10 Gennaio 2019 10 commenti

Project Blue Book – Ditocorto gioca agli X-Files di Diego Castelli

Su History la serie dedicata al famoso (e vero) progetto di ricerca sugli alieni

Copertina, Pilot

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Le serie tv, come qualunque oggetto culturale, sono capaci di insegnare cose, specie se viste in una certa quantità così da capire dove stanno le esagerazioni dell’una e dell’altra. E gli insegnamenti (o per lo meno gli spunti di riflessione) possono riguardare qualunque materia, dalla filosofia alla medicina, dalla storia alla politica. Certo, non sappiamo praticare una tracheotomia, ma dopo anni di ER, Grey’s Anatomy e House, sappiamo cos’è una tracheotomia, che è già qualcosa. Non sappiamo ancora a cosa servono gli asciugamani e l’acqua calda per il parto in casa, ma prima o più qualcuno ce lo spiegherà…
Quando poi c’è di mezzo History Channel, bene o male sai di stare vedendo cose “vere”, e anche quando si mettono a fare fiction, come nel caso di Vikings per esempio, sai che guarderai le vicende romanzate di personaggi realmente esistiti, inseriti in un contesto visivo e narrativo che cerca di rimanere fedele al mondo di riferimento con maggiore cura rispetto ai prodotti concorrenti, perché quella rimane la loro mission.

Con Project Blue Book, nuova nata della rete, viene subito da andare su wikipedia a studiare un po’: si scopre che questo “progetto libro blu” non era altro che uno studio sistematico con cui l’aeronautica militare degli Stati Uniti provò a capire, dall’inizio degli anni Cinquanta alla fine dei Sessanta, se ci fosse qualcosa di vero nei sempre più numerosi avvistamenti di potenziali extraterrestri e, in quel caso, se la sicurezza nazionale fosse in pericolo. Uno studio che analizzò moltissimi casi, trovando spiegazione scientifica per la maggior parte di essi, ma in cui rimase anche qualche caso insoluto.
La serie di History racconta proprio la nascita e lo sviluppo di questo progetto, concentrandosi in particolare sul lavoro dell’astrofisico Josef Allen Hynek, arruolato per mettere il suo genio al servizio della ricerca, e anche per smorzare il lavoro sempre un po’ rigido dei militari, con particolare riferimento a quello che diventa subito il suo capo e compagno, il capitano Michael Quinn.

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Project Blue Book, prodotta fra gli altri da Robert Zemeckis, è di fatto una specie di “X-Files realistica”. Dove il capolavoro di Chris Carter affrontava il tema degli alieni e di altri fenomeni paranormali da un punto di vista puramente finzionale, con i suoi personaggi finti (seppur bellissimi) e i suoi sviluppi finti (seppur bellissimi), la serie di History racconta di persone vere ed eventi realmente accaduti, quindi in teoria…. dovrebbe essere noiosa. Sì perché il Progetto mica li ha trovati gli alieni, e al momento di essere chiuso non aveva portato a nessuna conclusione particolarmente accattivante. Anzi, come il pilot spiega bene, l’intento era proprio quello di smascherare l’infondatezza di una specie di psicosi collettiva, che in quegli anni stava rischiando di drenare un sacco di risorse dell’esercito per cercare omini verdi inesistenti, quando i militari avevano paura di nemici ben più concreti e reali, come i sovietici. Nel 2019 verrebbe quasi da dire “ma guarda un po’ quei sempliciotti”. Poi però ci ricordiamo dei no-vax e dei terrapiattisti e vabbè, caliamo un velo pietoso.

Ovviamente, però, anche nelle pieghe della realtà è possibile trovare materiale per della buona fiction. La dinamica fra il professore geniale ma guardato dall’alto in basso, e le gerarchie di un esercito spesso molto freddo e distaccato, creano subito quella tensione necessaria a un racconto che procede per strappi successivi, in cui la banalità e ripetitività del lavoro quotidiano viene ravvivata da dialoghi secchi e carismatici, e ovviamente da casi scientifici la cui indecidibilità mette a dura prova lo scetticismo dei protagonisti.
A conti fatti, sapere che difficilmente vedremo gli alieni non ci impedisce di appassionarci alla pregevole ricostruzione storica di un periodo in cui certe branche della scienza stavano ancora evolvendo rapidamente, ma non così tanto da non lasciare qualche margine di inquietudine primitiva e ancestrale anche nelle menti più brillanti.
Una serie, insomma, che racconta di uomini che combatterono contro l’ignoto, maturando però verso di esso una specie di timore reverenziale, che sullo schermo diventa suspense e thriller.

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Ma ho aspettato fino ad ora per sottolineare l’elemento che, agli occhi di qualunque serialminder mediamente appassionato, salterà subito all’occhio: il professor Hynek è interpretato da Aidan Gillen, ovvero il buon vecchio Petyr “Littlefinger” Baelish di Game of Thrones (più un tot di altri film e serie, fra cui The Wire). Fa sempre un po’ strano vedere una faccia universalmente associata a un infido bastardo, sopra un personaggio a tutti gli effetti “buono”, ma Gillen è prima di tutto un bravo attore, e il suo professore ha i tempi e modi giusti, e quell’aura da vecchio saggio un po’ eccentrico ma non per questo ingenuo o bonaccione, anzi, è uno che sa il fatto suo ed è pronto a tenere testa a un esercito intero, se necessario. Poi se a un certo punto dovesse arrivare una Stark a fargli girare la testa, comunque non diremmo di no.
Accanto a lui, nei panni del capitano Quinn, c’è Michael Malarkey, che faceva Enzo in The Vampire Diaries, e che qui ha buon gioco a usare il suo viso belloccio per un ex pilota tutto d’un pezzo che vuole raggiungere risultati presto e bene.

A tutto questo si aggiunge poi una seconda anima, su cui evito di fare troppi spoiler, che riguarda un elemento complottistico che, così a occhio, mi pare la parte più inventata della serie: i due protagonisti indagano sì sugli avvistamenti più o meno credibili di extraterrestri, ma dovranno anche fare i conti con una qualche cospirazione fin troppo umana, che li spia fin dall’inizio e potrebbe minacciare le loro stesse vite.
L’inizio insomma è incoraggiante, e per quanto nemmeno questa sembri la serie che permetterà a History di arrivare nell’Olimpo delle migliori reti seriali americane, Project Blue Book è scritta con criterio, bene interpretata, e messa in scena in modo tradizionale, ma con buon polso. Vedremo dove andrà a parare.
Perché seguire Project Blue Book: un racconto ben diretto e ben recitato su una pagina non troppo conosciuta del magico mondo degli UFO.
Perché mollare Project Blue Book: assomiglia a una X-Files più realistica, che però difficilmente potrà rivaleggiare con quella fantasiosa.

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