The Last of Us 2×02 – Parliamo di quella cosa lì di Diego Castelli
L’evento più atteso della seconda stagione è arrivato già al secondo episodio, generando sconcerto, emozione, dibattito
ATTENZIONE! SPOILERISSIMI SULLA SECONDA PUNTATA DELLA SECONDA STAGIONE!
Tanto tuonò che piovve, e pure in fretta. Questa la sensazione dopo la seconda puntata stagionale di The Last of Us, che racconta uno degli avvenimenti più emozionanti e divisivi di tutta la saga, e che i videogiocatori stavano aspettando con ansia e timore (e anche con buona educazione, visto che non ho visto spoiler in giro, bravi tutti, così si fa).
L’episodio arriva piuttosto presto (ma d’altronde l’evento era vicino all’inizio anche nel gioco) e porta a un inevitabile cambio di prospettiva su tutta la storia, imprimendole una direzione molto precisa che, se saranno bravi, porterà a un totale capolavoro come nel gioco, anche se su questo ho dei dubbi per motivi legati al tipo di esperienza, e che potremo commentare solo fra tre anni o giù di lì (sperando di esserci, che ormai sono anziano).
Ma veniamo a noi, e naturalmente occhio perché si spoilera di brutto.

Nel secondo episodio della seconda stagione di The Last of Us, Joel muore. Viene ucciso da Abby, che vendica così la morte del padre che, l’abbiamo appreso proprio in questo inizio di stagione, era il medico che stava cercando di tirare fuori una cura dal corpo di Ellie, ammazzato da Joel per poter salvare la ragazza da una procedura che l’avrebbe uccisa. Una scelta che, lo sappiamo bene, non è stata fatta a cuor leggero, o meglio, è stata presa d’impulso da un uomo che poi però l’ha nascosta alla sua figlia adottiva, sapendo che la verità le avrebbe fatto provare una colpa terribile.
La morte di quello che veniva percepito come il protagonista (o perlomeno il co-protagonista) di The Last of Us, diventa immediatamente una scelta divisiva, per la cui valutazione c’è ben poco di oggettivo su cui basarsi.
La scelta in sé è molto forte, ma può benissimo non piacere (e a molti videogiocatori non piacque). In più, la serie apporta una serie di cambiamenti rispetto alla controparte videoludica, che stanno già scatenando commenti, rimbrotti e rimostranze che viaggiano in tutte le direzioni, che erano praticamente inevitabili, e che a conti fatti sono tutti legittimi, finché stanno nel mondo del “avrei preferito così o cosà”.
A sto punto non resta altro che dirvi la mia.

Per me è un ottimo episodio. Al momento non è possibile, per chi ha visto solo la serie tv, giudicare nel bene o nel male la scelta in sé della morte di Joel senza aver visto a cosa potrebbe portare (o porterà) nella storia successiva. Posso dire che, per il gioco, fu per me una scelta giusta e fruttifera, e staremo a vedere come se la gestiranno in questo formato.
Certo è che si tratta di una scelta tosta, scioccante, anche perché arriva inaspettata: già sapevamo che Abby cercava vendetta, ma di certo gli spettatori vergini non potevano immaginare che l’avrebbe trovata in così poco tempo.
Da questo punto di vista, però, la puntata gestisce benissimo la tensione, con la stessa Abby che si trova in pericolo di vita e viene salvata proprio da Joel, che la ragazza, senza alcuna pietà, conduce volentieri al proprio covo, dove sa che potrà scatenare la propria furia.
(qui qualcuno mi parla di coincidenza un po’ troppo fortuita: per me no, a ognuno il suo)
Qualcuno sta dicendo che la scena del pestaggio e della morte era messa in scena meglio nel gioco, proprio in termini di inquadrature e ritmo, e questo è probabilmente vero perché me la ricordo come una roba che ti si piantava nel cervello e non ti lasciava più per giorni. Forse HBO (ricordiamo che da noi la serie va in onda su Sky e NOW) l’ha leggermente edulcorata proprio per renderle meno respingente considerando che sono coinvolti attori in carne e ossa.
Allo stesso tempo, trovo che proprio la presenza di attori veri, capace di un’espressività veramente organica, abbia permesso di andare un po’ più in là rispetto alle limitazioni tecniche del gioco, garantendo lo stesso una grande forza visiva.

Un’altra differenza che ho apprezzato rispetto al gioco (anche se all’epoca, ovviamente, non ne sentii la mancanza) è l’assedio dei mostri alla città, che era totalmente assente nella versione originale.
Per me è una buona idea, non scontata in un episodio che si porta dietro un altro evento importante come la morte di Joel.
In realtà, e lo si capirà meglio poi, quella scelta ha un senso sia per il futuro, sul modo in cui i personaggi decideranno di agire e non agire, ma anche nel presente: questo è un episodio spartiacque, è un prima e un dopo per un gruppo che sembrava aver trovato un proprio equilibrio, perfino una parvenza di serenità, al punto che gente come Ellie e Dina poteva pensare di entusiasmarsi all’idea di pattugliare il territorio e divertirsi con tutto ciò che le aveva spaventate fino a poco prima.
La morte di Joel e la contemporanea esibizione della fragilità di Jackson, invece, prendono l’intero mondo dei personaggi e lo trasportano in una dimensione di precarietà assoluta di cui speravano di essersi liberati. Trovo che funzioni benissimo, oltre al semplice vantaggio di consegnarci una puntata poderosa in cui non c’è un attimo di respiro.

Detto quindi che mi sembra un episodio riuscitissimo, potente, divertente, e che immagino verrà ricordato a lungo soprattutto da chi non ha mai provato il gioco, ci sono anche alcune deviazioni dall’originale che mi lasciano il timore che si potesse fare meglio.
Una di questa riguarda il fatto che noi già sapessimo delle motivazioni di Abby: nel gioco, la morte di Joel avviene prima di scoprire perché Abby ce l’aveva così a morte con lui. Scoprirlo dopo, quando hai già bollato Abby come la cattiva senza pietà per cui provare odio-e-basta, risultava più impattante.
Allo stesso tempo, mi rendo anche conto di come il linguaggio seriale abbia imposto logiche diverse: dobbiamo considerare che un gioco come The Last of Us dura tendenzialmente molto più delle sette ore di questa seconda stagione, ha un respiro diverso, e una possibilità di spalmare diversamente i propri punti focali, sapendo di poter intrattenere lo spettatore con un’azione gestita in prima persona.
Insomma, trovo che la scelta depotenzi un po’ il percorso del personaggio ai nostri occhi, ma ne capisco la logica.

E a questo è collegato il discorso del casting: la scelte delle attrici di The Last of Us (e in particolare Bella Ramsey e Kaitlyn Dever) ha suscitano polemiche dal giorno uno, al punto che su internet esistono due fazioni divise ormai in maniera totalmente ideologica fra chi sostiene completamente la scelta senza se e senza ma, pure con la paura di suonare misogino e fare body shaming, e chi invece la boccia senza remore in nome di una purezza traspositiva probabilmente un po’ stucchevole.
La verità, come spesso accade, mi pare stare nel mezzo: non credo ci sia niente di male nell’affermare che Ramsey e Dever sono due attrici eccezionali, pienamente capaci di reggere una storia come questa, riconoscendo però al contempo che la bellezza “tradizionale” della Ellie del gioco aveva un senso narrativo e filosofico preciso che qui si perde, e che la Abby della Playstation era una specie di camion tutto muscoli che rendeva la scena della mazza molto più credibile e “cattiva” rispetto alla stessa scena performata da una Dever che ci mette quello che può in termini espressivi, ma non convince del tutto dal punto di vista puramente fisico, della meccanica dei corpi umani e della forza che possono sprigionare in diverse condizioni di forma e volume.

Insomma, in un modo o nell’altro i videogiocatori hanno di che riflettere, in maniera anche positiva: la trasposizione di una storia pensata per un videogioco (seppur molto cinematografico), verso un medium che è poi quello a cui il gioco si ispirava, impone una serie di scelte e riflessioni che non troveranno mai il consenso di tutti, e che devono innanzitutto curarsi della propria coerenza interna.
Da questo punto di vista, immaginando quindi la visione “vergine”, credo che la puntata sia riuscitissima, e il livello di sorpresa e shock che vedo nei commenti dei soli spettatori, mi sembra certificare il successo dell’operazione.
Peraltro, io da giocatore non ho avuto il minimo problema a passare l’intera puntata col fiato sospeso: sapere cosa stava per succedere mi ha tolto la sorpresa, ma ha aumentato la pesantezza (in senso buono), ben oltre qualunque minima considerazione su questo o quel dettaglio.

Poi certo, per chiudere tornando un po’ all’inizio, resta la scelta in sé di uccidere Joel: come già accaduto con il gioco, ho letto commenti di persone che si chiedevano se andare avanti o meno. Posizione forse un po’ estrema, ma che ben riassume l’amore per un personaggio ma anche per certe dinamiche (soprattutto la relazione con Ellie), che sembrano essere state spazzate via da una morte violenza e inaspettata.
Ecco, se anche provaste questa frustrazione, il mio consiglio è di proseguire senza starci neanche a pensare: se le cose verranno fatte nel modo giusto (e non parlo solo di questa seconda stagione che ho già visto, ma anche della prossima o, come si vocifera, delle prossime due), la morte di Joel non solo non significherà la fine del racconto della sua relazione con Ellie, ma aprirà le porte a una storia ancora più articolata e interessante.
Prima The Last of Us aveva due protagonisti. Anche adesso ne ha due, con la differenza che si vogliono reciprocamente morte.
Ci sarà da divertirsi.