17 Marzo 2017 7 commenti

This is Us: season finale fra amore, lacrime e bestemmie di Diego Castelli

La degna chiusura di una grande prima stagione

Copertina, Olimpo, On Air

This Is Us (5)

OVVIAMENTE SPOILER

 

Non c’è tanto da girarci intorno: This Is Us è una delle migliori novità della stagione, se non la migliore in assoluto. Lo dicono i critici, lo dicono gli ascolti, e quando le due cose vanno di pari passo, anche i più scettici una domanda se la devono fare. Se non per concordare, almeno per capire.

A questo giro noi comunque non abbiamo questo problema, visto che This Is Us ci piace dal primo giorno, e i diciassette episodi seguiti al pilot non hanno fatto altro che confermare le buone sensazioni della premiere.
Se vi ricordate, il primo episodio si portava dietro l’inaspettata forza della sorpresa: a fronte di un’impostazione da drama famigliare classico, con storie di mogli, mariti, madri, padri e figli, lo svelamento finale che mostrava come separate e conseguenti due storie che credevamo parallele e contemporanee, aveva scatenato un commovente entusiasmo da scoperta, dandoci l’idea che sì, stavamo guardando una serie dal tema molto classico, ma che sarebbe comunque riuscita a stupirci, nonostante la comprensibile difficoltà nel creare qualcosa di nuovo in questo genere.

This Is Us (9)

Il resto della stagione ha continuato a lavorare, almeno in parte, sulla continua semina di indizi che conducevano puntualmente a scenari imprevisti, ma in fin dei conti la vera cifra di This Is Us non può essere racchiusa in questo singolo elemento. Il che è un bene, perché se l’unico interesse fosse quello legato a queste piccole prese in giro dello spettatore, il giochino diventerebbe presto stucchevole.
Ma il succo fortunamente, come detto, non sta qui. Il trucco sta nell’usare quegli strumenti narrativi e di messa in scena, che sono per l’appunto strumenti per un fine, per far sì che la divisione fra diversi piani temporali diventi la cornice in cui dipingere il senso dello stare al mondo dei personaggi.

La serie si chiama “This Is Us”, letteralmente “questi siamo noi”, o “noi siamo questo”, ed è un titolo azzeccatissimo perché, nella sua semplicità, racchiude il tentativo di raccontare una famiglia avendo bene in mente quanto sia necessario, in una storia del genere, tenere presente non solo dove si è e dove si va, ma anche da dove si arriva.
Il che ovviamente non è una novità assoluta, il flashback mica l’ha inventato Dan Fogelman. Anche in Arrow, per dirne una a caso, ci sono le continue finestre sul passato del protagonista.
A fare la differenza, però, è la capacità di tessere una trama, mai come in questo caso nel senso concreto di stoffa, di strisce di materia incrociate e strette insieme, che tutte unite trovano il loro scopo nella creazione di un oggetto finito e compiuto.
Nel continuo rimpallo fra passato e presente, nella creazione di collegamenti fra la vita e gli insegnamenti dei genitori e l’effetto di quel rapporto sulla vita dei figli, gli autori di This Is us sono riusciti, con insistente delicatezza, a metterci davanti agli occhi un racconto che profuma di epica, in cui ogni dettaglio del passato trova il suo posto nel futuro, in cui la psicologia dei personaggi, di tutti i personaggi, finisce col creare un unico fluido indivisibile, in cui tutti sono collegati e da cui tutti possono trarre forza.
Quindi non come Arrow, dove i flashback avevano sfracellato le balle dopo due episodi.

This Is Us (6)

La nota più curiosa, legata a This Is Us, riguarda la quantità di persone che l’hanno vista e apprezzata anche se, per loro stessa ammissione, normalmente non amano i drama e tanto meno i drama dove si piange spesso (e in This Is Us si piange eccome, dentro e fuori lo schermo). La spiegazione, estremamente banale ma non per questo meno vera, è che la buona scrittura funziona a prescindere: se uno show è scritto bene, può raccontare di formaggi stagionati o di miniature in bronzo, ma riuscirà comunque a farti appassionare a quell’argomento, anche se di solito non ti interessa, anche quando l’hai già visto e sentito mille volte.
Il che non significa, ovviamente, che This Is Us piaccia o debba piacere a tutti. Significa però che, dati alla mano, è stata in grado di fare breccia in un pubblico che queste storie le conosce (o credeva di conoscerle) a memoria, ma che è comunque riuscito a stupirsi di come questa nuova storia così antica e stravista è stata ri-raccontata.

This Is Us (7)

E qui si arriva al season finale, che è il momento di affrontare anche se si potrebbe stare qui otto ore a crogiolarsi nella bravura degli attori, nella scelta delle musiche, nel montaggio sempre elegante e mai banale, fonte principale di quel sistema di sorprese e svelamenti che abbiamo visto essere una delle architravi della serie.
Il season finale merita uno sguardo a parte perché effettivamente è stato trattato in modo diverso, non senza qualche strascico polemico. Basti dire che, in questo episodio, la famosa alternanza fra passato e presente svanisce quasi completamente. O meglio, svanisce l’alternanza fra il passato dei genitori e il presente dei figli, che viene sostituita dal rapporto fra due diversi passati: tutta la puntata è infatti incentrata su Jack e Rebecca, e ci mostra sia il maggiore momento di crisi della loro relazione (direttamente successivo agli eventi dell’episodio precedente), sia le fasi iniziali di quella stessa relazione, quando i due ancora non si conoscevano.
Gli autori, insomma, sentivano che era il momento di concentrarsi solo su mamma e papà, usando le stesse tecniche viste finora per mostrare che anche per loro esiste un passato, e che anche per loro quel passato ha un peso, sia esso la fonte di un principio di alcolismo, o il serbatoio dove trovare le parole per far innamorare di nuovo una moglie delusa.

This Is Us (2)

Fra gli episodi più carichi di questa stagione, in cui i due culmini del litigio e della riappacificazione prendono a schiaffi lo spettatore (e poi gli stringono il cuore), questo finale ci lascia sfiancati e piacevolmente boccheggianti, anche se si porta dietro qualche piccola crepa. Prima di tutto perché dovrebbe essere un episodio a somma zero, e invece vince Jack: nel senso che si prende più storia e più attenzione, e quasi tutto il peso dello sviluppo della trama viene messo sulle spalle di Milo Ventimiglia, con la sua bocca storta da figlio mancato di Sylvester Stallone (non a caso lo ingaggiarono per fare il figlio di Rocky Balboa), che prima va a cercare la moglie, poi ci litiga, e poi la riconquista. Un two people show che dunque a tratti sembra un one man show, lasciando la povera Mandy Moore un tantino più in ombra di quanto avrebbe dovuto.

This Is Us (3)
In secondo luogo, e qui qualcuno ha piazzato il porcone, c’è la mancata descrizione della morte di Jack. La settimana scorsa le parole di Kate avevano caricato a mille il desiderio di risolvere questo mistero, suggerendo che la rivelazione sarebbe arrivata proprio in questo finale. Così non è stato e, per quanto la decisione sia legittima, suona leggermente stonata, come se un calcolo puramente commerciale (lasciamo il mistero in piedi un altro po’, così tornano anche la prossima stagione) fosse arrivato a sporcare una macchina altrimenti perfetta, che in quella rivelazione avrebbe trovato la definitiva ciliegina sulla torta.

Poco male, comunque. Fino alla fine This Is Us si è confermata una serie robustissima, emozionante, calibrata al millimetro, piena di sentimento e di sorprese come in un drama non vedevamo da molto tempo. Ora, dopo il rinnovo per due altre stagioni, gli autori hanno il duro ma piacevole compito di tenere alto il livello, gestendo la scomparsa di un personaggio importante e carismatico come William (anche se probabilmente lo rivedremo) e la necessità di farci sapere qualcosa in più della fine Jack, per evitare di tirare troppo la corda. Ma insomma, con questa scrittura e questo cast, l’impressione è di aver visto la prima stagione di un cult che ricorderemo a lungo.

Argomenti this us


CORRELATI