21 Febbraio 2018 3 commenti

Ci eravamo dimenticati di The Tick! di Diego Castelli

The Tick è un supereroe un po’ stupido ma a cui bisogna voler bene

Copertina, Pilot

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È successa questa cosa un po’ buffa, immaginatevi la scena tipo mamma di Kevin che si ricorda improvvisamente di aver dimenticato a casa il figlio.
Mi avvio bel bello ad aprire il mio tv show manager per controllare gli episodi da vedere nei prossimi giorni, e lo sguardo mi cade sulla seconda parte della prima stagione di The Tick.
Bene, mi dico, me la sparo volentieri appena Amazon la butta fuori.
Poi però l’occhio si allarga e la bocca si spalanca in un muto urlo di terribile consapevolezza: su Serial Minds non abbiamo MAI parlato di The Tick.

Occorre rimediare all’istante.
The Tick è una serie tv creata da Ben Edlund, fumettista e produttore televisivo che ha un lungo passato in tema di supereroi e soprannaturale, avendo messo le mani in Angel, Firefly, Gotham, Supernatural, Revolution. Ma soprattutto, Edlund lavora al suo The Tick ormai da trent’anni, partendo dai fumetti, passando per una serie a cartoni animati a metà anni Novanta, e arrivando a una serie live action del 2001.
Più di 15 anni dopo, dopo essere passati dal giudizio degli utenti di Amazon ormai nel 2016, la nuova versione di The Tick è arrivata con 6 episodi ad agosto 2017, e con altri sei dal 23 febbraio (la seconda stagione, intanto, è già stata ordinata per il 2019).

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The Tick, giusto per arrivare al punto, è un grosso tizio vestito di blu, dotato di poteri quali superforza e invulnerabilità, che unisce una forte senso della giustizia e un’insanabile voglia di combattere il male, a una strana amnesia e una generale ingenuità, che lo rendono efficacissimo quando si tratta di menare le mani, un po’ meno quanto c’è da elaborare piani perfetti.
Ma il vero protagonista, a dirla tutta, è Arthur Everest (tizio basso e sfigato che ha il cognome della più alta montagna del mondo). Interpretato da Griffin Newman, Arthur è un contabile di nessuna importanza, che si muove all’interno di un mondo in cui i supereroi esistono da decenni, e che proprio su di lui hanno calcato una mano pesante: Arthur infatti ha perso il padre per colpa di The Terror, un cattivo clamoroso che sembra scomparso dalle scene da anni, apparentemente sconfitto dal simil-Superman Superian.
La storia di The Tick prende le mosse da qui, dal momento in cui Arthur, da sempre ossessionato da The Terror, si convince che il super cattivo non è affatto morto ed è anzi pronto a tornare. Arthur da solo potrebbe fare poco, ma l’incontro con The Tick e il ritrovamento di una supertuta che gli dona goffi poteri di volo, gli danno la spinta per provare a essere un vero eroe.

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Pur considerando che The Tick esisteva già tre decenni fa, non stupisce però il suo ritorno: in un momento storico così marcatamente supereroistico, con Marvel e DC a darsi battaglia sia sul piccolo che sul grande schermo, le parodie sono quasi inevitabili, una specie di tappa obbligata per sfruttare il successo dei supereroi in chiavi diverse, e per permettere agli spettatori un passo in più in termini di riflessione su come il supereroismo è costruito.
E se recentemente abbiamo visto Powerless, commedia simpatica ma non abbastanza ficcante e presto cancellata, The Tick ha una marcia in più. E il motivo sta nel fatto che The Tick non è “solo” una parodia.

È chiaro che l’approccio generale è stupidone e leggero. Nel rapporto fra Tick e Arthur, vero cuore della serie, si stabilisce la classica dinamica fra un personaggio forte e sbrigativo e uno riflessivo e pauroso, come se Woody Allen si accompagnasse a Stallone, e basta già questo, insieme alla bravura di Peter Serafinowicz (Tick) e Newman, per strappare più di una risata. Ma l’intento degli autori è quello di andare un po’ oltre. Per esempio nella descrizione rapida ma non banale di questo mondo pieno di supereroi ma niente affatto libero dai problemi, o nell’uso di codici narrativi ed estetici del tutto riconoscibili dal grande pubblico, ma che anche nella loro forma parodistica riescono comunque a creare una forma di epica.

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Perché The Tick, lungi dall’essere una serie esclusivamente demenziale, è anche uno show che ti fa davvero appassionare ai personaggi, e che quando vuole creare l’entusiasmo supereroistico riesce a non annacquarlo nella risata a tutti i costi.
Soprattutto, nel percorso di Arthur c’è un elemento realmente aspirazionale e per nulla ridicolo: segnato da un trauma infantile che l’ha reso debole, pauroso e complottista, Arthur trova in Tick sia ciò che non vorrebbe mai essere (un gigantone un po’ babbeo) sia un modello a cui aspira da sempre, fatto di forza, sicurezza e decisione. The Tick dunque non è solo una carrellata di scenette citazioniste, ma un vero viaggio dell’eroe in cui uno sfigato qualunque (uno come noi) prova a vincere le sue paure in un mondo che evidentemente non è fatto per lui, ma dal quale rifiuta di farsi schiacciare.
Al di là della parodia, questo è vero eroismo.

Perché seguire The Tick: è una serie leggera e che fa ridere, ma che non rinuncia a un suo preciso spessore.
Perché mollare The Tick: è comunque una serie comica con un supereroe idiota e vestito come un insetto blu. Quindi non proprio per tutti-tutti.



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