5 Febbraio 2013 9 commenti

Do No Harm – Due personalità, un unico flop di Diego Castelli

Il dottor Jekyll non tira proprio

Copertina, Pilot

Poi ci son delle volte che dici: “Ma che lo scrivo a fare questo post?”

Sì perché Do No Harm, la nuova serie di NBC debuttata lo scorso giovedì 31 gennaio, è partita talmente male – oh, ma male – che ho il serio timore che verrà cancellata prima ancora che leggiate queste righe. Col suo 3% di share, Do No Harm si è distinta come uno dei peggiori debutti della storia dei quattro network principali.
So’ soddisfazioni.

Comunque noi siamo professionisti, e una recensione non si nega a nessuno.
Tanto più che la povera Do No Harm non è stata nemmeno così vomitevole, o almeno non abbastanza da giustificare un tale tracollo. Il problema, a guardare un po’ della recente storia seriale americana, sembra stare proprio nel concept.
Do No Harm racconta le vicende del dottor Jason Cole (Steven Pasquale), un brillante neurochirurgo con un piccolo problemino: soffre di personalità multipla, e per dodici ore al giorno, dalle 8:25 di sera alle 8:25 del mattino, si trasforma in un donnaiolo violento e senza morale, un pazzo furioso che può distruggergli la carriera e la vita. L’alter ego cattivo è stato tenuto a bada per anni con un potente farmaco sperimentale, a cui però è diventato immune, con tutti i futuri casini del caso.

Il problema sta nel concept, dicevamo: non perché sia debole di per sé , visto che il mito del dottor Jekyll è ben conosciuto e amato a distanza di più di un secolo dalla sua ideazione (il romanzo di Stevenson è datato 1886). Il fatto è che, almeno nel recente passato, l’idea sembra funzionare davvero poco in campo telefilmico. Penso soprattutto a My Own Worst Enemy, la serie con Christian Slater chiusa nel 2008 dopo nemmeno una stagione. Ma penso anche a United States of Tara, show di ben altra caratura intellettuale e interpretato da una Toni Collette a dir poco straordinaria, ma che è durato solo tre stagioni senza lasciare nell’immaginario collettivo quel segno indelebile che molti si aspettavano.

La maledizione del dottor Jekyll sembra aver colpito anche Do No Harm, rifiutato quasi a priori da un pubblico a cui evidentemente non fregava niente di una storia così. Punto e basta.
Il pilot, va detto, ci mette del suo soprattutto all’inizio, dove la quantità di spiegoni è elevatissima, roba che se il Villa l’avesse visto avrebbe già spedito lettere minatorie a tutti i dipendenti della Universal. Un bel quarto d’ora di racconto pedissequo e banalissimo sui perché e per come della condizione di Cole. E uno cambia canale.
Poi l’episodio si rialza almeno in parte, riuscendo a creare una tensione discreta, e mettendo in gioco dinamiche abbastanza interessanti tra le due personalità (per esempio, il titolo della serie è una preghiera, “non fare del male”, scritta dal povero Jason sullo specchio appannato del bagno, un attimo prima di trasformarsi). Non mancano nemmeno alcune soluzioni visive carine, o almeno sopra la media di altri drama.

La questione vera, tralasciando il rifiuto aprioristico che pare la vera ragione del flop, riguarda dunque l’incapacità della sceneggiatura di “obbligare” lo spettatore alla visione. Da una parte, un concept così particolare allontana quel pubblico che normalmente segue racconti molto verticali tipo i polizieschi alla Criminal Minds, o semplicemente più ruffiani, alla Grey’s Anatomy. Dall’altra, non riesce a essere abbastanza efficace verso lo spettatore che vuole storie più sofisticate e complesse. Alla fine del pilot, anche se razionalmente possiamo trovare qualche pregio, ci si accorge che c’è ben poca voglia di vedere cosa succederà al dottor Cole. E’ come se gli mancasse uno scopo, un traguardo, che non sia il semplice sopravvivere a se stesso (e via di puntate tutte uguali). Ma manca anche una reale motivazione che spinga Cole a nascondere un problema così enorme: non ha moglie, non ha figli, ok ha una carriera ma, visti i rischi che si prende per tenere tutto nascosto, in vari momenti dell’episodio viene spontaneo dirgli “ma perché non smetti di rompere i coglioni e non vai a farti curare, che magari scrivono anche un bel libro su di te e vai ospite da Oprah?”

Se a questo aggiungete dei personaggi di contorno di cui, al momento, ci interessa anche meno, capite bene che forse sti quaranta minuti si possono spendere meglio, tipo bestemmiando con Ruzzle, cancellando i messaggi della tim dal cellulare, spiando gli amici su Facebook, cose così.

Perché seguirla
: perché siete patiti del dottor Jekyll e vi sparate anche le versioni fatte per l’Albero Azzurro, dove Dodò si trasforma in uno pterodattilo incazzato.
Perché mollarla: scarsa capacità di creare interesse sul lungo periodo. E poi, visti i risultati d’ascolto, c’è caso che la cancellino già questa settimana.
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Argomenti do no harm, jekyll, Serie tv


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