16 Marzo 2012 44 commenti

Il caso Fisica o Chimica e la censura su Rai 4 di Andrea Palla

I cattolici la detestano, Libero la critica, e Freccero si arrabbia: ecco come una serie teen spagnola sta facendo discutere.

Copertina, I perché del mondo, On Air

Su Serial Minds non abbiamo mai parlato di Fisica o chimica, serie spagnola andata in onda per sette stagioni in patria, e importata recentemente in Italia da Rai 4. Non l’abbiamo mai fatto perché sostanzialmente da queste parti scriviamo perlopiù di serie americane, girate e recitate coi controcazzi, e tralasciamo la maggior parte delle serie europee, tranne quelle che si basano su un modello vicino a quello d’oltreoceano.

Ebbene, Fisica o chimica non fa parte di quest’ultima categoria, tutt’altro: è una fiction europea fino al midollo, dove con “europea” intendo una cosa tipo quelle che passano quotidianamente sulla nostra tv generalista; e infatti, manco a farlo apposta, serie come I cesaroni e simili discendono da format spagnoli. Eppure, a dispetto dei limiti tecnici di questo prodotto, di Fisica o chimica si possono evidenziare diversi pregi.

Il primo è quello di raccontare le vicende di un gruppo di liceali e dei loro professori senza alcuna remora, affrontando tematiche spinose e scabrose con un punto di vista mai giudicante, ma piuttosto congruente alle storie raccontate; come se un adolescente raccontasse di un adolescente ai propri amici adolescenti. Nulla di nuovo sotto il sole, sia chiaro, e una cattiveria forse lontana dal capolavoro delle prime stagioni di Skins. Ma, a differenza della serie inglese, Fisica o chimica si propone di mantenere un tono più confidenziale con lo spettatore, intrattenendolo con gli espedienti classici della commedia, ma senza per questo ricadere nel comico più becero e banale. Prendete la nostra I liceali,  e immaginate di inasprire senza censure le situazioni lì rappresentate: avrete una buona idea di cosa sia Fisica o chimica.

Il secondo pregio è quello di riuscire a coinvolgere un vasto pubblico giovane, da quello che che si ritrova nelle (dis)avventure dei protagonisti a quello che si situa in una posizione diametralmente opposta, ma non per questo distante. Riprova ne è il fatto che la serie non solo ha avuto un grande successo in patria, ma è risultata poi un prodotto perfettamente esportabile e universale, anche qui in Italia.

E arriviamo proprio alla situazione italiana, simbolo di una realtà televisiva ancora frenata da un’ideologia cattolica chiusa e pregiudiziovole. I fatti ci dicono che la messa in onda di Fisica o chimica su Rai 4 è giunta, in maniera altalenante e con continui spostamenti, alla quinta stagione. Fortemente voluta dal direttore di rete Carlo Freccero (uno che ai tempi seppe far crescere il successo di Italia 1, facendola diventare la rete giovanile del gruppo Mediaset), la fiction è stata costantemente bersagliata da continue critiche da parte delle associazioni cattoliche di destra, oltre che dal solito MOIGE, che a gran voce ne chiedevano la cancellazione. Voce contrastata sia da Carlo Freccero stesso, strenuo difensore dei buoni valori mutuati dalla serie, sia da quei gruppi di giovani fan che attraverso Facebook e vari blog sono riusciti a diffondere il proprio amore per questo prodotto, e ad ampliare il bacino di spettatori attraverso il passaparola della rete.

Succede che Lunedì il giornalista di Libero Francesco Borgonovo scriva un pezzo denigratorio nei confronti di Fisica o chimica, evidenzionandone gli aspetti negativi che poi sono essenzialmente l’emblema non solo della serie stessa, ma della realtà che essa va a raccontare. Borgonovo si scandalizza della presenza di sesso nella serie, del fatto che vi siano studenti che si accoppiano con professori, o che spesso vengano mostrate le natiche dei protagonisti senza particolare nonchalance. Non solo: due dei protagonisti principali (e vi diremo di più: i più amati in assoluto) sono omosessuali e hanno una relazione, che peraltro non è affatto trattata in quei termini squisitamente copulativi che spesso ci vengono propinati quando una serie televisiva ci parla di gay, ma è invece poeticamente descritta come un lungo percorso di crescita e accettazione da parte di entrambi, che culmina spesso in affettuosi scambi d’amore che hanno contribuito a rendere questi due ragazzi un simbolo della serie. E vi basterebbe cercare “Fer y David” su youtube per ritrovare decine e decine di video che si concentrano proprio su questo aspetto: cosa che peraltro produce ulteriore sdegno in Borgonovo, che parla di «diktat del politicamente corretto gay» e si dimostra  incapace di comprendere come l’omosessuale Fer possa essere «il personaggio migliore, quello più onesto, buono e sensibile».

Al di là del proprio gusto personale, quello che è necessario mettere in chiaro è che criticare singoli episodi descritti in una serie televisiva, dimenticando il contesto e il target a cui questa si rivolge, è un esercizio di stile totalmente privo di fondamento. Sarebbe come prendere i già citati Cesaroni e definirli un prodotto diabolico perché in essi è raccontato l’amore tra due fratellastri: capite bene che tale critica contrasta con la realtà. Non solo: biasimare il servizio pubblico per la sua messa in onda, dimostra la dimenticanza del fatto che il digitale terrestre non dovrebbe essere quello stesso servizio pubblico su cui la politica (o la Chiesa) vuole esercitare il proprio continuo controllo. Esso dovrebbe piuttosto far parte di una scelta televisiva ragionata sia da parte degli spettatori, sia da parte del direttore di rete che ne decide programmi e stile.

L’articolo di Borgonovo ha però portato ad alcune pressioni dai vertici Rai a Freccero, affinché la serie venisse tolta dall’attuale fascia del mattino e spostata in seconda serata. E da qui prende spunto la telefonata, pubblicata un po’ vigliaccamente da Libero, in cui uno scatenato Freccero le canta di santa ragione e senza mezzi termini al giornalista, reo di aver indotto a questo spostamento di palinsesto. Ascoltate, perchè se da un lato c’è da sorridere per i toni un po’ sopra le righe utilizzati da Freccero, dall’altro c’è anche da riflettere sul contenuto più profondo delle sue parole (‎«Imparate dalla tv americana, questa qua è tv educativa, imparate, impari qualcosa, a non fare il moralista»).

Al di là del linguaggio da caserma, è interessante notare come dalla telefonata traspaia il fatto che in Italia il digitale terrestre non è affatto la piattaforma libera e moderna che ottimisticamente ci volevano far credere. Certo, non pretendiamo che diventi come molte tv via cavo americane, così disinibite da fare del sesso la propria bandiera. Ma purtroppo qui siamo ben lontani persino dalla tv privata di molti paesi europei, Spagna in primis. E dunque, se basta un articolo su un quotidiano di destra e qualche protesta cattolica per far spostare un programma televisivo per nulla scandaloso su una rete non generalista, qual è il futuro della nostra televisione quando si parla di serie tv? Saremo per sempre costretti a privarci di alcuni prodotti o a vederli perenemmente tagliuzzati e senza i contenuti più audaci?

Il dibattito è affascinante, e non banale, e prende spunto da una serie qualitativamente non eccelsa, ma forse un po’ scomoda per la sua genuinità. A Freccero va il merito di aver contrastato il moralismo e di aver difeso i principi di coloro i quali della televisione fruiscono.

E ora vorremmo sentire la vostra, anche se non avete mai visto la serie in questione. Voi che ne pensate?



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