13 Luglio 2016 10 commenti

Mr. Robot 2×01: pressione e promesse di Diego Castelli

Torna una delle serie più attese e per questo più a rischio

Copertina, Olimpo, On Air

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Di solito la regola si applica allo sport, ma vale anche per le serie tv: vincere una volta va bene, ma quello che conta è vincere anche l’anno successivo.

Ecco perché la seconda stagione di Mr Robot, in partenza oggi negli Stati Uniti, ha addosso molta più pressione rispetto alla prima, quando il volto stralunato di Elliot Alderson si impose dal nulla come uno dei principali fenomeni dell’annata televisiva. L’anno scorso Mr Robot ha “vinto”, in termini mediali ma anche materiali, visto che si è portata a casa due golden globe di peso. Ovvio dunque che ci fosse grande attesa per una seconda stagione che, arrivando in un solco fatto di molti elogi ma anche diverse perplessità, si esporrà al giudizio impietoso dei serialminder mondiali, che sanno essere fedeli seguaci ma ci mettono poco a diventare feroci nemici.

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La seconda stagione prende le mosse dalla fine della prima, per lo meno in termini di macrostrutture: Elliot e il suo alter ego Mr Robot hanno ispirato e condotto l’attacco alla E Corp – dove i cattivi controllano i tuoi soldi e ti rompono le balle se allunghi la pausa pranzo anche solo di cinque minuti – e ora il protagonista prova a fare i conti con le conseguenze morali e psicologiche di quell’atto.
Per il momento sono completamente tenute fuori alcune questioni importanti, come l’identità della persona che ha bussato alla porta di Elliot alla fine della prima stagione o il piano di Whiterose, tutte cose che probabilmente torneranno fuori nelle prossime settimane o forse già nella seconda parte della premiere (che è in teoria un doppio episodio, anche se USA Network ha rilasciato anzitempo solo la prima metà).
Dopo l’attacco alla E Corp, le redini della fsociety sono rimaste in mano a Darlene, che cerca di tenere desta l’attenzione dei suoi cyber-soldati ricordando che hanno vinto solo una battaglia e non la guerra. Per parte sua, Elliot sembra invece uscito volontariamente dai giochi: per nulla convinto della bontà del suo operato, la priorità del protagonista è quella di liberarsi del fantasma del padre che non sembra volerlo lasciare in pace. Elliot sta cercando di cambiare vita, o almeno di migliorarla, rinunciando alla rete e trasformando le sue giornate nella riproposizione compulsiva di una routine sempre uguale, fatta di pulizie in casa di sua madre e dialoghi senza scopo con un amico serialminder appassionato di Seinfeld.
Diamo per scontato che Elliot dovrà tornare in gioco, in un modo o nell’altro, ma ancora non sappiamo esattamente come e alleato a chi.

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Questa 2×01 è sicuramente una puntata interlocutoria: riprende le fila del discorso senza necessariamente spaventare eventuali spettatori dell’ultima ora, e non prova l’affondo verso nuove tematiche o nuovi scenari. Siamo dove eravamo, e non sono stati aggiunti misteri significativi, a parte il piccolo cliffhanger circa il riscatto chiesto dalla fsociety per trattenersi dal mandare a zampe all’aria tutte le banche connesse alla E Corp.

E qui torniamo al discorso della pressione. Se ripensiamo alla prima stagione, non è certo sul fronte meramente narrativo che dobbiamo cercare le cause del successo: non è l’idea di raccontare gli hacker alla Anonymous ad aver colpito gli spettatori, né tantomeno il twist sulla vera identità di Mr Robot, che molti avevano predetto praticamente dopo il pilot. Senza contare che, specie sul fronte della lotta alla E Corp, la serie aveva mostrato più di una fragilità e passo falso.
A fare la differenza è stato lo stile: il viso pazzoide di Rami Malek, il tono ipnotico della sua voce fuori campo, l’intelligenza di mostrare il lavoro degli hacker come una serie di stringhe di testo su uno schermo  piuttosto che come ridicole proiezioni olografiche, la regia ricercata e volutamente straniante, mai adagiata sulle normali convenzioni hollywoodiane.
Come detto in passato, la prima stagione di Mr Robot ha molte similitudini con la prima di True Detective: molto più del “cosa” conta il “come”, e i deliri filosofici di Rust Cohle non sono tanto diversi dai trip paranoici di Elliot Alderson.

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In questo contesto, alla seconda stagione è fisiologico chiedere un qualche tipo di scatto ulteriore, che sia sul versante drammatico e narrativo, oppure nuovamente su quello della messa in scena.
La premiere riesce sicuramente a piazzare qualche ottimo colpo: penso all’eleganza nella descrizione della routine di Elliot, alla suspense nella scena della smart house che impazzisce, al rapporto ormai deteriorato fra le varie personalità del protagonista, che arriva anche a quell’inaspettato colpo di pistola con cui Mr Robot fa saltare il cervello di Elliot (non è mai un buon segno quando le tue altre personalità cercano di ammazzarti).
È su questa base che, a mio giudizio, bisogna insistere maggiormente: nella consapevolezza che la seconda stagione di
Mr Robot non potrà sorprendere come la prima (non è nemmeno giusto chiederglielo), è invece legittimo aspettarsi un miglioramento, specie in quelle aree apparse a suo tempo più deboli: dal carisma dei comprimari alla relativa debolezza di tutto ciò che non c’entrasse direttamente con Elliot, passando per la sensazione – speriamo presto smentita – che sia già stato detto “troppo”.
L’impressione – positiva – è che si voglia calcare la mano su quella frase già diventata mantra, quel “il controllo è un’illusione” che sembra farsi metafora sia per gli sforzi della fsociety, fin troppo convinta di poter gestire le mille conseguenze delle sue azioni, sia per il protagonista, che prova a contenere la follia di Mr Robot infilandosi in un tunnel in cui distinguere sogno e realtà sta diventando davvero difficilissimo.

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L’anno scorso molti spettatori accusarono Mr Robot di essere tanto fumo e poco arrosto, partendo però dall’idea che il concetto di arrosto c’entrasse solo con la storia e le sue concatenazioni logico-causali. Per me è un errore, e un errore che si commette troppo spesso, finendo per giudicare film e telefilm solo sulla base della loro logica narrativa e tralasciando la loro capacità espressiva. Ecco, Mr Robot di forza espressiva ne aveva e ne ha ancora a pacchi, e spesso basta quella: se però Sam Esmail riuscirà a stupire di nuovo la nostra percezione e contemporaneamente a dare alla sua creatura un pochino più di solidità complessiva, allora potremo parlare di un successo rinnovato e meritato. Nella speranza che il giochino, dopo un anno di digestione, non ci risulti ormai troppo palese e insistito per essere ancora interessante.



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