22 Novembre 2013 3 commenti

The Carrie Diaries – Una donna la bocciò, un uomo prova a salvarla di Francesco Martino

Cose strane succedono a Serial Minds…

Copertina, On Air

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La cosa è andata più o meno così:
Francesco: so che ne avete già parlato l’anno scorso, ma posso fare un aggiornamento su Carrie Diaries?
Diego: Ah ma dai? Lo stai ancora guardando? Masochismo? Stitichezza? Senso di colpa per quel cavallo investito in macchina nel ’98?
Francesco: No be’, veramente…
Diego: E cosa c’è di nuovo e di brutto da dire? Dai dai, son curioso! Chissà quanto schifo che ha fatto da allora! Spara a zero senza pietà!
Francesco: Ecco… ehm… io ne vorrei parlare bene…
Diego: Prego?
Francesco: Sì cioè, secondo me alla fine è abbastanza piacevole, forse bisognava darle solo più fiducia…
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Sono seguiti insulti abbastanza articolati. Poi però ho pensato che il buon Martino è il nostro fido apprendista. Che ha l’entusiasmo dei più giovani. Che a Serial Minds rispettiamo tutte le opinioni. E che so come ci si sente quando hai affianco un “Villa” che ti accusa sempre di essere troppo buono.
Quindi va bene, giovane padawan, convincici che Carrie Diaries merita un’altra chance!
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Carrie Diaries (4)

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Il mio rapporto con Carrie Bradshaw è sempre stato in bilico tra l’amore e l’odio, tra l’ammirazione e il più totale disprezzo. Va detto che tutto è iniziato, probabilmente, nel modo più sbagliato possibile, ossia con quei due film tanto brutti da far invidia anche a Norbit.
Carrie Diaries (5)All’epoca rimasi scioccato dalla visione di quel mondo dai valori decisamente dubbi, tipo il prezzo delle ultime Manolo Blahnik, e superficiale in qualsiasi cosa. Quando mi trovai a dover recensire il secondo capitolo sul sito per cui scrivevo all’epoca ricevetti, tra le varie minacce di morte, anche qualche gentile invito a recuperare la serie perché, e qui mi si aprì un mondo, “i film non c’entravano nulla”.

Era vero? Beh sì, e mi ci volle davvero poco tempo per convincermi della bontà delle parole digitate da quell’esercito di aspiranti Carrie – esattamente il tempo di vedere il logo HBO; le sei stagioni che compongono la traduzione televisiva delle opere di Candace Bushnell erano vere e reali, una vivida descrizione di quella che – presumo – sia la vita della maggior parte delle donne.
Adesso, dopo tutto questo preambolo, vi chiederete a cosa serviva il racconto della mia storia personale con Sex and the City. Ovviamente a giustificare qualcosa di ancora più imbarazzante: il mio rapporto con Carrie Diaries.
Quanto la CW – arieccoci – se ne uscì con la notizia che avrebbe realizzato un prequel della serie HBO, tutto il mondo in rosa rabbrividì all’idea di vedere le loro quattro eroine trasformate nelle protagoniste di un teen drama da quattro soldi pieno di addominali e push-up (sì 90210, parlo con te); lo shock deve esser stato così grande che all’epoca i produttori, tra cui troviamo anche Josh Schwatrz, ci tennero a precisare che il loro prodotto sarebbe stata un semplice trasposizione dei romanzi, e quindi totalmente slegato da Sex and the City.
Gli ingredienti per un disastro c’erano tutti, e nei siti di serialità televisiva si scommetteva se la serie sarebbe stata brutta almeno quanto Beauty and the Beast.

La verità però è un’altra: Carrie Diaries non è brutto. Le avventure adolescenziali della giovane Carrie Bradshaw sono l’onestà fatta serie tv, un teen drama ben confezionato e che si rivela, il più delle volte, piacevole e divertente.
Ovviamente il ventaglio di spunti era ed è rimasto decisamente ridotto, con una serie di temi tipici del genere e facilmente riassumibili in qualche triangolo amoroso, in un dubbio esistenziale e nel Carrie Diaries (3)classico disagio di chi vive in una periferia a caso e che, volendo inserirli tutti, è arrivata a crollare proprio sul più bello, tirando fuori un finale di stagione quasi sconcertante per la mole di eventi buttati dentro all’improvviso – vedi il trio Carrie-Sebastian-Maggie – e che, purtroppo, ha creato più di qualche perplessità al sottoscritto.
Nonostante questo però, Carrie Diaries ha saputo costruire un reparto di comprimari adatti a sostenere una protagonista non sempre all’altezza della situazione e che, inevitabilmente, ancora manca del carisma della “vera” Carrie. A tamponare questa falla ci sta pensando momentaneamente la verve di Samantha Jones, apparsa già nell’esordio stagionale, e che sembra voler spingere la serie sempre di più verso la sua identità newyorchese a discapito di quella periferica della prima stagione.
Nel suo “non voler essere un prequel”, scelta molto paracula detto tra noi, la serie è arrivata comunque a tradire anche il materiale cartaceo, lasciando fuori dai giochi personaggi rilevanti. Questo però non è necessariamente un difetto, anzi: così facendo è saltato fuori un prodotto autonomo in grado di attirare non solo i fan di SatC, inevitabilmente richiamati dall’idea di base, ma anche un pubblico più lontano dal target tipico della serie madre.

Nonostante, circa un anno fa, il pilot fosse stato semi-bocciato da Serial Minds, ad oggi mi sento di dire che Carrie Diaries è un prodotto ben oltre la sufficienza, abbastanza furbetto da essersi saputo ritagliare il suo spazio fuori dall’universo costruito dalla HBO e fatto di un’innocenza che le permette di non doversi prendere mai troppo sul serio.
Certo, può far sorridere che a promuovere il tutto sia un uomo, dopo che la bocciatura era arrivata da una donna… probabilmente dovrei rimettermi in contatto con quelle che mi avevano minacciato anni fa…



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