21 Ottobre 2016 13 commenti

Black Mirror è tornata ed è il solito schiaffo di intelligenza di Marco Villa

La terza stagione di Black Mirror è finalmente arrivata su Netflix

Copertina, Pilot

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Se dovessi dire le mie serie preferite in assoluto, probabilmente risponderei The West Wing e The Wire. Se dovessi dire quelle più entusiasmanti da vedere, probabilmente risponderei Game of Thrones e Community. Ma se dovessi dire qual è la più intelligente e potente, toglierei subito il probabilmente e direi in maniera secca un nome: Black Mirror.

Black Mirror è la serie avanti per definizione, la versione televisiva di speech e saggi sul modo in cui la tecnologia sta modulando il nostro presente e la nostra mente. Perché non serve un genio per dire che abbiamo cambiato più abitudini e schemi mentali negli ultimi vent’anni che nei precedenti duecento. Viene spontaneo pensare che siamo noi umani a governare questo processo, ma si tratta in realtà di un processo che lavora in due direzioni e da sempre Black Mirror si concentra sulla seconda parte di questo scambio.

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La terza stagione di Black Mirror non fa eccezione: dopo i primi sei episodi (+ special) trasmessi da Channel 4, Charlie Brooker ha spostato la sua serie su Netflix. Il servizio di streaming ha già annunciato dodici episodi e i primi sei sono stati rilasciati poche ora fa. Le sei puntate, come da tradizione, sono dense di spunti e di strade inquietanti che potrebbe imboccare il nostro presente, per questo preferiamo evitare di parlarne in un unico post generale, per soffermarci sui singoli episodi.

La prima puntata è Nosedive, tradotta in italiano come Caduta libera. Diretta da Joe Wright (Espiazione, Orgoglio e pregiudizio, Anna Karenina), è scritta da Charlie Brooker con Michael Schur di Parks and Recreation e Rachida Jones, che proprio in Parks interpretava Ann Perkins. Protagonista è Bryce Dallas Howard, che piazza un’interpretazione da applausi senza fine: il suo personaggio è Lacie, una donna sulla trentina che vive in un mondo regolato da recensioni. Ma non di prodotti, di persone. Dopo qualsiasi scambio interpersonale, con lo smartphone si lascia un giudizio da una a cinque stelle sull’interlocutore e l’insieme di questi voti assegna a ogni individuo un punteggio. Più è alto il punteggio, più si fa parte dell’elite e si può accedere a benefit e luoghi esclusivi: ovviamente chiunque sia scomodo o fuori dall’ordinario riceve pessime recensioni, conducendo così a un conformismo senza ritorno. Lacie cerca disperatamente di innalzare il proprio punteggio e per farlo cerca di entrare in contatto con vip della situazione, dando vita a un road trip dell’assurdo.

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Non sto a entrare nel dettaglio della trama, perché non avrebbe molto senso, ma già da questa breve descrizione è evidente il tentativo degli autori di schernire l’ossessione della reputazione online che tanti hanno. Che tanti abbiamo, perché chiunque posta foto e status sui vari social con il solo obiettivo di ricevere like e di vedere così aumentare la piacevolezza della propria immagine sociale. Ovviamente Black Mirror esagera questa tendenza, ma in fondo il mondo rappresentato in Nosedive racconta situazioni molto simili a quelle che avremmo se una piattaforma come Klout, che dà un punteggio a ogni individuo a seconda della sua presenza sui social, o un’app come Peeple, che avrebbe dovuto permettere di recensire le persone, fossero diventate di enorme successo. Non è stato così, ma il tanto odiato e chiacchierato sistema degli influencer è in fondo la versione più contenuta e accettabile del delirio raccontato in Nosedive.

Oltre alla splendida interpretazione di Bryce Dallas Howard, che è il caso di sottolineare di nuovo, al termine del primo episodio della terza stagione di Black Mirror resta la certezza dell’importanza di questa serie, in grado di mostrarci con acutezza disarmante quello che si trova a un metro da noi, ma che non riusciamo a vedere. Sappiamo già che alcune cose raccontate da Black Mirror si sono poi verificate, la speranza è che ci si fermi qui.



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