20 Gennaio 2021

The Watch – La serie tratta (male) da Terry Pratchett di Federico Guerri

The Watch dovrebbe portare sulle schermo alcune delle più grandi idee e personaggi dell’autore inglese, ma si perde in una brutta ansia da aggiornamento

Pilot

C’era una volta Sir Terry Pratchett.
Qualcuno di voi Serialminders potrebbe conoscerlo per essere, assieme a Neil Gaiman, l’autore di Good Omens, da cui è stata tratta l’omonima e assai fedele serie Amazon Prime con David Tennant e Michael Sheen.
Sir Terry, però, è ancora più conosciuto per la sua serie di romanzi ambientati nel Mondo Disco, una terra piatta high fantasy che se ne va in giro nel cosmo in equilibrio su quattro elefanti sul dorso di un enorme tartaruga volante.
Tra gli eroi della saga del Mondo Disco, partita come un’intelligente presa-in-giro di tutti gli stereotipi tolkieniani e divenuta un capolavoro di invenzioni, umanità, umorismo e fantasia, ci sono gli agenti della Guardia Cittadina (“The Watch”, appunto).

L’idea geniale dei romanzi era quella di prendere un gruppo di personaggi secondari di qualsiasi saga fantasy – le guardie senza nome che, di solito, muoiono malissimo entro il terzo capitolo – e portarlo al centro dei riflettori. Gli agenti della Night Watch sono un gruppo di reietti, ubriaconi e idealisti privi di qualsiasi appeal eroico e, per giunta, del tutto inutili, dato che Ankh-Morpork, la città in cui si muovono, ha istituzionalizzato il crimine e, come in buona parte dei fantasy classici, mostra in bella vista le sue Gilde dei Ladri e degli Assassini. Un gruppo di meravigliosi personaggi di serie B alle prese con problemi comici ed enormi come l’evocazione di un drago da parte di una Società Segreta che, se non fosse stata scritta negli anni Ottanta, sembrerebbe uno dei movimenti popolari e cospirazionisti che ben conosciamo nella modernità.

I personaggi del ciclo della “Night Watch” e i loro lettori aspettavano da anni una trasposizione in serie, un Brooklyn 99 magico pieno di idee, battute e idee fulminanti, English humor, giochi di parole. Un inno al proletariato del fantasy. Per questo, quando BBC America ha annunciato l’adattamento, tutti sono andati in brodo di giuggiole aspettando che venisse dato corpo a quell’adorabile ubriacone del capitano Vimes, all’agente Carrot (un umano adottato dai nani e dotato di una forza fuori dal comune e un codice morale indistruttibile), a quel furfante di Nobby o all’anziano e pingue Colon (Hitchcock o Scully di B99 sembrano basati di lui, per dire).
Agenti umani privi di poteri in un mondo magico, piccoli eroi schiacciati da una città in cui regna il potere assoluto del Patrizio Vetinari e dell’Università Invisibile, del tutto impreparati (e con poca voglia) ad affrontare minacce degne degli eroi protagonisti.
E poi sono arrivati le immagini dal set e il trailer. E tutti ci siamo resi conto che l’adattamento sarebbe stato quantomeno “libero”.

La prima a parlare è stata Rihanna Pratchett, sceneggiatrice e figlia del compianto Terry. Ha detto che la serie, chiaramente, non condivideva alcun pezzettino di DNA col mondo creato dal padre e che i fan dovevano farsene una ragione. Ha detto di non aver potuto far niente in merito e si è scusata coi lettori dicendo che avrebbe provveduto a progettare adattamenti più fedeli allo spirito di papà.
Poi è arrivata Aliette De Bodard, scrittrice di fantascienza pluri-premiata e appassionata di Pratchett, che, in un Tweet, ha scritto: “È come se qualcuno avesse preso la mia adolescenza e avesse cominciato a marciarci sopra dandole contemporaneamente fuoco”.

Per un lettore di Pratchett, The Watch è esattamente questo. Se state leggendo e avete passato i vostri anni migliori meravigliandovi e ridendo coi personaggi del Mondo Disco, questa recensione per voi finisce qua. The Watch non ha pressoché niente a che vedere – se non i nomi dei personaggi e qualche situazione e battuta fuor di contesto, il che probabilmente vi farebbe arrabbiare ancora di più – con le Guardie di Sir Pratchett. Siamo aldilà del tradimento dell’opera originale – che, badate, per chi scrive non è sempre un male, anzi – e ci spingiamo verso la re-invenzione di un immaginario. Purtroppo, per quanto mi riguarda, una re-invenzione effettuata da un team che si sente più intelligente e al passo coi tempi dell’opera originale – e questo è sempre un male, quando si tratta di far fare il salto di medium a un’opera amatissima – e che, per giunta, non credo abbia capito o si sia sforzato di capire, spero solo per sciattezza, quali diamanti aveva tra le mani. Simon Allen, lo showrunner, per dire, si è dimenticato persino di citare Pratchett nel comunicato di ringraziamento alla fine delle riprese…

Perciò: tutto è improvvisamente spostato “in una dimensione di seconda mano” trasformando la Ankh-Morpork gloriosamente fantasy dell’originale in una sorta di cyber-urban-scifi-punkrock-scenario che mescola suggestioni e costumi scartati da Terry Gilliam e Doctor Who e in cui magia e tecnologia si incrociano senza provare a dare coerenza alla cosa.
Richard Dormer nei panni del Capitano Vimes e il resto del cast ci provano in tutti i modi a conferire un po’ di umanità ai personaggi ma falliscono, inghiottiti da un montaggio alla Danny Boyle o Guy Ritchie che non lascia il tempo di seguire una storia o affezionarti a un personaggio per precipitarti altrove cercando di stupirti e disorientarti con un ritmo così frenetico e moderno da risultare fuori tempo massimo persino per gli anni ’90.
Dopo aver visto i primi due episodi, Neil Gaiman ha detto: “È come se qualcuno avesse preso Batman e lo avesse trasformato in un giornalista in impermeabile giallo con un pipistrello domestico”. Applaudo il coraggio di Neil Gaiman. Lui, almeno, ha avuto il coraggio di vedere entrambi gli episodi. Io mi sono fermato al primo e credo che mi rileggerò i romanzi per sciacquarmi via il saporaccio di bocca.

Se, però, non avete mai letto niente di Pratchett e siete pure un po’ stufi di questi quarantenni nerd che vi assillano con commenti tipo “hanno tradito la mia infanzia” vi lancio due consigli.
Il primo è andare a guardarvi subito Good Omens per sapere come si scrive e si gira un adattamento. Dentro c’è tutto il meraviglioso spirito e dolcezza del Sir.
Il secondo è fregarvene e guardarvi comunque The Watch. Dentro ci troverete un procedural fuori da ogni genere, pieno di idee fulminanti rubate qua e là dai libri ma che, nonostante tutto, non perdono potenza, delle interpretazioni carucce e dei personaggi che, con un po’ di sforzo, potrebbero pure starvi simpatici.
Fatelo pure. Io non ho la forza, scusate.

Perché seguire The Watch: Perché non conoscete niente di Pratchett e l’idea di una polizia del mondo fantasy vi intriga. Perché soffrite di sindrome da deficit dell’attenzione e avete bisogno di una serie in cui si cambi scena ogni 5 secondi.
Perché mollare The Watch: Per rispetto nei confronti dei defunti e della famiglia. Perché, magari, avete letto GUARDIE! GUARDIE! e, in quanto esseri blandamente narrativi, vi siete immaginati che gran serie cult avrebbe potuto essere.



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