26 Ottobre 2021

Invasion su Apple TV+ – Ma gli alieni ‘ndo stanno? di Diego Castelli

Invasion parla di extraterrestri, ma anche di drammi umani, senza trovare l’equilibrio giusto

Pilot

In Jurassic Park, di Steven Spielberg, un ricco imprenditore invita i protagonisti a vedere la sua ultima strabiliante invenzione, un parco in cui sono presenti veri dinosauri frutto di fantascientifici esperimenti di clonazione. Durante il primo giro di prova, però, questi dinosauri non compaiono, e i personaggi si ritrovano a girare su una sorta di monorotaia da cui riescono a vedere solo piante e caprette legate a cordicelle.
A mo’ di presa in giro, il matematico Ian Malcolm, interpretato da Jeff Goldblum, si rivolge a una telecamera che sa essere connessa col quartier generale dove siede il riccone, e dice: “Senta, è previsto che si vedano dei dinosauri nel suo Parco dei Dinosauri?”
Bene, questa frase diventata iconica ci consente di introdurre il discorso a Invasion, nuova serie di Apple Tv+ che racconta di un’invasione aliena sulla Terra, citando le parole del buon dottor Malcolm: “Scusate, è previsto che si vedano degli alieni in questa serie sugli alieni?”

Invasion, creata da Simon Kinberg (sceneggiatore, fra le altre cose di X-Men: Days of Future Past e dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie) e David Weil, suggerisce fin dal nome che si parli di un’invasione aliena, di cui non si fa granché mistero nelle locandine, nei trailer, e negli stessi tre episodi finora rilasciati, in cui non ci sono grandi dubbi sul fatto che il tema sia quello. E poi però gli alieni non si vedono.
Detta così è un po’ grezzona, fatemela spiegare meglio.
In queste tre puntate, la sceneggiatura si concentra sul racconto di diverse persone o gruppi di persone, in vari punti del pianeta e soprattutto (naturalmente) degli Stati Uniti. Abbiamo il vecchio sceriffo a un giorno dalla pensione che si imbatte in un misterioso caso di sparizione (è interpretato da Sam Neil, per chiudere il cerchio giurassico). Una tecnica dell’agenzia spaziale giapponese, che vede morire la sua compagna (un’astronauta) in una tragica e apparentemente inspiegabile esplosione sulla stazione spaziale. Un soldato americano in Medio Oriente che vede il proprio plotone falciato da un’entità sconosciuta. Una coppia in piena crisi matrimoniale (lei ha appena scoperto che il marito la tradisce) che deve trovare una nuova e precaria intesa perché le case del vicinato stanno letteralmente esplodendo e bisogna fuggire.

Capiamo insomma che Invasion non è esattamente una serie di raggi laser e iperspazio, quanto piuttosto un drama che esplora le vicende di alcuni personaggi raccontati in modo realistico, immaginati però in una situazione limite come un’invasione aliena, o comunque quello che loro non hanno ancora capito essere un’invasione aliena.
Vale anche la pena dirsi subito che, da un punto di vista drammatico, alcune di queste storie funzionano pure. Proprio l’ultima citata, cioè quella del matrimonio in crisi, è una trama efficace soprattutto per come è raccontato il marito, un fedifrago egoista, pauroso e piagnone, che prima infligge un grande dolore alla moglie, ma poi si dimostra anche così inadeguato all’emergenza, da garantire a lei un’occasione di riscatto che la trasformi da donna ferita e inerme a vero motore del salvataggio della famiglia. È insomma un racconto che colpisce perché parte da un cliché e trova sfumature inaspettate, e che ben si inserisce in una storia di suspense in cui due tipi di tensione diverse (romantica e fantascientifica) si uniscono in un unico pozzo di ansia.

E però resta un problema. Sti alieni non ci sono.
O meglio, appaiono brevissimamente nella forma di navicelle trasparenti o quasi, e trasmettono quel vago senso di minaccia imminente. Solo che l’”invasione”, la guerra, la battaglia, in questi tre episodi non arrivano mai.
Ora qualcuno potrebbe ribattere: ma se Invasion vuole trattare il tema dell’arrivo degli alieni da una prospettiva nuova e spiazzante, raccontando soprattutto delle vicende personali di un tot di personaggi a prescindere dallo sfrecciare dei missili, non potrebbe essere una cosa accettabile, se non addirittura lodevole?
In teoria sì, potrebbe essere. Anzi, qui a Serial Minds abbiamo spesso elogiato serie tv che partivano da un’idea semplice e molto conosciuta, trovando la forza di ribaltarla e darle nuova luce. Potremmo pensare all’uso della sitcom in Kevin Can F**k Himself, ma potremmo pure citare una serie conosciutissima come House MD, in cui il cliché del medico bravo e buono e caro viene ribaltato nell’idea di un diagnosta cinico e stronzo che se ne frega dei pazienti.
Insomma, di per sé la scelta di prendere un concept molto noto e dargli una nuova veste ha senso nella misura in cui si decide consapevolmente di perdere chi questa novità non la vuole, per dare un surplus di interesse a chi invece ama farsi sorprendere, fino al punto, magari, di aprire una nuova via, fondare un sottogenere, e via dicendo.

Solo che, se decidi di fare questa cosa, allora il ribaltamento deve essere completo. Se vuoi che io rimanga legato a una serie tv per molte ore e molte settimane, e decidi che quella serie tv racconterà qualcosa di molto diverso rispetto a ciò che ci si aspetta, me lo devi dire in fretta, così da creare un nuovo patto comunicativo che ci consenta di andare a braccetto per i mesi e anni a venire.
Al momento, sulla base di tre episodi e pur in presenza di un livello tecnico-produttivo di tutto rispetto (Invasion è tutt’altro che uno show povero di mezzi), la serie fallisce proprio quell’obiettivo così piccino eppure così importante.
Invasion promette la storia dell’invasione aliena, ma non mantiene l’impegno. Allo stesso tempo, non ribalta nemmeno la situazione facendoti pensare “ok, mi hai fregato, ma a questo punto mi interessa”.
È come se le due componenti, che in teoria hanno tutto il diritto di coesistere, finissero però con il distrarsi a vicenda: il drama puro sospende, ritarda e appesantisce la fantascienza; a sua volta l’invasione aliena continua a sminuire il drama, che per tre episodi sembra un antipasto di poco conto in attesa del piatto principale (ed è la stessa messa in scena a suggerirci questa interpretazioni, con le sue continue salite di tono solo quando arriva l’elemento soprannaturale).

Ovviamente, per quello che ne sappiamo, questo fastidiosa indeterminatezza potrebbe finire già questa settimana. Abbiamo visto solo tre episodi, peraltro rilasciati contemporaneamente, e quindi pensati per rappresentare una qualche forma di unità. C’è quindi la possibilità, pure concreta, che nelle prossime settimane la serie “esploda” in qualche modo, risolvendo le sue incertezze e prendendo una direzione più chiara, forte ed emozionante.
Io continuerò certamente la visione, un po’ per senso del dovere e un po’ perché, malgrado quella sensazione di continuo coitus interruptus, ci sono diversi elementi ben realizzati.
Però è chiaro che, comunque vada, questo peccato originale rimarrà, e probabilmente già ora ha fatto scappare molti spettatori e spettatrici: se mi chiedi la fiducia necessaria a guardare una nuova serie tv, e poi mi costringi a tre ore (non venti o trenta minuti, tre ore) di disperata ricerca del modo migliore di approcciare emotivamente e razionalmente il racconto, non puoi lamentarti se decido di fare altro.

Perché seguire Invasion: per la qualità tecnica e la potenza di alcune situazioni.
Perché mollare Invasion: l’esperienza dei primi tre episodi è sporcata dall’incapacità di prendere una direzione chiara.



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