14 Aprile 2016 6 commenti

The Girlfriend Experience: escort, classe e mistero di Diego Castelli

Il film di Steven Soderbergh diventa una serie tv

Copertina, Pilot

The Girlfriend Experience (3)

SPOILER SUI PRIMI DUE EPISODI (POCA ROBA COMUNQUE)

Nel 2009 Steven Soderbergh, regista e autore altamente poliedrico, capace in vita sua di creare tanto la trilogia di Ocean’s Eleven quanto quella gran chicca di The Knick, diresse un film dal titolo The Girlfriend Experience, in cui si raccontava la vita quotidiana di una escort (o squillo d’alto bordo, o prostituta per ricchi, le sfumature sono molteplici), impegnata a tenere insieme vita professionale, privata ecc.
Il film raggiunse gli onori della cronaca soprattutto per la scelta della protagonista, quella Sasha Grey che usciva fresca fresca (probabilmente non troppo) da una carriera piena di successi nel cinema porno.

Il film non l’ho visto, e me ne rammarico. Però è stato interessante andare a leggere le recensioni di allora, che spaziavano dalla più entusiasta alla più incazzata, passando attraverso vari gradi di analisi, prurigine e bigotteria. Per me un film che divide così tanto i critici è in automatico un film che vale la pena di guardare, però insomma, non è questo il tema di oggi.
Già perché ora parliamo di un’altra The Girlfriend Experience, ovvero la serie tv tratta da quel film. Soderbergh, che figura come produttore, ha affidato il progetto alle mani di Lodge Kerrigan e Amy Seimetz, sceneggiatori e registi di tredici episodi che Starz ha messo online tutti in una volta (in Italia li trovate in esclusiva su Infinity). La presente recensione, giusto per essere chiari, si riferisce solo ai primi due episodi: dateci un attimo di tempo, c’è anche da pulire casa e fare la spesa.

The Girlfriend Experience (1)

Partendo dallo stesso nucleo tematico del film – la vita della escort – The Girlfriend Experience si prende però il tempo di raccontare tutta la vicenda della protagonista Christine, descrivendo anche gli eventi immediatamente precedenti al lavoro di escort, a cui la protagonista viene introdotta da un’amica già inserita nel giro.

Christine è una ragazza enigmatica, solitaria, molto intelligente e un po’ annoiata, che entra in una grande compagnia dove lavora come stagista/segretaria, mettendo in mostra grandi doti ma anche troppo spirito d’iniziativa. Parallelamente, la sua migliore amica Avery le fa conoscere il mondo delle escort di lusso, quelle appunto che non fanno solo sesso a pagamento ma offrono al cliente un’esperienza più completa, che comprende anche le uscite a cena, la conversazione, la seduzione: insomma, per l’appunto, “l’esperienza fidanzata” che dà titolo alla serie.

The Girlfriend Experience (2)

I due episodi che ho visto mi hanno fatto una buona impressione. A dispetto del formato corto da neanche mezz’ora solitamente tipico delle comedy (“più adatto al binge watching“, dice Soderbergh), The Girlfriend Experience è un drama vero e si distacca molto da un prodotto in qualche modo cugino come era l’inglese Secret Diary of a Call Girl, basato su un tono più leggero e scanzonato.
Per la parte di Christine è stata scelta Riley Keough, nipote di Elvis Presley (fun fact!), che per stessa ammissione di Soderbergh è stata ingaggiata con l’intento di trovare un volto capace di veicolare il mistero, l’ambiguità, la presenza di qualcosa sotto la superficie.

Ebbene, questa missione è perfettamente raggiunta: se l’aspetto più pruriginoso e sessuale della faccenda può essere lo specchietto per le allodole con cui attirare un po’ di pubblico iniziale (specie su una rete come Starz), ci si rende ben presto conto che l’elemento migliore di questi primi episodi è proprio la capacità della Keough di “intrigare”, nel senso più ampio del termine.
È una bella ragazza, certo, e vederla rotolarsi sotto le coperte è abbastanza gradevole, nessuno dice di no. Ma quello che conta è nello sguardo, nella capacità di suggerire sempre e costantemente, senza dire una parola, la possibilità che da qualche parte ci sia un segreto, qualcosa di non detto, una profondità psicologica che Christine nasconde gelosamente.

The Girlfriend Experience (5)

Soderbergh ha riconosciuto che, per certi suoi atteggiamenti, Christine potrebbe passare per sociopatica: poco incline alle emozioni esplicite, la ragazza conduce una vita apparentemente grigia, perfino noiosa, e anche l’inserimento del lavoro di escort sembra colpirla e coinvolgerla fino a un certo punto. Poi però si ha anche l’impressione netta che ci sia qualcosa in più da raccontare, uno o più dettagli che la storia non ha ancora svelato, e che non la limiteranno a una serie di incontri con i clienti di turno.

Se guardiamo agli eventi nudi e crudi, in questi primi due episodi succede relativamente poco. L’ingresso di Christine nei due nuovi mondi con cui avrà a che fare (la grande e intricata azienda e l’ambiente delle escort) è l’unica cosa davvero rilevante.
Lo stile di messa in scena riesce però a sollevare domande e dubbi, e anche a suggerire interpretazioni contrastanti.
Da un certo punto di vista, The Girlfriend Experience è una serie femminile e perfino femminista. Del tutto padrona del suo corpo e del suo futuro, Christine è dipinta come una donna forte, volitiva, capace di prendere da sola le proprie decisioni senza dover rendere conto a nessuno. L’ingresso nel mondo della prostituzione non viene mai messo in discussione come qualcosa di “amorale”, è invece un lavoro che Christine si sceglie, e di cui man mano conosciamo i dettagli, senza che lo sguardo della telecamera cerchi mai di giudicare le azioni della protagonista.
Di più: i maschi vengono inquadrati pochissimo. Tutto il punto di vista è concentrato su Christine, che diventa dunque l’unico ago della bilancia non solo per giudicare ciò che accade, ma anche per decidere quali solo i parametri di quel giudizio.
The Girlfriend Experience (4) cover

Dalla parte opposta, invece, questo inizio volutamente sospeso potrebbe anche suggerire qualche problema. Abituati come siamo a personaggi iper-motivati e spesso iper-caratterizzati, certe ambiguità di Christine ci spiazzano, ci fanno pensare che qualcosa in lei non vada come dovrebbe. Il che è esattamente l’opposto di dire che è una serie femminista su una ragazza che sa ciò che vuole.
Il bello però sta proprio qui: nella costruzione di un racconto in cui non tutto è già dato e già compreso, ma in cui si richiede allo spettatore di abbracciare l’ambiguità, il dubbio e il sospetto, accettando la possibilità che Christine sia un personaggio che ha bisogno di più di due mezz’ore per essere compreso appieno.

Inutile dire che questa è anche un scommessa: se guardate il trailer della serie vi accorgerete che spinge molto su un tono thriller e concitato che nei primi due episodi ancora non si vede. Di nuovo, l’intento degli autori è evidentemente quello di prendersi tutto il tempo necessario per creare la giusta atmosfera in cui inserire un personaggio fascinoso e pieno di mistero.
Può essere un rischio, soprattutto con quegli spettatori che (anche legittimamente) non ci stanno ad aspettare più di un episodio per capire qual è la direzione principale presa da una serie tv.
Per quanto mi riguarda, però, sono bastati due-tre sguardi di Riley Keough per farmi dire “no no, io sto qui a vedere che succede”. Come si diceva, l’intera stagione di The Girlfriend Experience consta di 13 episodi, magari ci risentiamo alla fine per fare un bilancio.

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Perché seguire The Girlfriend Experience: per il tono sospeso e ambiguo della messa in scena e per una protagonista che ha fascino da vendere, a tutti i livelli.
Perché mollare The Girlfriend Experience: i primi due episodi sono riflessivi ed enigmatici, e se ne fregano (vedremo se con successo o meno) di un intrattenimento facile e immediato.



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