10 Marzo 2011 30 commenti

Don Matteo e i Cesaroni. Sì, avete letto bene. di Vale'n'Tina

Quando la serialità italiana si sceglie per volontà e non per mancanza di alternative

Settimana scorsa vi ho detto che mi piace fare l’intellettuale. Vero. È un po’ il problema della mia generazione di cinematografo-dipendenti cresciuta a Woody Allen e latte; le fibre del nostro animo di spettatore si sono forgiate col meglio del cinema e della tv: in Italia ci hanno nutrito Sordi, Tognazzi, Nanni Moretti, Celentano e Pozzetto. E ovviamente Guzzanti (Corrado, comunque sappi che ti amo e sono pronta a sposarti in qualsiasi momento). Poi aggiungeteci 30 Rock, Boris, The Middle & Co., capolavori di meravigliosa surrealtà; altro caricone da undici Sorkin, che praticamente è la reincarnazione di Dio in  formato sceneggiatore. Poi Mamet. Poi E.R., i Coen… Vabbè adesso basta che altrimenti non si arriva più al punto.

Punto che poi sarebbe questo: gente cresciuta così, io, che sono cresciuta così, come sento nominare elementi apparteneti all’insieme “fiction italiana” (Papa Giovanni, I Cesaroni, Distretto di Polizia) comincio a provare un senso di nausea misto a terrore.

Capite? Io che me ne sto lì con i miei occhialetti sulla punta del naso a dissertare di Truffaut, mica posso apprezzare il prete detective, la garbatella, i santi, le suore… il mio contratto di giovane intellettuale post-moderna ha una specifica clausula a riguardo che recita: “all’udire il nome di un prodotto tv italiano il sottoscrivente deve alzare un sopracciglio con fare superbo. Qualora l’interlocutore insista, il sottoscrivente è tenuto ad assumere un’aria disgustata”.

Allora, io oggi voglio dirvi una cosa, e delle conseguenze legali me ne frego; e se verrò estromessa dalla mia cerchia di amici, pazienza; con un sonoro e futuristico ‘fanculo, ecco la mia confessione: IO, VALENTINA VITALI, AMO I CESARONI E DON MATTEO.

Sì, Marco Villa, Diego Catelli e Andrea Palla. L’ho detto. Voi volevate impedirmelo, ma io l’ho detto. Sì, fruitori tutti di Serial Minds, sono seria.

All’inizio credevo fosse una semplice perversione; “perversione” viene dal latino perversum, cioè stravolto, deviato. Mi dicevo: evidentemente Don Matteo mi fa ridere per i suoi innumerabili aspetti grotteschi e surreali. Evidentemente I Cesaroni li seguo perché Claudio Amendola è troppo figo. Boh. Sarà questo, mi dicevo. Sarà la mia ontologica tendenza alla ribellione. Boh di nuovo.

Scuse gente, scuse! Sapete qual è la verità?

I Cesaroni e Don Matteo creano un mondo nel quale io sto bene e voglio tornare. Mi spiego: vi ricordate quando, da piccoli, chiedevate alla mamma di raccontarvi una favola? Tendenzialmente volevate sentire sempre la stessa, fino allo sfinimento. E perché guardate e riguardate un film? La storia la conoscete, perché vederlo una seconda, una terza, una quarta volta? Perché vi affezionate a Dexter, a Carrie e Miranda, al Dottor Casa? Perché v’interessa stare con loro, spenderci del tempo, sapere come stanno?

L’uomo ha un nucleo di esigenze ed evidenze primarie tra le quali compare lo “stare bene”, “l’essere felici”; film e telefilm, con i loro personaggi e la storia che raccontano, creano un mondo che tenta di rispondere a questa fondamentale esigenza umana.

A volte ci riescono, a volte no.

Ecco, per quanto mi riguarda Don Matteo e I Cesaroni in campo edilizio (cioè nel costruire un mondo, appunto) sono dei maestri; per questo voglio sapere l’ultima cazzata combinata dal maresciallo Cecchini; per questo mi fermerei volentieri a colazione con Giulio & figli.

Quando sto con loro sto bene, ed è questo che conta.

Poi certo, possiamo discutere del livello della recitazione, della regia, delle storie. POI, possiamo parlare per ore di tutto quello che volete.

Ma sul mood, sull’affettività che Don Matteo e I Cesaroni producono, non sono disposta a trattare.

 

NB: quanto detto per Guzzanti vale anche per Moretti: Nanni, basta una telefonata in redazione.

 

Messaggio di servizio

A seguito di questo post, Valentina Vitali verrà sottoposta a un trattamento LudovicoVan, che consisterà nella visione forzata di tutte le serie vincitrici dei Serial Awards.
Tutti abbiamo scheletri nell’armadio, ma a volte quell’armadio è il posto migliore dove tenerli.
Il Direttorio di Serial Minds

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