4 Marzo 2016 5 commenti

The Family: un drama semplice ma tosto di Diego Castelli

Serie per cui val la pena trovare uno spazietto nei nostri fitti palinsesti

Copertina, Pilot

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QUALCHE SPOILER C’È, MA POCA ROBA

 

Parlando di serie tv (e non solo di serie tv) le categorie di “bello” e “brutto” sono assai limitanti e imprecise. Ovvio che possiamo usarle come ci pare, ma sappiamo anche che difficilmente serviranno a descrivere pienamente un prodotto, a meno che non stiate dando una risposta-lampo a qualcuno che vi chiede una recensione mentre fra di voi si stanno chiudendo le porte dell’ascensore.

Per esempio, senza usare bello e brutto, di un episodio pilota si può dire che è giusto, preciso, pulito, funzionale. E sono tutti aggettivi che mi sento di usare per The Family, nuovo drama di ABC e prima serie creata da Jenna Bans, produttrice e sceneggiatrice che si è fatta le ossa con Desperate Housewives, Grey’s Anatomy e Scandal.
The Family racconta della famiglia Warren – madre, padre, tre figli, due maschi e una femmina – colpita dieci anni fa da una tragedia imprevedibile: la scomparsa di Adam, il figlio più piccolo. Oggi, un decennio dopo, quando il resto della famiglia è riuscita in qualche modo ad andare avanti, Adam riappare, fuggito a un misterioso carceriere che l’ha tenuto prigioniero per tutto questo tempo. Il suo ritorno è ovviamente motivo di profonda gioia, ma le ferite e le cicatrici dei suoi familiari non possono guarire da un giorno con l’altro, nemmeno dopo un sollievo così grande.

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Leviamoci un pensiero: The Family non è un capolavoro, o per lo meno non lo è ancora. “Capolavoro” è un termine che riserviamo a quei romanzi, film e serie tv che in qualche modo spezzano qualcosa creando un solco evidente, un prima e un dopo che lascia un segno indelebile nella storia del mezzo a cui appartengono, o per lo meno nella testa di chi se li gusta. In questo senso, non credo che The Family abbia la forza, e forse nemmeno l’intenzione, di rivoluzionare il crime o il mistery.
Però il suo è un bel pilot, per tutta una serie di motivi. In primo luogo perché è ben girato, ed è una cosa che si capisce subito: nei cinque minuti iniziali passato e presente si intersecano continuamente, raccontandoci tutto l’antefatto con grande precisione e bella eleganza, accumulando un sacco di informazioni ma rimanendo comprensibile e senza dare l’idea di eccessiva fretta. E il resto dell’episodio non è da meno, con una buona attenzione ai dettagli e la semina di un certo numero di indizi che, per quanto a volte troppo espliciti, spargono un po’ di sale su una matassa che è lungi dall’essere dipanata, malgrado la ricomparsa del ragazzo rapito.

In secondo luogo ci sono gli attori: Joan Allen, pluricandidata agli oscar, fa la madre di Adam, mentre Rupert Graves (il Lestrade di Sherlock) è il padre. La sorella del rapito è Alison Pill, che ancora amiamo/odiamo dai tempi di The Newsroom, mentre il fratello è Zach Gilford, fra i protagonisti del buon vecchio Friday Night Lights. Liam James, infine, interpreta Adam dopo essersi fatto conoscere in The Killing. Un bel cast, dunque, gente abituata alle sfumature e all’intensità.

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E poi si arriva alla scrittura, cardine fondamentale di qualunque racconto seriale, che qui trova un buon compromesso fra le necessità della tv generalista (che raramente può permettersi livelli di complessità troppo elevati) e la voglia di creare un racconto di spessore. The Family è certamente un giallo e un thriller, e i misteri relativi alla sorte della vittima – come è stato rapito? Da chi? E addirittura: siamo sicuri che sto ragazzino sia proprio Adam? – hanno una parte assai rilevante nell’impalcatura complessiva e tengono ben desta l’attenzione dello spettatore. Allo stesso tempo, però, The Family è un drama vero, tutto incentrato sul concetto di senso di colpa: quello dei fratelli di Adam, che avrebbero dovuto tenerlo d’occhio e invece l’hanno perso di vista facilitando il suo rapimento; quello del padre, che dopo la scomparsa del figlio ha scritto un libro di successo basato sulla vicenda, di fatto sfruttando la tragedia; quello della madre, la cui carriera politica ha avuto un’impennata solo grazie al suo passaggio da “tizia sconosciuta” a “madre addolorata in prima pagina su tutti i giornali”; infine quello della poliziotta che aveva seguito il caso, che all’epoca aveva fatto incarcerare un uomo innocente (ora uscito e un filo incazzato), e ora si ritrova detective senza merito, impegnata a risolvere un’indagine che tutti credevano già bella che chiusa.

Insomma, durante la visione del pilot è più che evidente il tentativo di dare ai personaggi una profondità e uno spessore specifici, ben oltre la semplice trama gialla, e la Bans sembra particolarmente interessata a sondare i cambiamenti che quei dieci anni post-tragedia hanno imposto alla famiglia di Adam, oltre che allo stesso bambino. Un’influenza che non ha generato solo dolore e sofferenza, ma che ha creato (o rivelato?) angoli più oscuri del carattere dei protagonisti, che difficilmente possono essre descritti come la povera famiglia innocente che merita solo pacche affettuose e abbraccioni. No, qui c’è di più, e la compassione non è mai l’unico sentimento che ci viene chiesto di provare per i personaggi. Ci sono anche il sospetto e la diffidenza, perfino un po’ di rabbia, perché una serie contemporanea che voglia andare oltre il banale non può più permettersi di vivere di bianco e di nero: immersa com’è in una società sempre tesa e ossessivamente curiosa, dove la privacy non esiste e dove il dubbio fa rima con complotto, The Family rinuncia fin da subito a una rappresentazione manichea della realtà, mostrando che i cattivi possono scoprirsi innocenti (ma comunque stronzi) e i poveri cristi possono rivelarsi meno poveri (e anche meno cristiani) di quanto non vogliano dare a vedere.

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Ripeto, i capolavori sono probabilmente altri, e The Family ha sicuramente un certo gusto per il morboso e il pruriginoso, che ad esempio la allontanano da prodotti ugualmente forti ma anche più seri e impegnati come American Crime. Però questo è un pilot che si guarda tutto d’un fiato, che lascia la voglia di vedere il prossimo episodio, e che dà la sensazione di un lavoro ben fatto. Se esiste una media della serialità americana, The Family sta sopra. Magari non in cima, ma sopra di sicuro.

Perché seguire The Family: è un drama-thriller ben costruito, ben diretto e recitato, un buon mix fra la tipica “semplicità” della tv generalista e i guizzi creativi della pay tv.
Perché mollare The Family: malgrado i molti pregi non sembra avere le carte in regola per diventare un capolavoro, qualunque cosa voglia dire questa parola.

 

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