13 Novembre 2015 7 commenti

Master of None: Aziz Ansari fa centro su Netflix di Francesco Martino

La trasformazione da splendido idiota (in Parks) a autore completo

Copertina, Pilot

Master of None (1)

Gli ultimi anni sono stati un buon periodo per la comicità americana, soprattutto su sponda pay/cable. L’esplosione di personalità come Lena Dunham ha amplificato la portata di nomi già affermati come Louis C.K., promotori di un tipo di comicità ben diversa da quella a cui siamo abituati con le classiche sit-com, continuamente alla ricerca della risata facile attraverso le situazioni più disparate (e disperate), e più vicina alla riflessione sulla vita del suo autore.

Show come Girls e Louie difficilmente ci mettono davanti a situazioni grottesche e ridicole solo per il gusto di farci ridere, ma piuttosto cercano di portarci alla risata (a volte dolceamara) attraverso momenti di vita quotidiana resi divertenti dall’indole comica del protagonista di turno. Anche l’ultima produzione “made in Netflix” percorre questa strada, mettendo il suo protagonista e creatore Aziz Ansari – Ex Tom di Parks and Recreation – al centro di una serie che ruota intorno alla sua vita, pur romanzata, e alle sue esperienze personali.

Master of None (5)

Nonostante Master of None abbia una sua evidente orizzontalità, spalmata sul racconto della storia di Dev, ogni episodio affronta un argomento a se stante che serve a costruire il mosaico di vita del protagonista, un quasi trentenne alla costante ricerca del suo futuro, professionale e umano: spot televisivi e film sci-fi pieni di green screen da un lato, relazioni sentimentali e familiari dall’altro.

In tutto questo la costante è sempre Ansari, che porta tutto se stesso all’interno della storia, mettendo in scena tutti i suoi dubbi esistenziali e le sue sfaccettature. Qualche esempio? Ansari ha una passione smodata per la pasta (viene anche spesso in Italia) così come la sua controparte televisiva. Allo stesso modo, attore e personaggio hanno entrambi sempre sottovalutato, e poi rivalutato, l’importanza del legame affettivo con il proprio padre. E i paragoni potrebbero andare avanti ancora a lungo: la cosa importante è che avere un protagonista così evidentemente vicino alla realtà porta a una serie incredibilmente vera, capace di creare situazioni in cui lo spettatore, specialmente un semi-coetaneo di Dev come il sottoscritto, riesce ad immedesimarsi.

Master of None (3)

Nel parlare di Dev e del suo gruppo di amici Ansari sembra riuscire a mischiare il lato più hip e modaiolo di Girls (qualcosa di Tom Haverford doveva pur portarsi dietro!) con quello più riflessivo di Louie, tirando fuori una serie in grado di parlare a tutti pur raccontando la vita di un gruppo di persone ben inquadrato. Il merito di questa operazione va soprattutto alla maturità del suo protagonista, che dimostra di non essere solamente uno stand-up comedian da “salgo sul palco e vi faccio ridere tantissimo”, bensì un autore completo – attore, sceneggiatore, regista – capace di affrontare anche tematiche serie con un approccio perfino geniale. L’esempio migliore viene dall’episodio “Indians on TV” in cui Ansari racconta i pregiudizi di Hollywood (vi consiglio un suo articolo uscito sul NY Times) con una roba pop come Corto Circuito 2, in cui l’attore americano Fisher Stevens interpreta lo stereotipo di un indiano, parlando come Apu dei Simpson e scurendosi il viso con il trucco, diventando un falso mito per Dev e tutti suoi amici aspiranti attori.

Master of None (2)

A rendere Master of None un prodotto ancora più incredibile c’è poi una cura formale e una qualità estetica difficile da trovare in una comedy, di quelle che ogni tanto ti fanno dimenticare di essere davanti ad un prodotto televisivo e ti sorprendono con guizzi creativi che vanno ben oltre il classico mezzo busto delle comedy americane. Ancora una volta, la lezione di Louie è stata mandata a memoria con pieno successo.
Ho provato a spiegare alla mia ragazza perché questa sia una serie bellissima, e adesso sto facendo lo stesso con voi, in un flusso evangelico che non riesco ad arginare.
Le parole alla fine sono sempre le stesse, ma basterebbe dire che Master of None è uno dei ritratti più fedeli di una generazione, capace di raccontare croci e delizie di un po’ tutti noi.

Perché seguire Master of None: Ansari si è dimostrato un autore più bravo e completo del previsto (e dello sperato).
Perché mollare Master of None: se l’unica comicità televisiva che vi interessa è quella delle sitcom tradizionali.



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