16 Aprile 2013 11 commenti

Da Vinci’s Demons – Tutto qui? di Diego Castelli

Troppe attese ragazzi, troppe attese…

Copertina, Pilot

 

Quando si è cominciato a parlare di Da Vinci’s Demons, nuova serie di Starz, la prima cosa da fare era sgombrare il campo da Dan Brown. Già perché negli ultimi anni, volenti o nolenti, quel genio assoluto della scienza e dell’arte italiane che è Leonardo Da Vinci è stato associato soprattutto a un professore che se ne va in giro a risolvere enigmi e a conoscere i pronipoti di Gesù Cristo.

Niente snobismo da parte mia, il libro di Brown mi ha pure divertito, ma pensare a Leonardo solo in quei termini enigmistici è un tantinello riduttivo. Fatto sta che quelli di Starz, il cui Da Vinci non ha nulla a che fare con Dan Brown, hanno pensato di rinverdire e ampliare il mito, strillando ovunque il nome di David S. Goyer, produttore e sceneggiatore dello show nonché regista del pilot. Goyer è uno facilmente vendibile alla stampa: è uno stimato autore di fumetti, ha portato la saga di Blade al cinema, ha co-scritto i film di Batman di Christopher Nolan, e ha messo la firma sul copione  di Man of Steel, attesissimo ritorno cinematografico di Superman.
Ovviamente, quello che il marketing non sottolinea più di tanto è che nella carriera di Goyer ci sono anche discrete ciofeche come Flash Forward, di cui era creatore e produttore esecutivo, o comunque prodottini di scarso interesse come i film Jumper o Il Corvo 2. Questo giusto per far capire che il serialminder accorto si avvicina con cautela ai progetti troppo pompati.

Ma quindi di che stiamo parlando? Da Vinci’s Demons racconta la giovinezza di Leonardo Da Vinci (un abbastanza anonimo Tom Riley), con un approccio che sfuma dichiaratamente dallo storico al fantasy. Quindi evitiamo subito di fare le pulci alla serie dal punto di vista del rigore storiografico: con Spartacus, Starz ci ha già ampiamente abituato a racconti in costume che mescolano gioiosamente accuratezza storica e boiate colossali, quindi tanto vale non fare troppo i sofisti. Ecco dunque che Leonardo era sì un genio, ed era davvero figlio illegittimo di un notaio molto attivo a Firenze (tanto per fare un esempio), ma è probabile che non fosse così tamarro, così simpatico, così abile a recuperare figa ovunque, e così a suo agio nelle risse da bar. Soprattutto, dubito sapesse costruire uccelli metallici che spiccavano il volo, giravano in tondo sopra le piazze e poi si posavano dolcemente come un piccione qualunque.

Il pilot di Da Vinci’s Demons serve a introdurre il tema portante della serie: lo scontro tra Scienza e Fede (e, più in generale, tra Verità e Bugia, tra Futuro Luminoso e Passato Incartapecorito). E’ un tema piuttosto “facile”, se vogliamo, che Goyer incarna in una lotta molto netta tra Leonardo, l’eroe assetato di sapere e deciso a recuperare il leggendario Libro delle Foglie (che dev’essere una specie di Wikipedia dell’epoca), e l’oscuro mondo clericale che quel libro vuole nascondere a tutti i costi, perché se divenisse pubblico troppa gente lascerebbe l’ignoranza e la religione minando il potere del papato (so che l’equazione religione=ignoranza può apparire un po’ forte, ma che dire… è così…).
Ad aiutare Leonardo nella sua impresa sono i Figli di Mitra, membri di una setta molto antica (un filo paradossale, come cosa) che nella persona del Turco vanno a stuzzicare la curiosità del Da Vinci e la sua fame di conoscenza. Il tutto in un gran festival dell’oppio e del fumo, con Leonardo che alterna botte di inventiva a visioni varie, a completamento di quell’immagine di genio a tutto tondo e in tutte le sfumature (anche quelle un po’ “maledette”) che Goyer cerca di trasmettere allo spettatore fin dalla prima scena.

Il pilot, complice anche una sigla iniziale molto bella e quindi fuorviante, finisce col deludere un po’. E non perché sia una cagata senza ritegno (come era anche lecito temere parlando di un fantasy su Leonardo Da Vinci), quanto per l’incapacità di stupire davvero. Ci si abitua in fretta alla figura giovanile e spregiudicata di Leonardo, e l’occhio cade spesso su alcune pecche troppo vistose per non suonare stonate: penso a un uso un po’ eccessivo della computer grafica, utile a ricostruire i paesaggi del Rinascimento italiano ma spesso vistosamente finta; penso ai già citati risvolti cospirativi, che puzzano un po’ di già visto; e penso a una struttura valoriale e dialogica che lascia poco spazio alle sfumature e alle stratificazioni, col rischio che la serie diventi presto un thriller-action con tanti soldi e poco spessore.

Qualcuno (e con “qualcuno” intendo me) si aspettava da Goyer qualche guizzo creativo in più, sia nella messa in scena (sicuramente ricca, ma anche zoppicante in troppi frangenti) sia nello sviluppo della storia. Come dire, non basta avere una buona idea – ammesso che sia una buona idea – perché funzioni subito in tutte le sue componenti.

Dopo quasi un’ora di pilot, la sensazione è dunque quella di un po’ di stanchezza: tanti minuti passati a raccontare un polpettone solo a tratti avvincente. Rimane una speranza: questo primo episodio perde fin troppo tempo a delineare la figura di Leonardo, ma quando la cospirazione entra nel vivo sembra che possa scoppiare qualcosa di grosso (e quindi interessante) già a partire dalla prossima puntata. Speriamo, perché un’altra ora così rischia di essere mortale, soprattutto se nessuno dirà alla produzione che il cognome “De Medici” va pronunciato con l’accento sulla E, e non sulla I: sentire continuamente dire “Lorenzo de Medìci” spezza la tensione abbestia.

Perché seguirla: sembra evitato il rischio di stronzata inaccettabile, e la storia sembra avere ampi margini di miglioramento.
Perché mollarla: è un pilot assai meno folgorante del previsto, e l’impressione è che il piccolo arrosto stia facendo davvero troppo fumo. Il che è quasi peggio che se fosse stato brutto-perché-esagerato.



CORRELATI