10 Luglio 2019 1 commenti

Dark è sempre più profonda e complessa di Francesca Mottola

È tornata Dark, una delle serie Netflix più ambiziose e filosofiche

Copertina, On Air

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SPOILER ALERT: SI PARLA DELLA SECONDA STAGIONE

Winden, 2020. Ma anche 1987, 1954, 1921 e 2053. La seconda stagione di Dark (su Netflix dal 21 giugno) ci introduce fin da subito in un universo molto più ampio rispetto alla prima, con cinque linee narrative collegate in maniera inestricabile e labirintica quanto intrigante.

Facciamo un passo indietro: dove eravamo rimasti? Dopo oltre un anno passato dall’uscita della prima stagione non è facile riprendere i fili del discorso e rimettere insieme i pezzi che compongono Dark. Andiamo con ordine: la seconda stagione apre dove la prima aveva chiuso, cioè nel futuro, dove Jonas si aggira tra le macerie ancora radioattive di Winden dopo il disastro nucleare che ha ucciso tutti i suoi cari. Nel 2020, nel frattempo, le persone scomparse sono ormai sei: a Mikkel e agli altri due ragazzini si sono aggiunti Jonas, intrappolato nel futuro, e Ulrich, intrappolato nel passato. Le famiglie coinvolte nelle sparizioni – i Doppler, i Nielsen e i Kahnwald – brancolano nel buio, tentando disperatamente di dare un senso a una realtà che appare di giorno in giorno più irrazionale e incomprensibile.

Questa la premessa narrativa da cui apre la seconda stagione, che mostra un importante cambio di rotta: vengono meno la cupezza e la dimensione drammatica che avevano caratterizzato la prima stagione – per certi aspetti vicina al thriller psicologico – ed emerge al loro posto la volontà di virare con decisione verso l’universo sci-fi, mettendo in scena una serie di elementi mutuati dall’immaginario più puramente fantascientifico e legato al cinema di genere: i viaggi nel tempo si intensificano, estendendosi a quasi tutti i personaggi e abbandonando il vincolo geografico delle caverne, entra in gioco la Particella di Dio, con annesse questioni etiche e filosofiche, e last but not least si comincia ad accennare all’esistenza di mondi paralleli e realtà alternative. La direzione più dichiaratamente fantascientifica fa sì che la trama della seconda stagione sia ancora più fitta e ingarbugliata della precedente, complessità ulteriormente accentuata dai continui salti tra le cinque linee temporali.

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Il perno centrale del racconto rimane però lo stesso della prima stagione: il Tempo, che si conferma protagonista indiscusso sia del meccanismo narrativo che della riflessione più puramente filosofica che sta dietro alla serie. È proprio sul tempo infatti che la serie offre ancora una volta una lettura che riesce a trascendere il puro racconto d’avventura, o meglio, a farlo diventare qualcosa di più. Jonas – che nella prima stagione abbiamo conosciuto sedicenne e poi uomo di mezza età – è il personaggio attraverso cui Dark conduce la propria riflessione sul Tempo. Nella seconda stagione lo incontriamo in una terza fase della sua esistenza, con un plot twist notevole: lo sfregiato Adam – il cui nome è un chiaro riferimento biblico, proprio come nel caso di Noah – viene presentato fin dal primo episodio come il nuovo villain da combattere; qualche episodio più tardi scopriamo a sorpresa che altri non è che Jonas stesso, provato nel corpo dai continui viaggi nel tempo ma determinato a fare sì che ogni cosa si ripeta così com’è sempre accaduta.

Proprio su questo punto si concentra la filosofia del Tempo proposta da Dark: chiedersi se il passato e il futuro possano essere cambiati equivale a chiedersi se esista il libero arbitrio o se ogni cosa sia predeterminata e destinata a ripetersi in un ciclo senza fine. Nella seconda stagione della serie questa domanda è incarnata da due fazioni in guerra tra loro: da un lato la fazione determinista capeggiata da Adam, chiamata Sic Mundus, che considera il Tempo come un Dio senza pietà né compassione che impera su ogni cosa, compresa la morte. In questa visione ogni tentativo di cambiare gli avvenimenti passati o futuri va ostacolata: la distruzione che la cieca concatenazione degli eventi porta con sé (in questo caso il disastro nucleare) è una componente inevitabile del ciclo delle cose.

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L’altra fazione è invece composta da tutti coloro che credono nel libero arbitrio dell’uomo e nella sua assoluta libertà. Tra questi ci sono Jonas e Claudia, che tentano incessantemente di cambiare il corso degli eventi alla ricerca di redenzione e di un futuro migliore. Il labirinto temporale che imprigiona i personaggi di Dark trova la sua controparte nel labirinto esistenziale che porta ciascuno di essi ad agire spinto da una rete inestricabile di sofferenze, colpe e desideri, che si allarga fino ad assumere proporzioni generazionali e a riecheggiare in tempi lontani, passati e futuri. Proprio in questa connessione viscerale tra i personaggi, che trascende il tempo e allo stesso modo ne è completamente soggiogata, sta il fascino di Dark.

Si chiude con la seconda stagione della serie, il secondo dei tre cicli totali che comporranno il racconto: le domande lasciate senza risposta sono moltissime, ma anche questo fa parte del gioco di Dark, che si è confermata un prodotto estremamente godibile e coinvolgente, capace in alcuni tratti di riflettere in modo intelligente e originale su temi complessi.



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