si vedono durante l’episodio, tutto lascia intuire un ottimo budget alle spalle, motivo per cui, se questa Minority Report dovesse cominciare a scricchiolare, alla Fox non esiterebbero a farla fuori.

Minority Report (3)

Insomma, Minority Report si muove su una linea molto sottile tra buon intrattenimento (potenziale), sorprendente ordinarietà e cancellazione: tutto starà alla pazienza del pubblico, sazio di serie sempre più simili tra di loro, e a quella di Fox, poco tollerante con i prodotti poco remunerativi. L’esordio con solo tre milioni di spettatori (il fallimentare Alcatraz ne fece più del triplo all’esordio) non fa ben sperare per il futuro della serie che, continuando su questi ratings, potrebbe non avere un futuro troppo roseo.

 

Perché seguirla: avete amato il film, o semplicemente amate la fantascienza a prescindere.

Perché mollarla: nonostante la base di partenza finisce con l’essere l’ennesimo procedurale con il crimine della settimana. E poi è uguale a Sleepy Hollow.

Minority Report (4)



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