28 Giugno 2018 8 commenti

Strange Angel: la serie sui razzi che non decolla! di Roberta Jerace

Strange Angel parla di ingegneria spaziale e occultismo e, per quanto sia tratta da una storia vera, sembra troppo pastrocchiata per esserlo sul serio!

Copertina, Pilot

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Quante volte vi è capitato di pensare che la vita di qualcuno fosse così straordinaria da poterne realizzare un film? Beh, questo è esattamente quello che devono aver pensato i produttori di Strange Angel, serie tv in onda sul servizio internet CBS All Access, liberamente tratta dall’omonimo romanzo di George Pendle.

Ora, se io vi snocciolassi la trama di base di Strange Angel, sostenendo che si tratta della vita di un brillante giovanotto americano che, da inserviente in una fabbrica chimica, diviene uno degli scienziati protagonisti della corsa alla conquista dello spazio, voi potreste provare un moderato ma giustificato entusiasmo. E se aggiungessi che l’altra metà della trama segue la sua introduzione e dedizione al mondo dell’occultismo demoniaco a forte matrice sessuale?
Incuriosita da queste golosissime premesse ho cercato qualche informazione in più, ancor prima di vedere il pilot.
Il sapore allucinatorio e stravagante del soggetto non sorprende, se pensiamo che la serie è stata sceneggiata da Mark Heyman, già co-creatore de Il cigno nero e prodotta tra gli altri da Ridley Scott, i cui recenti impegni seriali, tra i quali Taboo e The Man in the High Castle, sono in linea con le sue più eccentriche produzioni.

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Per quanto riguarda la vita di Jack Parsons (segue racconto in pillole, quindi spoiler) fu davvero un personaggio fuori dalle righe: ricercatore visionario, seppe trasformare l’ingegneria aerospaziale da mera fantascienza a materia concreta dai risultati tangibili.
Tuttavia, l’aspetto più singolare della sua vita fu l’adesione al culto della religione Thelema: un pastrocchio di devozioni sataniche, pratiche di ritualità estatica, simbolismo egizio, cabala, yoga etc.
Come se non bastassero le stranezze, si fece dapprima derubare di tutti i suoi risparmi dal futuro fondatore di Scientology, divenne quindi un soggetto perfetto per la caccia alle streghe dell’epoca maccartista e dopo un periodo di esilio in Israele morì in un incidente di laboratorio di dubbia origine a soli 37 anni.

Un sacco di materiale buono insomma, da cui la produzione dello show poteva trarre un sacco di spunti.
La prima sfida doveva essere semplice: rendere partecipe lo spettatore della scalata al successo di uno dei tanti ragazzi prodigio protagonisti del tipico “sogno americano”.
Solo che, primo problema, l’interprete di Jack Parsons, Jack Reynor (Trasformers 4; Macbeth), non funziona! È privo del necessario fascino da bad boy che la parte richiede e in alcuni momenti sembra stia pensando a tutto tranne che a farci capire cosa diavolo passa per la testa del suo personaggio.
Del protagonista inoltre, è difficile seguire gli spostamenti frenetici e i discorsi esaltati che dovrebbero trasmettere il fervore del genio anticonvenzionale, e finiscono invece solo per distrarre e infastidire.
Tutto questo affaccendarsi lo porta spesso a risultati inconcludenti, ma non è questo a disturbare, perché anzi il fallimento è un passaggio che il pubblico si aspetta e un’esperienza con la quale si identifica; è invece la mancanza di direzione a destabilizzare, perché in ogni genio che si rispetti c’è la follia, sì, ma anche il metodo.

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L’argomento della setta viene introdotto rapidamente e maldestramente: ci ritroviamo catapultati davanti a una cerimonia rituale alla Codice Da Vinci senza alcuna preparazione, né un minimo di suspense. Così invece di stimolare il piccolo dark che è in noi (chi non ha mai fatto una seduta spiritica alzi la mano!), l’argomento sesso e magia si traduce in una stravaganza vagamente esotica ma casuale, e quindi priva di attrattiva.
Anche altri elementi vengono introdotti troppo frettolosamente: per esempio l’intimità fredda e convenzionale con la moglie (Bella Heathcote, The man in the high castle), certamente mostrata per rendere evidente la soppressione della libido di Parsons che però non appare troppo turbato da questa insoddisfazione; o il rapporto con l’inquietante vicino (Ruper Friend, Homeland) con cui le dinamiche di amore/odio esplodono in un secondo e si susseguono alla velocità della luce.

Per farla breve, il pilot corre talmente tanto da lasciarci la sensazione di aver visto un lungo riassunto di una stagione precedente a noi mai pervenuta!
Purtroppo, la visione della seconda puntata non aggiunge alcun guizzo allo show. Qualche flashback sull’infanzia a giustificare l’attrazione per l’occulto, scialbe dinamiche familiari appena accennate che annoiano quanto la solita minestra riscaldata, e la formazione della squadra di geniacci un po’ reietti; solitamente uno dei momenti narrativi più godibili, si rivela qui un’altra potenzialità bruciata.

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Insomma, la serie non concede la possibilità di svelare con gradualità i misteri, di farci sedurre dai personaggi, patire per le sconfitte del protagonista e gioire di un’opportunità andata a segno.
Una cosa apprezzabile in verità c’è: la scena con cui viene rappresentato il colpo di genio che darà una svolta alle ricerche, poiché la circostanza che mette in moto gli eventi è una spinta all’azzardo, il varcare i limiti dell’ordinarietà, e lascia nello spettatore la convinzione che, per Parsons, l’occultismo possa essere stato il portale di accesso mistico all’intuizione e non solo un capriccio culturale.
Un doveroso sforzo per unire le due anime della serie.
Però appunto, era il minimo…

 

Perché seguire Strange Angel: se amate i biopic ambientati nel secolo scorso e in gioventù avete disegnato pentacoli sotto il letto.
Perché mollare Strange Angel: perché i creatori devono essersi confusi con il troppo materiale narrativo e hanno cestinato un mucchio di cose, battute, eventi e sfumature che avremmo potuto/dovuto vedere.

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