5 Maggio 2016 2 commenti

Dice – Una comedy-perlina da non perdere di Diego Castelli

Piccola ma gustosa!

Copertina, Pilot

Dice cover

Oggi voglio fare una cosa facile facile ma sempre importante. Di solito siamo qui a parlare delle serie veramente belle e grosse, che fin da prima del pilot sapevamo essere belle e grosse. Oppure sbeffeggiamo le serie veramente piccole e brutte, che ti chiedi “ma perché?”
Oggi invece parliamo di uno show che si inserisce nella splendida nicchia delle serie “piccole ma belle”.

Parliamo di Dice, nuova comedy di Showtime creata da Scot Armstrong e interpretata da Andrew ‘Dice’ Clay, uno stand-up comedian molto famoso negli anni Ottanta, che qui veste i panni di se stesso.
Concettualmente siamo dunque dalle parti dei Seinfeld e degli Episodes, quelle serie cioè che prendono un attore già famoso e gli fanno impersonare una versione alterata di se stesso, ora più stupida, ora più cinica, ora semplicemente più folle. Inutile dire che il caso più recente, premiato e osannato della categoria è Louie, la (tragi)comedy di Louis CK che su queste pagine abbiamo avuto modo di elogiare a più riprese.

Andrew Dice Clay as himself in DICE (Season 1, Episode 1). - Photo: Michael Desmond/SHOWTIME - Photo ID: Dice_101_VEGAS_4411.R

Ecco, Andrew ‘Dice’ Clay non lo conoscevo. Non che io sia un esperto di stand-up comedians americani, ma ogni tanto mi piace andare su youtube a cercare qualche video divertente, riprendendo i monologhi di grandi star della comicità a stelle e strisce. Clay mi mancava, e andando a recuperarlo proprio prima del pilot ho trovato un comico piuttosto divertente, che puntava tutto su una volgarità insistita e programmatica che non risparmiava parolacce e doppi sensi, a volte nemmeno doppi: il senso è proprio quello, quello più sporco e trashone.
Se però pensate che Dice, la serie, sia una diretta emanazione di quella comicità, allora vi sbagliate. Almeno in parte.

Con Dice Scot Armstrong non vuole portare in televisione una comicità che ha smesso di sfondare quasi trent’anni fa, ma anzi vuole concentrarsi proprio sul tramonto di una star che forse star non lo è più, ma che ancora ci tiene a mantenere una certa immagine di sè.
Dice diventa così un racconto crepuscolare, la narrazione di una carriera al tramonto, in cui un vecchio vip ormai semi-sconosciuto cerca di stare al passo coi tempi.
Se però pensate che questo twist (comprensibile fin da subito) sia la scusa per trasformare una vita comica in una storia drammatica, ancora una volta (aridaje) siete in errore.

La cosa più bella di Dice, una serie apparentemente cazzona e cazzeggiante, ma in realtà piena di inventiva, è lo straordinario equilibrio che riesce a mantenere fra una certa malinconia di fondo, propria di una stella non più luminosa come un tempo, e la meravigliosa attitudine alla vita di Clay, uno che sostanzialmente se ne sbatte di qualunque cosa, dice quello che pensa e aspira a essere banalmente felice.
Forse per necessità di copione, o forse solo perché invecchiato, Andrew Clay non è più lo spacca-platee che era una volta, non ha più quell’aura da giovane ribelle senza freni, e sembra più che altro un povero vecchio rincoglionito aggrappato al passato. Questo però non gli impedisce di piazzare battute fulminanti, di cui a volte non sembra nemmeno rendersi conto, preso com’è dal mantenimento del suo personaggio e dal tentativo di aggiornarlo – e aggiornarsi – a una contemporaneità molto più politically correct, e spesso molto più ipocrita, rispetto ai suoi vecchi standard.
Comunque lontana dalle vette artistiche di Louie, Dice riesce però a essere una serie assai divertente e sorprendentemente tenera, dove il protagonista sporco e volgare diventa quasi subito un meraviglioso cucciolone che tutti noi vorremmo avere sul comodino, perché più che “maleducato” ci appare semplicemente “vero”, nonostante gli atteggiamenti spacconi e i costumi sempre sopra le righe.

Dice (1)

E se parliamo di pura e semplice creatività, che per una comedy è vitale, basta guardare il monologo sui cazzi durante un matrimonio gay nel primo episodio, oppure la comparsata di Adrien Brody nel secondo, per capire che Dice merita più di una chance.
Brody, premio oscar per Il Pianista, avvicina Clay con l’idea di copiarne atteggiamenti e movenze in vista di uno spettacolo che dovrà portare in scena. Tutto l’episodio è una progressiva trasformazione di Brody in Clay, una prova d’attore spaventosa che strappa applausi a scena aperta, specie per l’atteggiamento paterno con cui il vero Dice aiuta e supporta (o “sopporta”) l’invadente collega.

La prima stagione di Dice si compone di soli sei episodi e siamo più o meno a metà, anche se Showtime ha reso disponibile l’intera stagione su varie piattaforme web.
Non è la serie che vincerà centomila premi, e forse non ne sentirete più parlare dopo questo articolo. Ma noi siamo qui anche per suggerirvi le chicche, e Dice quello è: una chicca.
Perché seguire Dice: la comicità volgarotta di Andrew ‘Dice’ Clay viene integrata e stemperata da un’atmosfera tenera e malinconica che dà al tutto un sapore particolarissimo.
Perché mollare Dice: se quella trash ed esplicita è una comicità che, per quanto studiata e voluta, non fa proprio per voi.

 

PS
Se non sapevate chi fosse il protagonista, ma allo stesso tempo vi sembra che abbia una faccia familiare, vi svelo io l’arcano: avete visto Clay nella prima puntata di Vinyl, dove sotto un trucco piuttosto pesante interpretava l’ammazzato Buck Rogers.

Argomenti dice, louie, Showtime


CORRELATI