5 Settembre 2012 6 commenti

Major Crimes – Spin-off per davvero! di Diego Castelli

Morta una papessa se ne fa un’altra

Copertina, Pilot

Succede spesso che un telefilm venga venduto al pubblico come spin-off, pur avendo pochi agganci concreti con la serie madre: un’attenta strategia di marketing o, per dirla più semplicemente, una clamorosa presa per il culo. Tipo The Finder, che venica spacciato come spin-off di Bones quando in realtà aveva personaggi diversi, tono diverso, ambientazione diversa. I rispettivi protagonisti si erano semplicemente conosciuti in un episodio comune. Ma proprio stretta di mano e via, come se facessero una serie sulla cucina e la spacciassero come spin-off di House perché il protagonista una volta si era fatto curare il diabete da Hugh Laurie.

Il caso di Major Crimes è molto diverso, per non dire opposto. Qui avevamo uno show, The Closer, giunto alla settima stagione e terminato perché la protagonista Kyra Sedgwik si era rotta le balle e aveva fatto ciao ciao con la manina. La rete TNT, che poveraccia non voleva chiudere baracca e burattini, ha pensato allora di dar vita a uno spin-off che però, a conti fatti, è la stessa serie. Per dire: se avessero continuato a chiamarla The Closer non credo che qualcuno avrebbe avuto da ridire.

Dunque, io ho visto diversi episodi di The Closer nel corso degli anni, ma non posso dirmi un esperto, così ora cercherò qualche info aggiuntiva su wikipedia e la spaccerò come frutto della mia personale competenza, confidando nel fatto che non ve ne accorgerete.
In The Closer, il titolo faceva riferimento alla protagonista Brenda Liegh Johnson, leader della sezione più importante della polizia di Los Angeles (che dalla metà della serie in poi prende il nome, appunto, di “Major Crimes”). La Johnson era molto brava a “chiudere” i casi, sfruttando le sue abilità in fase di interrogatorio per far confessare i colpevoli. Ai suoi comandi, un’ampia e variegata squadra di poliziotti che rispecchiava la multiculturalità e multiconfessionalità della luccicante metropoli californiana.
Ebbene, al momento dell’addio di Brenda, la serie cambia nome ma rimane legata ai luoghi e alle facce del passato. I personaggi principali sono in gran parte gli stessi, la divisione è la medesima, e a sostituire la protagonista è arrivata Sharon Raydor, interpretata da Mary McDonnell e già passata diverse volte da The Closer come arcigno capitano degli Affari Interni.

Insomma, sembrerebbe proprio la stessa cosa, tanto più che la capacità di incastrare i sospettati in fase di interrogatorio è rimasta il punto centrale della serie.
Tutto uguale-preciso-identico dunque? Be’ no, soprattutto per chi conosceva bene The Closer (sempre detto da uno che non conosceva bene The Closer). Sembra esserci più ironia in Major Crimes (anzi, persino comicità), e quella specie di approfondimento cultural-sociale rimane per ora sullo sfondo. Soprattutto, a essere cambiata è la dinamica tra i protagonisti, in cui i vecchi personaggi (e in particolar modo il burbero Provenza) hanno qualche difficoltà ad accettare come nuovo capo una tizia che già prima non gli andava particolarmente a genio. Nei primissimi episodi è proprio questo rapporto di disagio e di coesistenza forzata a farla da padrone, anche se è scontato che i nostri riusciranno a convivere e finiranno addirittura col piacersi.

In più, dal punto di vista dei meccanismi di indagine, è cambiata l’attitudine verso i criminali: la Raydor, molto attenta alle esigenze di bilancio e di rapidità della macchina giudiziaria, punta sempre al “deal”, all’accordo, spinge perché il colpevole di turno confessi e accetti un patteggiamento che fa incazzare gli amanti della giustizia, ma fa cantare di gioia le tasche dei contribuenti. Una posizione complessa ma non priva di ragioni, un approccio molto contemporaneo e post-crisi economica che è uno dei motivi di scontro tra la nuova capa e i colleghi più anziani.

Sarà interessante vedere se e come i vecchi fan di The Closer accetterrano la nuova incarnazione del loro amato crime. Per ora, Major Crimes è partito forte, da record d’ascolti, perdendo parecchio col secondo episodio ma rimanendo su medie elevate per TNT.
Per quanto mi riguarda, nel mio modesto giudizio di non amante del crime, posso dire che gli episodi sono ben scritti, e scivolano via facilmente tra interrogatori serrati, piccole sorprese e momenti di comica leggerezza.
Il vero problema è proprio lei, la Raydor. So che non c’è nulla di più banale di dire “era meglio la vecchia protagonista”, ma purtroppo è così: Mary McDonnell, che pure avrà sempre il mio affetto per aver interpretato la presidente Laura Roslin in Battlestar Galactica, sembra recitare col freno a mano tirato. Per carità, è il personaggio a essere pacato, molto razionale, e quasi predisposto a fare da muro di gomma nei confronti dell’irritabile Provenza. Ma questo tipo di carattere e quella faccia perennemente monoespressiva non giovano alla protagonista di una serie che fino al giorno prima ha vissuto sul volto strano e assai carismatico di Kyra Sedgwick, una che buca lo schermo da venti metri di distanza.

Al momento abbiamo perciò una buona serie, dai meccanismi collaudati ed efficaci, in cui però si sente la mancanza di una protagonista abbastanza forte da reggere il peso dell’ingombrante passato. Ma non è detto che non si riesca a colmare il gap.

Perché seguirla: Ritenete The Closer più importante di Kyra Sedgwick.
Perché mollarla: Ritenete Kyra Sedgwick più importante di The Closer.
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