12 Ottobre 2022

Alaska Daily è una serie sospesa tra passato e presente di Marco Villa

In Alaska Daily, Hillary Swank è una giornalista in rovina spedita in mezzo al nulla a indagare su una serie di donne rapite e uccise

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Quando ne abbiamo parlato nel nostro podcast SALTA INTRO (ogni venerdì su tutte le piattaforme, ma già lo sapete), ci siamo detti che il grande punto di domanda che riguardava Alaska Daily era soprattutto tecnico, visto che avrebbe avuto una distribuzione televisiva su ABC e digitale su Hulu. E quindi: sarebbe stata una serie di ABC che va anche su Hulu o una serie di Hulu che va anche su ABC? Non è un discorso fine a se stesso, perché nel corso degli anni le serie da rete generalista e quelle cable/da piattaforma sono diventate due tipologie di prodotti ben distinte, con percorsi sempre più lontani tra loro, al punto che oggi è raro trovare su questo sito recensioni di serie che vanno su network tradizionali. Tutto questo è avvenuto in fretta, perché, nei primi anni di vita di Serial Minds, le serie generaliste erano il grosso di ciò che guardavamo e analizzavamo.

Quindi, tornando a noi: Alaska Daily è una generalista o no? La risposta è che è la più generalista delle serie viste su Hulu oppure la più on demand tra le serie classiche. Creata da Tom McCarthy (regista e sceneggiatore di Spotlight), Alaska Daily racconta la storia di Eileen Fitzgerald (Hillary Swank, mica poco), giornalista investigativa di grande talento, che lavora per un importante magazine di New York. L’inizio della serie la vede all’apice della propria carriera, che però è destinata a precipitare: prima si scopre che un suo scoop è basato su una bufala che le ha rifilato una sua fonte, poi il suo atteggiamento scostante le provoca reazioni a catena su Twitter e un abbozzo di cancellazione (nel senso di cancel culture). 

Risultato: si ritrova senza lavoro, né prospettive. E qui arriva la svolta, che ha le fattezze di Jeff Perry (il papà di Meredith in Grey’s Anatomy, ma anche Cyrus in Scandal), suo vecchio mentore che è finito a lavorare per un giornale locale dell’Alaska e che le offre un posto da reporter per indagare su una serie di sparizioni e omicidi ai donne di donne della comunità nativa della zona. Da New York all’Alaska, la scelta non è semplice, ma ovviamente Eileen finisce per accettare e lì inizia la sua rinascita, lontana dalla ribalta, ma anche dallo stress.

Guardando il primo episodio di Alaska Daily, viene spontaneo pensare a come sarebbe stata questa serie, se fosse andata su HBO o se fosse stata una produzione 100% Hulu. Perché Eileen è un personaggio che parte come la classica anti-eroina che prende tutto e tutti di petto, ma già a metà puntata si è ammorbidita ed è accomodante con i nuovi colleghi. Addirittura, nel finale di episodio è già mentore per una giornalista più giovane. Allo stesso tempo, la realtà dell’Alaska viene presentata come sperduta e senza stimoli, ma Eileen impara presto a far pace con la situazione, grazie anche ai paesaggi che la rimettono al mondo.

Insomma: il livello di drama è molto meno accentuato di quanto ci si aspetterebbe, almeno per quanto riguarda il personaggio principale, che riesce molto presto a venire a patti con se stessa e con la nuova situazione, mitigando la potenziale asprezza dei conflitti. In questo fa un ottimo lavoro Swank, ma la sensazione è che la scrittura sia un po’ troppo semplificata.

La parte più interessante di Alaska Daily, però, è forse quella che ancora non abbiamo visto, ovvero l’indagine che Eileen porterà avanti sul territorio: la serie è ispirata a una vera inchiesta giornalistica, che ha mostrato come politica e forze dell’ordine ignorassero sistematicamente le violenze su donne della comunità nativa. C’è insomma un’inchiesta che mostrerà la ricerca di possibili colpevoli e in generale lo smascheramento di un sistema di coperture e disinteresse e questo lato è molto interessante, anche perché inserisce una dinamica prettamente orizzontale che è sempre da sottolineare per una serie generalista.

Può sembrare che mi sia fissato troppo su questa dicotomia, che è pure piuttosto tecnica, ma a suo modo Alaska Daily è davvero il perfetto esempio di come una serie sia legata alla propria distribuzione. Nel bene e nel male, perché finora abbiamo sottolineato i tratti più agée della serie, ma è evidente che Alaska Daily ci risparmi tanti possibili cliché sull’eroina in crisi che deve ritrovare se stessa e questa mancanza è tutt’altro che negativa. 

Certo, come dice il saggio Castelli: “Se l’avesse scritta Sorkin…”

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