22 Gennaio 2019 9 commenti

Roswell New Mexico: niente di nuovo dallo spazio! di Roberta Jerace

Un altro remake di cui forse potevamo fare a meno, trascurabile ma non catastrofico

Copertina, Pilot

Roswell, New Mexico -- "Pilot" -- Image Number: ROS101b_0272ra.jpg -- Pictured (L-R): Jeanine Mason as Liz Ortecho and Nathan Parsons as Max Evans -- Photo: Ursula Coyote/The CW -- © 2018 The CW Network, LLC. All rights reserved

Prima di parlare di Roswell New Mexico facciamo un passo indietro e cerchiamo di contestualizzare Roswell prima versione per coloro a cui era sfuggita a suo tempo o è troppo giovane per esservisi imbattuto.

La serie si inseriva nello stesso contesto generazionale e nello stesso tipo di linguaggio televisivo di Buffy e Dawson’s Creek. Se avevi la fortuna di essere adolescente in quegli anni, potevi assistere al fiorire di show che aprivano le porte a un nuovo genere di storie: dove i ragazzi parlavano come te e identificarti con loro era spontaneo e naturale anche se ammazzavano vampiri o erano usciti fuori da uova aliene come nel caso di Roswell. Se poi quello che avevi visto fino a quel momento era del calibro di Beverly Hills 90210 (nonostante l’affetto con cui la ricordiamo), la sensazione era quella di essere stato cieco fino a quel momento e di aver finalmente visto la cappella sistina in Technicolor o 4k!

Roswell parlava di adolescenti provenienti da “mondi” diversi, letteralmente e/o metaforicamente, che affrontavano questioni più grandi di loro (come cercare di non farsi vivisezionare dal governo) e ci riuscivano perché lo facevano insieme, trovando la forza nei loro legami di amore e amicizia. La qualità non poteva rivaleggiare con le due serie cult sopracitate e metà della bellezza della serie era dovuta all’aura mitica creata dalla straordinaria sigla cantata da Dido (Here with me), ma rimaneva tutto sommato un prodotto godibile e ben confezionato.

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Prodotta da The CW e ideata da Carina Adly Mackenzie (The Originals), la storia base di Roswell New Mexico è la stessa di 20 anni fa: Max è un alieno che salva la vita all’umana Liz con i suoi poteri extraterrestri e questo mette in moto una serie di eventi che porteranno alla nascita di relazioni amorose e al rischio, per gli alieni nascosti sotto mentite spoglie umane, di essere scoperti e identificati come una minaccia.
Ora, si sa, i reboot sono una cosa assai complicata! Le potenziali direzioni da prendere sono diverse, come riproporre quasi pedissequamente un progetto di successo e cercare di ricrearne la magia con un upgrade estetico, linguistico e tecnologico, oppure smarcarsi abilmente dal passato, cogliendo solo uno spunto e dando vita a qualcosa di nuovo.

Poi c’è il tipo di scelta (sbagliata!) di Roswell New Mexico che si colloca tra questi due estremi, poiché il concept si rifà ai romanzi originali di Melinda Metz, ma ad essi apporta una serie di modifiche nel tentativo di renderla appetibile a un pubblico più adulto e moderno.
Uno dei problemi della serie sembra essere proprio l’incapacità di sciogliere del tutto i vincoli con quelle che erano le atmosfere dell’originale.
Non basta, infatti, proporre personaggi più adulti anagraficamente per non ripetere il tipico dramma giovanile; specialmente se si ricorre a flashback continui sull’adolescenza a indicarci quanto questa sia stata piena di bivi essenziali dei protagonisti. E sicuramente non basta introdurre la relazione gay, la tipa messicana e le battute apertamente polemiche contro Trump, per farne un prodotto moderno.

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Ma proviamo ad analizzare con più attenzione.
I personaggi secondari, appena accennati nel pilot, rimangono anonimi, e gli elementi che cogliamo su di loro sono presentati come una lista, spiattellati sullo schermo come informazioni che lo spettatore deve necessariamente processare, piuttosto che elementi sui quali sviluppare l’interesse o l’immedesimazione. Gli unici dei quali si approfondiscono le dinamiche personali sono i due principali: Max, personaggio volutamente schivo e senza nessuna verve, recitato noiosamente da Nathan Parsons (The Originals; Once upon a time) e Liz, interpretata da Jeanine Mason (Grey’s Anatomy) che fa il suo compitino senza infamia e senza lode, ma che tuttavia dà spazio all’unica sorpresa positiva della serie, cioè la rivisitazione in chiave dinamica di un personaggio che in origine era un po’ troppo damigella in pericolo.
Un elemento caratterizzante della prima serie era l’alchimia tra i due, ma di quella tensione sessuale percepibile anche dall’altra parte dello schermo, non rimangono che poche vestigia e una battuta azzeccata (Spoiler: Fine. I’ll kiss you then).
I nostalgici troveranno molto del vecchio programma tv: c’è la divisa da cameriera con le antenne e l’impronta della mano magica, la caverna con i bozzoli e la rivelazione delle origini aliene, coppie e triangoli amorosi, la piccola cittadina, la voce narrante e il governo prontamente sulle tracce degli extraterrestri, insomma c’è tutto o meglio c’è troppo!  A mancare è proprio il mistero, l’attesa della rivelazione, il lento avanzare del pericolo, la riluttanza a innamorarsi e quel crescendo che porta all’apice del racconto.

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Vorremmo chiederci come si svilupperà la narrazione, ma le pedine sono già tutte piazzate, le carte svelate e la trama, per restare nella metafora, è piatta come il tabellone del Monopoli. Potremmo forse tribolare per qualche cattivo del governo che minaccia la tranquillità degli alieni “buoni” perseguitati ingiustamente o (spoiler) attendere che l’arcano dietro la morte di Rose, la sorella di Liz, venga svelato.
Tutto questo non riesce a convincerci a proseguire la visione, così come non vi riesce neppure l’approvazione del cast originale, sancita dalla regia di uno degli episodi da parte di Shiri Appleby (la prima Liz televisiva), né lo straordinario paesaggio lunare del New Mexico che se valorizzato può davvero trasportare su un altro pianeta.

Ricapitolando gli ingredienti, c’è una storia carina manipolata quanto basta a renderla trita e ritrita, attori senza slancio che interpretano personaggi privi di spessore e un pessimo calcolo delle tempistiche del racconto televisivo.
Attenzione, Roswell New Mexico non ha nulla di particolarmente sbagliato, semplicemente seguendo una ricetta che ha funzionato in altri casi qui si raggiunge solo un risultato mediocre.
Di buono rimane la metafora di fondo poiché tutti prima o poi ci siamo sentiti alieni in mezzo agli altri e siamo tutti costantemente alla ricerca del nostro posto nel mondo.

Perché seguire Roswell New Mexico: Se cercate a tutti i costi l’effetto nostalgia e prendete quello che vi capita sotto tiro senza essere troppo schizzinosi.
Perché non seguire Roswell New Mexico: Perché i reboot se si fanno devono spaccare, se non è così meglio aspettare il prossimo.

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