Overcompensating su Prime Video – Quelle comedy col messaggio bello di Diego Castelli
Benito Skinner scrive e interpreta quella che sembra la classica commedia da college americano, ma che sa andare un po’ più in profondità
Siccome signora mia non ci si inventa più niente, quando cerchiamo l’originalità nelle serie tv (ma pure nei film, a giudicare dallo stato attuale del cinema hollywoodiano, costantemente egoriferito, autoremakato) non speriamo più di trovare storie completamente nuove.
Sì ok, ogni tanto spunta fuori una Severance, ma il più delle volte il tema è trovare piccoli spunti di novità in canovacci altrimenti molto conosciuti.
E se c’è un genere codificato nell’industra audiovisiva americana è quello della comedy da college, il racconto di quel luogo mistico in cui ragazze e ragazzi ormai non più adolescenti (ma nemmeno del tutto adulti) devono costruire un certo livello di indipendenza e responsabilità, anche se per il momento rimangono ancora dei grezzoni tutto feste, alcol e situazioni imbarazzanti.
Ecco, anche Overcompensating di Prime Video è una serie sui college americani in cui un sacco di personaggi sembrano legati all’alcol, il sesso, le confraternite e la baldoria più che allo studio. Però qui c’è anche qualcosina in più, un singolo elemento concettuale che permette di vedere tutto sotto una luce diversa.

Overcompensating è creata e interpretata da Benito Skinner, diventato famoso negli anni come attore comico e imitatore con una salda base di fan sui social, a cui teoricamente potremmo imputare il fatto di interpretare un ventenne pur avendo ormai passato i trenta. Ma visto che questa china abbiamo cominciato a discenderla già a inizio anni Novanta con Beverly Hills 90210, direi che possiamo abbuonargliela, in fondo è tradizione.
In Overcompensating, Skinner interpreta Benny, un ragazzo ben piantato che al liceo era una stella del football, e che arriva l’università con tutto quello che serve per diventare una matricola di successo, un giovane in rampa di lancio pronto a farsi invidiare dai maschi e idolatrare dalle femmine, fra cui spunta subito Carmen (Wally Baram), anche lei appena arrivata e ben decisa a non rimanere una sfigatella di provincia.
Ci sarebbe però un solo inghippo: Benny è segretamente gay, un fatto che nemmeno lui ha ancora accettato pienamente, e che di sicuro non ha fatto sapere all’esterno. Un fatto però, difficilmente contestabile per noi che guardiamo la serie, e che inizia subito a creare qualche problema a uno la cui massima aspirazione è integrarsi, piacere, restare in un seminato di gloria mascolina.

E allora che fa Benny? Beh semplice, compensa. Anzi, sovracompensa.
Il significato del titolo, abbastanza esplicito, è tutto qui: nel tentativo di nascondere, perfino a sé stesso, la sua omosessualità, Benny si comporta da maschio alfa, cerca di entrare in una famosa confraternita dove i ragazzi praticamente si abbiano contro quando si salutano, cerca di fare sesso con una ragazza il prima possibile per non rimanere indietro, e quando non ci riesce non si fa problemi a lasciare che si diffondano dicerie false su quella notte.
Insomma, Benny cerca di rimanere a galla in una microsocietà, quella del college, che inizialmente sembra un luogo di grandi possibilità e libertà, ma che ben presto si rivela una gabbia piena di regole e protocolli, in cui l’immagine è tutto e la gerarchia della fama e dell’accettazione da parte degli altri studenti pone esami ben più difficili di quelli dell’università in quanto tale, di cui si parla relativamente poco (se non per il desiderio, da parte di Benny, di tentare un percorso più umanistico e precario di quello più tradizionale, sicuro e “maschio” immaginato inizialmente).

Se la prospettiva di Benny e del suo segreto consente di dare già un minimo twist al classico genere della commedia universitaria, la vera forza di Overcompensating sta altrove, in un concetto molto semplice.
Quello per cui la sovracompensazione del titolo non riguarda solo il protagonista, cosa che trasformerebbe la serie nel semplice racconto di una minoranza alla prova con i paletti e le discriminazioni della maggioranza.
No, qui il problema di compensare vistosamente le proprie fragilità per meglio reggere l’impatto con le aspettative della vita adulta riguarda praticamente tutti personaggi principali, ognuno a modo suo. Carmen (Wally Baram) non è gay, non condivide quella specifica esperienza di Benny, ma capisce cosa significa essere una ragazza da cui ci aspetta un certo tipo di comportamento (nello specifico, un vigore sessuale particolarmente accentuato) pur essendo una che non se la sente mica tanto.
Grace (Mary Beth Barone), la sorella maggiore di Benny, sarebbe molto più rigida e seria di quanto vorrebbe il college, ma sta insieme a Peter che è uno dei capoccia della confraternita più importante e ci tiene a che la loro relazione sia una delle più invidiate del campus.
Lo stesso Peter (Adam DiMarco) ha bisogno che la sua candidatura a capo della confraternita funzioni perché ad essa potrebbe essere legato un futuro lavorativo al momento molto incerto (e legato a doppio filo a un ex studente interpretato, per nostra gioia, da James Van Der Beek).

Insomma, Overcompensating parte dal racconto dell’omosessualità “in the closet”, ma rifiuta di trincersarsi dietro la prospettiva della minoranza discriminata da un mondo esterno normativo e “cattivo”.
Al contrario, la serie ci mostra le fragilità di tutti i suoi giovani, in un ambiente in cui in realtà l’orientamento sessuale non è poi così importante (gli altri gay dichiarati della serie vivono una vita serenissima), mentre decisiva è la capacità di “posizionarsi” dentro una determinata cornice che dia senso e valore alla persona, sapendo che, una volta scelta la cornice, poi sarà necessario rispettarne le regole.
Pur nel suo essere una serie divertente, sbarazzina, a volte apertamente scemotta, Overcompensating ha un’anima precisa proprio per questo spostamento di prospettiva: per gli spettatori è quasi frustrante vedere come praticamente tutti i personaggi vivrebbero meglio se potessero non pensare così tanto a ciò che gli altri vedono in loro, e concentrarsi invece su ciò che vorrebbero davvero essere.
Il messaggio, dunque, è limpido e chiarissimo, ma non per questo meno potente: al giorno d’oggi, il vero problema è sempre meno cosa si è, e sempre più come gli altri si aspettano che quell’essenza venga rappresentata. La sperimentazione di sé che dovrebbe essere propria della gioventù finisce troppo presto, quando l’ansia da prestazione e da performance ci porta a ricalcare e potenziare certi schemi che, ci sembra, porteranno ad un’accettazione sociale che vediamo come unico obiettivo possibile nell’ottica della felicità, ma che ovviamente si rivela una promessa assai zoppicante.
Nessuno è immune dal rischio di sovracompensazione, né i classici sfigati da glee-club, né i figaccioni teoricamente già instradati sulla via del successo umano e professionale.

È facile dunque partire da Overcompensating, una comedy che racconta un mondo con cui la maggior parte di noi italiani ha poco a che spartire (a parte le tonnellate di film e serie a tema che abbiamo visto nel corso degli anni), per fare un ragionamento più complessivo che invece, questo sì, ci tocca da vicino.
La foga e l’ansia con cui i protagonisti di Overcompensating cercano di fare al massimo non tanto quello che vogliono, ma quello che ci si aspetta da loro, è uno specchio crudo e cinico del modo in cui anche noi, tutti i giorni, ci affacciamo sulle finestre dei social con l’obbligo di mostrare vite, corpi e sentimenti che siano quanto più possibile perfetti e cesellati, anche quando magari abbiamo in testa e nello stomaco chissà quale garbuglio.
Di per sé, Overcompensating non ci cambierà la vita, non è una seduta di terapia collettiva. Allo stesso tempo, che una commedia divertente e piena di personaggi simpatici dia anche la sponda per fare qualche riflessione che riguarda veramente tutti, ognuno nel suo mondo, beh, non è cosa che vediamo proprio tutti-tutti i giorni.
Perché seguire Overcompensating: perché funziona in quanto comedy, ma offre anche spunti di riflessione non banali sul nostro mondo iper connesso e iper performativo.
Perché mollare Overcompensating: il cuore del suo intrattenimento resta la vita da college americano, che potrebbe esservi venuta a noia ormai da un po’.
