9 Settembre 2016 3 commenti

Atlanta – Dopo Community, Donald Glover prova a fare il Louis CK di Marco Villa

La storia di un improbabile terzetto che prova a farcela con il rap

Copertina, Pilot

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Ho provato a pensare a tanti modi per iniziare questo pezzo, cercando di evitare di partire con un ricordo nostalgico e sognante di Community, ma non ce l’ho fatta, perché Community e Serial Minds sono due cose talmente legate che è difficile fare finta che non ci sia stata o che gli attori che ne hanno fatto parte non siano qualcosa di speciale. Per tutto il mondo, Atlanta è una nuova serie di FX con Donald Glover. Per Serial Minds, Atlanta è la nuova serie con Troy di Community. Stavolta, poi, non si tratta semplicemente di un nuovo titolo nel cv di attore, ma della prima serie di cui Donald Glover è anche creatore. Il nostro ragazzo si è fatto grande, quanto orgoglio.

Atlanta è in onda dal 6 settembre su FX e racconta la storia di un gruppo di ragazzi della periferia di Atlanta, che prova a farcela attraverso il rap. Trattasi di comedy, ma di una di quelle comedy della nuova generazione, che non punta alla risatona sguaiata, ma alla risatina amara, condita di cinismo. Donald Glover interpreta Earnest Marks, dropout dell’università che per lavoro prova ad appioppare American Express ai viaggiatori di passaggio da un aeroporto, ma in realtà punta a diventare un nomone nel rap. Non lui direttamente come artista, ma come manager: l’artista in questione è infatti il suo amico Paper Boi, che ha piazzato già una mezza hit omonima ed è diventato una celebrità del quartiere. Peccato che siamo ad Atlanta, non a New York e quindi essere famosi in questa dimensione non porta a nulla: loro due, insieme a Darius, sorta di versione black di Paperoga, ci provano con tanta passione, ma anche con una bella dose di improbabilità.

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La prima cosa che colpisce di Atlanta è il tono: Glover riesce a creare una storia piuttosto normale, a raccontarla con una buona dose di realismo, ma inserendo battute e scene fulminanti, che arrivano dal nulla. Su tutte, la scena del ragazzo che scopre che la sua ex fidanzata in realtà è un uomo: un mix tra surreale e scorretto, che fa piegare. Altrettanto divertenti i siparietti tra Paper Boi e Darius, con il primo consapevole di essere poco più di un cazzone ma voglioso di crearsi un aura da rapper old school e il secondo totalmente rintronato dai troppi cannoni e da una vita che non è stata molto gentile con lui.

Non si tratta dell’unico aspetto in cui Atlanta si stacca dal cliché comedy: c’è un passaggio in cui, senza spendere una parola, si critica in maniera forte la violenza delle forze dell’ordine, mentre la questione razziale emerge più volte nel corso delle due puntate, come è ovvio che sia trattandosi di una serie totalmente black per ambientazione e personaggi.

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La componente autobiografica è probabilmente piuttosto forte: Glover è di Atlanta e oltre alla carriera televisiva ha avviato da tempo anche una da rapper, con lo pseudonimo di Childish Gambino. E non è la classica cosa dell’attore belloccio che si mette a fare musica orrenda e strappamutande, i lavori di Childish Gambino sono stati recensiti benissimo e al momento Glover è senz’altro più quotato come musicista che come attore/autore.

Fino ad Atlanta, perché questa è la serie che potrebbe farlo svoltare, spingendolo in una dimensione da Louis C.K., pur con tutte le debite proporzioni del caso. Si tratta di una serie molto piccola, con pochi protagonisti e zero fronzoli, ma ha il merito di possedere già una propria voce dopo appena 50 minuti. Può voler dire tutto e niente, ma di sicuro fa ben sperare.

Perché seguirla: perché siete anche voi orfani di Community e perché il linguaggio comedy di questi anni è più interessante che mai

Perché mollarla: perché è una serie grossa così, che non diventerà mai epocale



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