10 Maggio 2011 2 commenti

Psychoville – La serie con nani, clown e il freak show di Marco Villa

La sottile linea che separa cinismo e raccapriccio

Brit, Copertina, On Air

Così, a bruciapelo, vi fa più paura e ribrezzo un nano vendicativo, un vecchio cieco che si lava i denti con l’aceto o due sorelle siamesi ossessionate dal collezionismo? E che effetto vi fa pensare a una serie in cui questi e altri personaggi danno il meglio di sé? Benvenuti a Psychoville.

Psychoville va in onda su BBC 3, ma è la cosa più disturbante vista negli ultimi anni nel mondo delle serie. Roba che faticherebbe a trovare spazio anche sul più spericolato dei canali via cavo statunitensi, ma che arriva invece bel bella nel salotto di casa di tutte le famiglie inglesi. Di base, Psychoville sta a metà tra l’horror e il grottesco e fa del raccapriccio il proprio tratto dominante.
Il disturbante di cui parlavo prima non va letto in accezioni stile David Lynch o “questo qui ha proprio un immaginario disturbante” – che fa sempre figo dirlo, ma proprio nel suo significato letterale. Psychoville disturba, dà fastidio. Prende volutamente personaggi e situazioni che fanno impressione e ci sguazza come un bambino con gli stivali di gomma che si butta nelle pozzanghere. Non è una novità: i freak show esistono da sempre, questa è solo la versione in telefilm.

La trama di fondo della prima stagione (personaggi improbabili ricevono lettere stile “so cosa hai fatto”) è in realtà solo un pretesto per mettere in fila e fare interagire figure che danno il voltastomaco o fanno drizzare i peletti per quanto sono inquietanti. Per dire: il clown irascibile senza una mano che insulta i bimbetti, la donna che porta con sé un bambolotto convinta che sia suo figlio, il ritardato che ha un rapporto morboso con la propria madre (puro fastidio la scena in cui lei gli toglie la pelle morta dalla schiena) e altre amenità del genere. Una serie nata con la volontà di mettere gli spettatori di fronte alla propria resistenza, ponendoli nel ruolo del cinico osservatore e poi sfidandolo a rimanere tale fino in fondo.

Partita benissimo, Psychoville ha dimostrato presto di non avere nulla se non un’idea di clima e i personaggi. Non avendo storie valide, gli autori hanno deciso di investire tutto sul già citato raccapriccio, portando all’estremo le peggiori caratteristiche dei vari personaggi. Il tutto declinato, come detto, tra l’horror e il grottesco, con il secondo a vincere molto spesso la partita. Se da un lato la cosa ha senza dubbio il suo perché in quanto a (macabro) divertimento, dall’altro ha lasciato per buona parte della prima stagione (finale compreso) piuttosto delusi. La svolta si è avuta a fine ottobre, con lo speciale di Halloween. Vista la ricorrenza, l’horror è salito in cattedra e ha preso in mano la situazione. Ecco che tutti gli elementi disturbanti messi in mostra hanno finalmente trovato la propria quadratura, all’interno di un’ambientazione de paura che, pur non essendo ai massimi livelli del genere, non ha sfigurato. L’inizio della seconda stagione si pone in bilico tra queste due possibili strade: ritorna il ribrezzo, ma vengono innestati anche elementi sovrannaturali che virano con forza verso una follia malata, che non lascia certo tranquilli.

Se avete capito qualcosa da questo post, complimenti alla vostra perspicacia. Se addirittura vi ho incuriosito, date un’occhiata e tornare da queste parti. Perché io, in fin dei conti, non ho ancora capito se Psychoville mi piace, non mi dispiace o se lo odio. Di per sé, non è certo un male che una serie resti così impossibile da definire e da classificare tra i buoni e i cattivi. In questo caso, per essere precisi, siamo tra disgusto e raccapriccio, ma non siete così bacchettoni da dare solo significati cattivi a questi termini, vero?

 

 



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