3 Marzo 2016 4 commenti

Re-Pilot – House MD e la capacità di dire tutto subito di Diego Castelli

Un primo episodio molto più preciso di quanto ricordassi

House MD Pilot (5)

Per la rubrica Re-Pilot, ovvero riguardare i pilot vecchi per vedere l’effetto che fa quando sei cresciuto e hai perso i capelli, due giorni fa mi sono rivisto il primo episodio di House MD (che in questi mesi trovate integralmente su Infinity), data di nascita primo luglio 2005, che sembra ieri ma in realtà è una vita fa: Twitter non c’era, Leonardo DiCaprio era stato nominato all’oscar per The Aviator e aveva perso, youtube e facebook erano talmente giovani che, se avessimo creato Serial Minds all’epoca, ne avremmo fatto anche una pagina MySpace, o una cosa così. Soprattutto, una serie che guardavo in italiano, perché alternative non ce n’erano, e per la quale dovevo dar battaglia in casa perché mio padre voleva guardare altro (giusto i primissimi anni però, poi l’ho convinto).

House è una delle mie serie preferite, ma non solo per la sua qualità nuda e cruda, ma anche perché, molto più personalmente, è una delle poche serie molto verticali che non mi ha mai stancato, che non mi ha mai fatto pensare “quasi quasi smetto”. No no, ogni settimana il buon Gregory si guardava, non c’erano cazzi. Che poi “verticale” vuol dire che c’era ogni settimana un nuovo caso di puntata, una nuova indagine medica per mettere alla prova il nostro burbero diagnosta e i suoi adepti, non che non ci fossero linee narrative orizzontali, che invece c’erano e garantivano una bella tensione e la possibilità di cliffhanger di peso.

House MD Pilot (2)

Ma non siamo qui per dirci quanto House fosse gagliarda, lo sappiamo già e in passato ne abbiamo già scritto. L’argomento di oggi è: che effetto fa rivedere il pilot?
Qualcosa di interessante da dire c’è, perché il pilot di House è effettivamente da manuale. Che non è solo una figura retorica per dire “molto bello”: intendo proprio da manuale, come si dovrebbero scrivere i primi episodi.

L’unica cosa che ancora mi ricordavo chiaramente era la fotografia. Scritto dal creatore David Shore e diretto da Bryan Singer, regista de I soliti sospetti e degli X-Men, il pilot di House era pervaso da una luce crepuscolare, lattiginosa, con i personaggi illuminati dall’arancione di un tramonto perenne, caldo ma anche un po’ disturbante. Un approccio che suona straniante ancora adesso, perché diverso da quasi tutto ciò che di seriale vediamo arrivare dall’America, ma anche dallo stesso House, che già dal secondo episodio ritornò nei ranghi di una fotografia più tradizionale. Ma evidentemente Singer voleva creare uno stacco, far capire allo spettatore che non era di fronte al solito medical.

House MD Pilot (1)

E che House non fosse il solito medical lo si capiva da subito. Questo è l’elemento che colpisce del pilot di House, a distanza di anni e sapendo cosa la serie sarebbe diventata: c’è già tutto. Tutti gli elementi che avrebbero reso House un grande cult sono già tutti lì, uno per uno, tipo elenco della spesa: il medico burbero e poco interessato ai pazienti in quanto persone (grossa novità per l’epoca, per lo meno per un protagonista); il gusto per l’indagine medica che sfociava quasi nelle tecniche narrative del crime; il rapporto controverso con la squadra, bistrattata e manipolata da House, eppure fondamentale al suo lavoro; l’amicizia con Wilson, che fin dal pilot mostra il suo buon cuore e la fiducia nell’amico (di cui dice subito “sì, tiene a me”); il tratteggio di House come un moderno Sherlock Holmes, per l’intelligenza acuta, l’insistita razionalità, la passione per i dati oggettivi, la sostanziale misantropia che colpisce tutti tranne forse il fido Wats… Wilson; la tecnica di “sperimentare” sui pazienti, piuttosto che di agire solo sulla base di dati certi; perfino la dipendenza della droga/farmaci.

Se leggete un qualunque manuale di sceneggiatura per serie tv, da qualche parte troverete l’invito a costruire dei pilot che dicano sostanzialmetne tutto ciò che c’è da sapere su una serie. Se ci pensate è assolutamente logico: un pilot deve dare allo spettatore le informazioni necessarie a capire di cosa una serie parla e come, e se possibile orchestrare quelle informazioni in modo da convincere lo spettatore a tornare anche la settimana successiva e via dicendo. Un concetto estremamente banale, ma che spesso è disatteso dalla realtà: pensate a quante serie comiche fanno più ridere al settimo episodio piuttosto che al primo, o a come certi show siano cambiati nel corso dei mesi e degli anni, tipicamente concedendo maggiore spazio alla trama orizzontale (mi viene in mente Scandal, che al momento è una serie completamente diversa rispetto ai suoi esordi).
Ecco, nel suo pilot David Shore è riuscito a costruire una storia pienamente innovativa, perché un medico così non si era mai visto, ma dandole la struttura solida, chiusa e granitica del più tradizionale dei crime, come fosse un CSI o un Law & Order.

House MD Pilot (4)

E il bello è che gli esempi che vi ho fatto prima non sono nemmeno finiti. Andando più nel dettaglio, troviamo singole frasi e tormentoni che non ricordavo affatto essere presenti fin da subito. In questo pilot c’è il famoso “everybody lies”, il tutti mentono che è uno dei mantra del buon Gregory (che però a fine episodio dice “io non mento mai”, come a sottolineare la sua unicità nel panorama non solo medico, ma in generale umano). C’è anche l’obbligo per House di curare i normali pazienti dell’ambulatorio, quei buffi personaggi che servono al protagonista per mettere in mostra la sua intelligenza, la sua feroce ironia, e perché no anche la generica dabbenaggine del tipico pubblico medio (non solo) americano, che riempie i pronto soccorsi di ignoranza e richieste deliranti. C’è la passione di House per la tv trash, ci sono i battibecchi con la Cuddy (anche se per ora abbastanza freddi), ci sono le faccine del protagonista quando si rende conto della soluzione di un caso mentre sta facendo tutt’altro, e c’è soprattutto la capacità di passare da un registro comico se non addirittura grottesco, a botte di estrema profondità, come il discorso che House fa alla sua prima paziente televisiva (che curiosamente è Robin Tunney, che dopo questo pilota avremmo visto in parti ben più importanti in Prison Break e The Mentalist). Mostrando una comprensione del pensiero e del destino umani ben più alta e compassionevole di quanto la sua superficie burbera farebbe pensare, House si produce in un fantastico “we can live with dignity, we can’t die in it”, che potrebbe quasi suonare come un’invettiva anti-eutanasia, ma che in realtà rappresenta solo la determinazione di un uomo che crede nella mente e nell’intelligenza, e che non ci sta a vederle spezzate da cose così pacchiane e volgari come il dolore e lo sconforto.

Ovviamente tutto quello che io ho descritto come solidità e capacità di centrare da subito il bersaglio, potrebbe essere vista da una prospettiva opposta: qualcuno potrebbe dire infatti che House non si è mai davvero evoluta, che nel pilot c’è già tutto quello che si sarebbe visto da lì a otto anni. In parte è davvero così, proprio come succede con la maggior parte dei crime. Come in quei casi, allora, interviene il gusto di ogni spettatore: per un fan come me, rivedere il pilot di House e scoprire che era così bello, pulito e centrato fin da subito, è una pura goduria, per non parlare del fatto che la serie è innovativa ancora oggi, visto che un dottore con le caratteristiche di House continua ad essere un unicum nella storia del medical. Per chi invece non ha mai apprezzato il buon Gregory, non vale il discorso che spesso si fa con i serialminder riottosi: “dagli fiducia, vedrai che poi ti prende”. Ecco, no, se il pilot di House non ti piace, c’è una buona possibilità che non ti piacerà nemmeno dopo.

House MD Pilot (3)

Per il resto, devo dire che l’episodio non suona troppo vecchio, nemmeno in termini di ritmo. Vero che Hugh Laurie era più giovane, e che Jennifer Morrison sembra la figlia dell’attuale protagonista di Once Upon a Time. Vero anche che certi ambienti sembrano un po’ spogli, e che alcune tecniche visive di “ingresso” nei pazienti mostrano un po’ di fiatone. Ma per il resto è un episodio che va ancora via liscissimo, a ulteriore riprova che la buona scrittura e la buona recitazione invecchiano più lentamente delle scenografie e degli effetti speciali.

Che dire, in conclusione… Dico che me la vorrei rivedere tutta, perché se è vero che so quello che succederà, allo stesso tempo non ricordo ogni singola battuta sagace e ogni volo pindarico della prodigiosa mente del protagonista. Senza contare che all’epoca vidi almeno cinque stagioni in italiano, mentre ora mi potrei vedere tutti gli episodi di House in lingua originale, che come sempre è tutta un’altra storia.
Vabbè, non avrò mai il tempo, invidio chi di voi ce l’ha, specialmente quelli che possono vederla per la prima volta.



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