Veronica Mars 4 – Più no che sì di Diego Castelli
Il ritorno dell’investigatrice di Neptune scalda il cuore nostalgico dei fan, ma compie un paio di passi falsi importanti
SPOILER SU TUTTA LA STAGIONE
A conti fatti, andando proprio al nocciolo della questione, il vero problema della quarta stagione di Veronica Mars, arrivata dodici anni dopo la fine della terza (più il film in mezzo) è uno solo: quella che era una serie su una detective adolescente, è diventata una serie su una detective adulta, e di quelle probabilmente ce ne sono già abbastanza.
Si può partire da qui per descrivere il retrogusto malinconico e non sempre piacevole che percorre gli otto episodi (probabilmente finali) di una serie che proprio non ce la fa ad andare in pensione. E intendiamoci, di questo noi fan siamo pure contenti, perché l’ostinazione di Rob Thomas e Kristen Bell nel tenere viva la loro creatura in tutti questi anni ha un che di commovente, ma soprattutto perché viviamo in tempi di nostalgia imperante, e gli eterni ritorni ci scaldano il cuore anche quando corrono il rischio di diventare un po’ patetici (vedremo come va con Beverly Hills…).
Però ecco, la quarta stagione di Veronica Mars è un prodotto da cui non si può “partire”, è invece un regalo pensato solo ed esclusivamente per i fan di vecchia data. Perché diciamoci la verità, la trama gialla funziona abbastanza, ha tutte le sue cosine a posto, ma onestamente del bombarolo di Neptune ci interessa il giusto e niente più. A importarci sono i rapporti fra i personaggi, vedere cosa hanno fatto in questi anni, capire come Rob Thomas è riuscito a reinserirli nella trama in modo più o meno fluido. Così, per esempio, proviamo un brividino di piacere nel vedere Veronica e Logan ancora insieme a trollare le ochette sulla spiaggia. Ci dà grande gusto scoprire Wallace sposato e coach. Applaudiamo volentieri a quel paio di volte in cui il rozzo Weevill torna a salvare Veronica in una specie di versione post-teen dei Sons of Anarchy. Per non parlare della gioia nel vedere Dick ormai diventato famoso senza dimenticare di essere pirla.
L’operazione, insomma, funziona nelle sue dinamiche più basilari, è una rimpatriata e ci divertiamo ogni volta che sentiamo il sapore del ritorno al passato, anche se c’è la nota stonata dell’assenza di Mac (Tina Majorino, una volta saputo che la sua parte non sarebbe stata particolarmente rilevante o approfondita, ha preferito declinare l’invito).
Allo stesso tempo, però, non abbiamo messo quel titolo a caso, perché in questo quarto ciclo di Veronica Mars qualcosa non torna (sì sì, ci arrivo al finale, un attimo). In parte è quello che ci siamo detti prima, la trasformazione della serie in qualcosa che già esiste, cioè il racconto di una detection. Con tutte le sfumature del caso, naturalmente, prima delle quali il rapporto sempre divertente fra Veronica e suo padre. Ma se all’epoca il piacere di guardare Veronica Mars stava anche nel seguire un giallo pure tosto, ma a misura di adolescenti o poco più, ora invece il plus di emozione ce lo devono mettere gli spettatori, perché altrimenti la storia in sé e per sé non è poi così diversa rispetto ad altri show dello stesso genere.
In più, l’operazione nostalgia funzionava molto bene con il film, che in una novantina di minuti buttava dentro tutti i nostri ricordi di gioventù in un carosello rapido ma intenso. Otto episodi invece richiedono la costruzione di una trama vera, e si torna al punto sopra: in sé e per sé la storia di Veronica Mars 4 interessa fino a un certo punto, e il risultato sono episodi in cui si “accettano” gli sviluppi gialli pur di arrivare al prossimo momento-nostalgia.
E poi c’è il finale. Quel finale. Inutile dire che la morte di Logan, largamente inattesa, ha smosso i fan nel profondo, e le risposte non sono state tanto buone: a guardare in giro sul web si trovano soprattutto insulti e vesti stracciate.
L’interpretazione “razionale” di quella scelta può già di per sé creare dibattito: da una parte sembra un twist un po’ gratuito, una sorpresa costruita giusto per avere un finale forte. D’altra parte, però, non è nemmeno così assurda per una serie come Veronica Mars, che nasceva con una tragedia (la morte di Lily) e finisce con una tragedia. Nella visione di Rob Thomas il personaggio di Veronica è interessante non tanto perché è intelligente, arguta e pungente, ma soprattutto perché è tutte quelle cose nonostante le sfighe che le succedono. Veronica è una sopravvissuta (agli omicidi, agli stupri, all’adolescenza) e la sua forza sta nella sua resilienza, nella sua capacità di far fronte a tutto con la sua indipendenza e il suo cervello (che poi è il complimento postumo di Logan).
Per questo dunque si decide per la morte del fidanzato (ma almeno il padre è salvo, sennò era troppo), e per un un’ultima scena in cui Veronica, condannata a una via di mezzo fra il potersi allontanare da Neptune e il non riuscire a tagliare davvero il cordone ombelicale, se ne va nel tramonto con quel sorriso furbo da donna tosta che, per quanto tu la possa colpire, cade sempre in piedi.
Queste però sono interpretazioni razionali. E la ragione, si sa, funziona solo fino a un certo punto quando si tratta di narrazioni seriali. In passato ne abbiamo già parlato più volte, ma vale la pena ribadirlo: non importa quale sia il tono di una serie o i suoi valori di fondo, perché quando in ballo ci sono tante stagioni, o comunque tanti anni, gli spettatori vogliono il lieto fine. È un istinto ineliminabile e incontrollabile, che ci porta a volere il bene dei personaggi che abbiamo amato per anni, come se un destino nefasto fosse in qualche modo una tradimento della fiducia e del tempo che abbiamo speso per la serie. Tanto più che Veronica Mars, al netto di tutto, non è Game of Thrones, e quindi non ci aveva abituato a decessi continui. In questo senso, la scelta di Rob Thomas è difficilmente comprensibile. Non poteva non sapere che spezzare il sogno romantico di Logan e Veronica, peraltro così contrastato e così a lungo coltivato, avrebbe generato reazioni così negative, e ha deciso di farlo lo stesso. Per coerenza? Oppure per la voglia un po’ narcisista di non essere banali?
Quale che sia la motivazione, il risultato è stato l’amaro in bocca per molti spettatori e spettatrici, e per una stagione che aveva il senso di un ritorno nostalgico e commemorativo, forse è stata una mossa troppo azzardata.
(Cioè, per capirci: c’è caso che non si parli mai più di Veronica Mars su questo sito. E l’ultimo articolo ha il fondo amaro? Dai, non va mica bene…)