8 Dicembre 2016 49 commenti

Westworld – Finale di stagione: Tutto è cambiato di Marco Villa

Perché Westworld non solo ha vinto tutto, ma ha anche cambiato le regole del gioco

Copertina, Olimpo, On Air

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ATTENZIONE: SPOILER SU TUTTA LA PRIMA STAGIONE DI WESTWORLD

Tra gli elementi in grado di rendere bellissima una serie tv ce n’è uno che è alla base del concetto stesso di serialità: la capacità di chiudere una stagione lasciando intravedere mondi e scenari in grado di superare quanto si è appena finito di raccontare. Non sto parlando del semplice cliffhanger che ti lascia in tensione e ti fa tirare un paio di madonne per la frustrazione. Sto parlando piuttosto del fatto di creare nello spettatore la necessità di andare avanti subito, di continuare a scoprire tutto quello che può essere scoperto. Westworld è stata così e non poteva essere altrimenti, vista la qualità assoluta della sua prima stagione.

Il finale della prima stagione di Westworld è stato il giusto approdo di una serie dai temi altissimi, che non ha avuto paura di indagare quelle sottili linee tra umano e divino, temi giganteschi come il libero arbitrio o l’etica nell’epoca delle intelligenze artificiali. Per lo spettatore, la guida nel parco è stata Dolores: fin dalle prime puntate, è lei a portarci nei meccanismi di Westworld e, dopo un passaggio di testimone a Maeve nella parte centrale della stagione, è di nuovo lei a prendere il centro della scena. Un percorso a suo modo lineare, che Jonathan Nolan e Lisa Joy hanno provato a rendere il più complicato possibile, creando una storia schizofrenica, destinata a più di un pubblico.

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Westworld segna infatti l’ufficialità dell’esistenza di due pubblici distinti e la consapevolezza di questa distinzione da parte dei network. C’è un primo pubblico normale, tradizionale, che guarda ogni settimana la sua puntata, si appassiona, si emoziona, magari si incazza pure, ma la cui esperienza finisce poco dopo i titoli di coda. Magari c’è l’appendice di una piccola discussione, ma poco più. Accanto a questo pubblico, che rappresenta la stragrande maggioranza degli spettatori, c’è un nucleo più agguerrito di appassionati, per i quali la puntata è solo il punto di partenza, l’argomento base da approfondire e sviscerare a più non posso, in cerca di un significato ultimo che non è ancora stato rivelato. Facile aprire il parallelo tra questo pubblico e il Man in Black che cerca the maze, il labirinto. Facile anche chiudere il parallelo con il volto deluso e arrabbiato di Ed Harris quando non si trova nulla tra le mani, perché di fatto qualsiasi teoria ed elucubrazione poteva essere spazzata via pochi giorni dopo dalla nuova puntata. Tra tutti i ragionamenti più o meno folli elaborati online, si è rivelato corretto il primo e più diffuso, ovvero il fatto che William e Man in Black fossero la stessa persona. Una teoria di cui si è parlato tantissimo su tantissimi siti e pagine, che ha trovato la sua conferma nel season finale.

E qui secondo me è importante aprire una piccola parentesi: non è la prima volta che una serie viene scandagliata in modo così dettagliato per trovare soluzioni e teorie, è già successo con Lost e Game of Thrones, ma Westworld raggiunge un livello ulteriore in questo percorso. Per le altre due serie citate, l’accanimento dei fan è stato progressivo, così come progressiva è stata la creazione di misteri che richiedessero delle spiegazioni. In questo senso, Westworld è partita subito a mille, lasciando volutamente aperti enormi spazi di interpretazione. Ne parlavamo in occasione delle prime puntate: non stava succedendo nulla, ma stava succedendo già tutto. In questo spazio vuoto, i fan hanno creato un sistema di interpretazioni e teorie senza precedenti, spinti e aizzati addirittura dallo stesso Jonathan Nolan, che è intervenuto su Reddit in alcune occasioni fornendo immagini inedite, probabilmente provenienti da scene scartate.

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La costruzione di questa sorta di visione partecipata ha dato a Westworld un peso enorme in termini di fenomeno pop, ma ha tolto peso all’aspetto fondamentale di una serie di questo tipo: la presenza di colpi di scena. Nella prima stagione di Westworld ci sono molti twist narrativi, ma pressoché nessuno è arrivato inatteso per il pubblico più infognato. Torniamo all’ultima puntata: l’inquadratura con cui si svela che William e Man in Black sono la stessa persona è una bomba, è l’equivalente di “we have to go back” di Lost, è il momento in cui tutti i pezzi del puzzle vanno a posto. Un momento emozionante e importante, che però è stato depotenziato tantissimo dal fatto che questa cosa era nota da circa metà serie. Idem per Dolores-Wyatt e anche per Bernard-host.

Il grande merito di Westworld (e quindi dei suoi creatori) è stato quello di riuscire a mantenere forza narrativa nonostante lo sviluppo stesso della narrazione fosse sotto attacco da ogni fronte, riuscendo a essere una serie ottima per entrambi i tipi di pubblico a cui si rivolgeva. Non diciamo certo una novità se la definiamo la serie dell’anno: Westworld è un vero e proprio gamechanger. Non solo ha sbaragliato la concorrenza, ma ha ribaltato le regole stesse del gioco. E questo lo fanno solo i grandissimi.



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