23 Febbraio 2017

Bates Motel – Inizia bene l’ultima stagione di una bella serie di Diego Castelli

Perché la mamma è sempre la mamma

Copertina, On Air

bates

OCCHIO, SPOILER SU TUTTA LA 5X01

Per la sua stessa natura di prequel di una storia molto famosa, buona parte dell’interesse circa Bates Motel girava intorno a una specifica domanda: “come si arriva al terribile omicida mammone di Psycho?”
Bene o male la questione è tutta qui, ma la semplicità della consegna non va confusa con la banalità dello svolgimento del tema. Come abbiamo avuto modo di dire più volte in questi anni, Bates Motel ci ha stupito per la capacità di partire come una serie quasi normale, in cui i ben noti problemi del protagonista erano comunque inseriti in una cornice tutto sommato ordinaria, fatta di scuola, amici e segreti polizieschi, per poi scendere sempre più in un gorgo di follia e sdoppiamento che ha coinvolto sia la scrittura degli episodi, sia la modalità della loro messa in scena.

Bates Motel (7)

In questo lento ma costante sviluppo, le battute finali della scorsa stagione avevano segnato un punto di svolta: la morte di Norma rappresentava il definitivo passaggio dal “prequel” all’effettivo racconto nel Norman Bates che i fan conoscevano da decenni, cioè il tipo strambo ma apparentemente innocuo che in realtà è un serial killer con la madre impagliata nascosta in casa.
E se questa quinta e ultima stagione, per stessa ammissione degli autori, vuole fare da ricongiungimento e sovrapposizione con la storia già raccontata dall’omonimo romanzo di Robert Bloch e dal film di Alfred Hitchcock, la sua premiere rappresenta la definitiva esplosione di tutte le potenzialità della serie.
Perché è proprio la morte di Norma a regalarci la definitiva e più affascinante versione di un personaggio che in questi anni abbiamo visto crescere, e la cui criminale doppiezza era in qualche modo ancora trattenuta e limitata dall’esistenza fisica di una madre che, beh, non aveva molto piacere che lui andasse in giro ad ammazzare la gente.

Bates Motel (2)

Non volendomi dilungare sugli elementi di pregio che, pur presenti in questo episodio, erano ben evidenti anche in passato (l’insistita e quasi incoerente classicità delle ambientazioni, l’eleganza delle transizioni fra la realtà e l’illusione, la bravura dei protagonisti), l’elemento più rilevante dell’ultima stagione riguarda proprio il fatto che Norma, dal punto di vista psicologico e narrativo, è tutt’altro che morta.

Da sempre legato a una figura genitoriale il cui amore era tanto assoluto quanto ingabbiante, alla morte della madre Norman ne ha sviluppato un simulacro tutto suo, con cui ricreare quel rapporto di amore asfissiante che spesso lo faceva sentire soffocato, ma che allo stesso tempo gli permetteva di tenere la sua vita sotto controllo. Un simulacro che però è costretto ad autogiustificare il proprio esilio dal mondo (Norma deve “fingersi morta” e rimanere lontana dalle altre persone, pena lo svelamento del gioco), e che in fin dei conti di non ci sta a rimanere solo spalla del figlio.
Ecco allora i black out, blocchi di ore in cui Norman perde completamente il controllo di sé, lasciandolo a una madre che, anche da morta, gli impedisce di vivere una vita pienamente indipendente.
La scena migliore in tutto questo discorso è probabilmente quella in cui Norman, nell’atto di ehm… trastullarsi mentre spia i nuovi clienti del motel durante un amplesso, viene interrotto da una telefonata della madre. Qui siamo al sublime: consapevole di stare facendo qualcosa di sbagliato, ma incapace di fermarsi da solo, il subconscio di Norman fa entrare in gioco la madre, che impedisce al figlio di proseguire nella sua condotta peccaminosa riportandolo a una più appropriata sobrietà.

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Creare queste scene quasi da comedy, col genitore che interrompe bruscamente la masturbazione del figlio, lasciando però che tutti sappiano che quel genitore non esiste, è ciò che rende questo episodio così teso e vibrante. Se Norman fosse un normale assassino che semplicemente uccide per piacere, sarebbe tutto estremamente banale. Ben diverso e più interessante è il caso di un personaggio che subappalta a un fantasma le sue pulsioni criminali, costruendosi così l’unica possibile àncora di salvezza che ancora lo tiene attaccato a una realtà vagamente accettabile.
Sapere che Norman cederà a quegli impulsi (come in passato ha già fatto) e sapere che quell’assurdo rapporto fra lui e i suoi demoni raggiungerà nuove vette di follia e di sangue, è ciò che ci tiene ancora incollati allo schermo, e che ci fa credere che quella appena cominciata sarà una grande stagione, degna conclusione di un’ottima serie, forse superiore alle aspettative della vigilia.



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