2 Luglio 2019 4 commenti

The Rook: il thrillerino londinese buono per luglio di Diego Castelli

Su Starz una miniserie tutta complotti che fa quello che deve fare, senza pretese

Copertina, Pilot

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L’estate, si sa, è terreno fertile per le serie non proprio eccezionali, ma comunque abbastanza dignitose da cavarsela in un giungla molto meno fitta rispetto ai mesi autunnali e primaverili. E se è vero che le piattaforme online hanno cambiato almeno in parte questo scenario (una delle serie più attese dall’anno, Stranger Things, arriva a luglio abbondantemente iniziato) è altrettanto vero che l’agenda telefilmica di tutti noi è invariabilmente più scarica in questo periodo rispetto a febbraio.

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Un ragionamento, questo, di cui uno come il Villa non capisce il fondamento, perché lui è uno di quelli che “se una serie è bella a febbraio è bella anche ad agosto, e se va schifo a marzo fa schifo anche a luglio”. E in parte ha ragione, naturalmente, ma dimentica il piacere tutto estivo di abbandonarsi a serie così così, ma che riempiono un vuoto senza farti troppa pressione sul cervello.
The Rook è una di queste. Prodotta da Starz (che comunque non è l’ultima rete di questo mondo) e tratta dal romanzo di Daniel O’Malley, la serie è stata inizialmente sviluppata da Stephenie Meyer (l’autrice di Twilight), che poi ha lasciato il progetto poco dopo, forse perché non brillava nessuno (ma è una supposizione mia).
Protagonista è Myfanwy Thomas, che all’inizio ci viene presentata come una donna che si sveglia su un ponte di Londra circondata da cadaveri di cui non conosce la provenienza, e che poi scappa nella notte e nella pioggia, su suggerimento di un bigliettino che si ritrova in mano: sì perché Myfanwy, in quel momento, non ricorda perché si trova lì, e nemmeno ricorda il suo nome e la sua identità.

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INIZIO DI QUALCHE SPOILER


Seguendo una traccia lasciata da lei stessa – la Myfanwy che ancora non aveva perso la memoria ma che sapeva di stare per perderla – la protagonista scopre di far parte di un’organizzazione segreta britannica che, fra le altre cose, recluta persone dalle abilità soprannaturali per usarle nell’intelligence. Nello specifico, Myfanwy è in grado di ammazzare la gente senza toccarla, motivo per cui i morti sul ponte sono colpa sua, e grazie alle informazioni auto-recapitatesi comprende di far parte di qualche tipo di complotto in cui qualche suo amico e collega l’ha tradita, senza però sapere chi.

 

FINE SPOILER

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Da un punto di vista meramente tecnico, The Rook non ha niente che non va. È vero che qui e là può mostrare qualche debolezza visiva tipo serie canadese di quelle riuscite non benissimo, ma bisogna concederle il merito di un inizio forte e deciso, che entra subito nel vivo dell’azione, e di uno sviluppo del pilot che, pur fornendo una quantità apparentemente altissima di informazioni, riesce a lasciare moltissimo non detto, garantendo un finale in cui molti pezzi del puzzle sono stati sparpargliati sul tavolo, senza che però si riesca ancora a scorgere l’immagine complessiva.
Il ritmo c’è, le sorprese anche, pure qualche gustoso riferimento cinematografico (come le chiavi blu e rossa che ricordano le pillole di Matrix, o la semplice idea degli autosuggerimenti, che fa tanto Memento). E c’è pure un po’ di cast, visto che nella truppa troviamo Emma Greenwell (Shameless, The Path), Joely Richardson (la Julia di Nip/Tuck), e soprattutto Olivia Munn, per la quale qui a Serial Minds abbiamo una cotta adolescenziale che si è protratta ben oltre qualunque adolescenza.

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A mancarle, da un certo punto di vista, è tutto il resto. Dove quel “tutto” è un respiro che vada al di là del semplice thriller, o del thriller messo in scena nel solito modo. The Rook punta sul sicuro, cerca di pescare temi e situazioni in acque diverse per accontentare un po’ tutti (la spy story, il thriller mnemonico, perfino il soprannaturale), e si presenta sullo schermo come un intrattenimento ben confezionato, lasciandoci però la sensazione di non stare vedendo niente di nuovo, o niente che ci sorprenderà o ci farà riflettere in modo particolare.
Può anche essere una percezione acerba, visto che la carne al fuoco è potenzialmente tanta, e magari fra tre puntate scoppia tutto. Allo stesso tempo, bisogna anche avere voglia di arrivare oltre quelle tre-quattro puntate, e non è mica detto che una serie così, onesta ma non eccezionale, riesca a convincere tutti a starle dietro.
Certo, va anche detto che è luglio…

Perché seguire The Rook: un thriller ben confezionato, di buon ritmo, che in nome della ricchezza trae spunto da più di un genere.
Perché mollare The Rook: il pilot intriga, ma non dà mai la sensazione di qualcosa di epocale, o anche solo di particolarmente diverso.

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