The Studio – Una comedy adorabile per chi ama il cinema di Diego Castelli
Creata da Seth Rogen per Apple Tv+, The Studio racconta il dietro le quinte di Hollywood con amore, ironia, e fichissime guest star
Non sono mai riuscito a capire quanto sia un fenomeno naturale, e quanto invece una specie di gusto imposto dallo studio, ma resta il fatto che, se ti piace il cinema (diciamo l’audiovisivo in generale), ti scapperà sempre un sorriso in più di fronte alle storie dichiaratamente “meta”, il cinema e la tv che parlano di cinema e tv. Che ne mostrano il dietro le quinte, che ne denunciano le idiosincrasie, che ne svelano i trucchi.
Poi certo, pure nelle storie meta ci sono mille sfumature, dal racconto più aziendal-cospiratorio alla The Morning Show, alla ricostruzione storica di un’effettiva produzione cinematografica come in The Offer, per arrivare naturalmente a Boris o alla Extras di Ricky Gervais.
Resta il fatto, però, che raccontare una storia mentre sveli come funziona la macchina stessa che la produce, beh, funziona e incuriosisce.
Vale anche per The Studio, nuova serie di Apple Tv+ creata Seth Rogen (anche protagonista) insieme a Evan Goldberg, Peter Huyck, Alex Gregory, e Frida Perez. Magari sarà, per l’appunto, il fiascino del dietro le quinte di Hollywood, ma dopo due episodi mi pare già un gioiellino di scrittura, regia e guest star.

Matt Remick (Rogen) è un produttore cinematografico che lavora da vent’anni nella stessa casa di produzione cinematografica, la Continental Studios, nella quale ha fatto tutta la gavetta, partendo da semi stagista fino ad arrivare alla buona posizione che ricopre ora.
Quando Patty (Catherine O’Hara), la capa dello studio, viene licenziata dopo una serie di flop al botteghino, Matt viene chiamato nell’ufficio del padrone della baracca, Griffin Mill (Bryan Cranston), che gli consegna le chiavi dello studio con una sola missione da compiere: fare soldi.
Peccato che Matt sia un vero appassionato di cinema, uno che vuole fare la Storia, che vuole produrre capolavori, un intento nobile ma spesso poco compatibile con la necessità di grandi profitti.
La sfida, per lui, sarà trovare un equilibrio a tutti i costi.

The Studio, come da tradizione per il suo principale autore, è una comedy, e pure una comedy molto divertente: si gioca su equivoci e debolezze, su piccole rivalità e pericolose ingenuità, ma soprattutto su un grande ritmo, che muove continuamente i personaggi a destra e a manca nel tentativo di tenere insieme una macchina produttiva e finanziaria che scappa da tutte le parti.
In realtà, a ben guardare, i primi due episodi sono anche abbastanza diversi, in termini di meccanismo comico: nel primo c’è l’incontro-scontro fra Matt il sognatore e Griffin il capitalista, con il primo impegnato a leccare il culo più che può, cercando al contempo di mantenere una qualche autonomia creativa, nella folle ipotesi di far girare a Martin Scorsese un assurdo film sulla Kool-aid, la bevenda sulla quale Griffin vorrebbe costruire un successo tipo Barbie.
Il secondo episodio, invece, vede l’intrusione di Matt su un set su cui avrebbe pieno diritto a stare, ma dove il suo status aziendale, unito a un entusiasmo che diventa presto goffaggine, lo porta a creare più danno che altro, in una comicità che diventa molto più fisica, slapstick, stupidona.
Per completezza, bisogna anche sottolineare una certa anima verace (per dir così) della comicità di Seth Rogen: The Studio ha più classe ed eleganza rispetto ad altri titoli dell’attore canadese, ma la sua verve sanguigna, triviale, se non proprio volgarotta, ogni tanto viene fuori.
Con mio grande gusto, sia chiaro, ma qui diventa molto soggettivo.

Ma oltre una comicità lavorativa che funziona, The Studio ci mette il vero amore per il cinema.
Non è solo questione di qualche riferimento specifico della sceneggiatura, ma proprio di un ardore messo dal suo protagonista tanto nelle idee quanto nei luoghi fisici della creazione cinematografica.
Raccontandoci le sfide di un mondo cinematografico che cambia, pressato dai gusti mutevoli e non sempre prevedibili del pubblico e da una generica crisi delle sale, The Studio riesce comunque a raccontarci la magia di quel lavoro straordinario, e la collettività brulicante che sta dietro la realizzazione di un film, che è il prodotto di una macchina piena di ingranaggi in cui basta poco per ingolfare tutto e azzoppare un potenziale capolavoro.
Un amore per il cinema che, furbescamente ma con grande efficacia, Seth Rogen traduce anche nella presenza di un gran numero di guest star deliziose: abbiamo citato Martin Scorsese, che appare nei panni di sé stesso riuscendo a portare nell’episodio grande efficacia comica ma pure un sacco di tenerezza, ma non è il solo: preferisco non spoilerare, ma nel primo episodio ci sono diverse facce note che vi faranno sbrilluccicare gli occhi.

Sul fronte della messa in scena, poi, una serie che parla della grandezza del cinema non può che puntare a un alto livello visivo: splendida la fotografia del primo episodio, così come la grafica vintage dei titoli di testa.
Nella seconda puntata, poi, un colpo da maestro: tutto l’episodio è girato in un piano sequenza molto spettacolare (anche se probabilmente “finto”, un paio di stacchi mascherati si vedono), ma che non si limita a essere un giochino tecnico che peraltro, nei giorni di Adolescence, potrebbe non fare così notizia.
La cosa bella del piano sequenza di The Studio è che racconta… la realizzazione di un piano sequenza: il protagonista va a fare danni su un set dove effettivamente si sta girando una lunga scena senza stacchi, producendo un piano sequenza al quadrato che, ancora una volta, titilla il gusto di chi al cinema apprezza anche l’approfondimento sui temi più pratici della realizzazione dei film.

Insomma, in attesa di capire se i prossimi capitoli funzioneranno tanto quanto, per quanto mi riguarda i primi due episodi di The Studio sono approvatissimi.
Freschi, divertenti, pieni di dettagli e sorprese ben studiati, carichi di un affetto per il cinema che non può non intenerire chi col grande schermo ci è venuto grande, e spera pure di invecchiarci.
Potremmo vendercela come una specie di Boris americana, se non fosse che in Boris si scherzava soprattutto sulla pochezza della nostra fiction, mentre qui si cerca ancora di parlare di una grande Hollywood che rischia di sparire e che si vuole preservare.
Forse il paragone con Extras regge di più, ma insomma, mi sembra che The Studio abbia una vera anima tutta sua.
Speriamo che regga.
Perché seguire The Studio: ha tutto quello che si può chiedere a una comedy che funziona, con l’aggiunta di un coinvolgente e caloroso amore per il cinema.
Perché mollare The Studio: la comicità di Seth Rogen, anche in questa cornice più “alta”, spinge spesso sul un volgarotto che non sempre piace.
