3 Ottobre 2019 7 commenti

Godfather of Harlem – La vera storia del padrino nero di New York di Marco Villa

In Godfather of Harlem, Forest Whitaker è Bumpy Johnson, il padrino della mafia nera di Harlem, amico di Malcolm X

Copertina, Pilot

La città più affascinante del mondo, raccontata in un’epoca irripetibile, incrociando finzione e realtà in una serie che vuole essere la versione black del Padrino. Se dovessimo convincere qualcuno a dare una chance a Godfather of Harlem, probabilmente basterebbero queste poche righe.

Godfather of Harlem, in onda su Epix dal 29 settembre, è la storia di Bumpy Johnson, boss indiscusso di Harlem che, dopo dieci anni passati in prigione, a metà dei ’60 prova a riprendersi il proprio regno, minacciato dall’ascesa di gangster che si sono allargati durante la sua assenza. Johnson è interpretato da Forest Whitaker, che mette tutto il proprio carisma per creare un personaggio che, nelle intenzioni degli autori, deve riuscire a portarsi sulle spalle tutta la serie. Ogni scena ruota intorno a lui, che si trova al centro di ogni trama. In particolare, c’è il rapporto con The Chin (Vincent D’Onofrio), esponente della  famiglia dei Genovese e quello con un giovane predicatore e attivista politico, da poco convertitosi all’Islam, ovvero un certo Malcolm X (Nigél Thatch), con cui cerca di incrociare i percorsi che portano agli obiettivi di entrambi.

E già qui emerge uno degli aspetti più interessanti di Godfather of Harlem: la volontà di unire finzione e realtà non è legata al solo fatto che il personaggio principale sia realmente esistito. Tirare in mezzo una figura come Malcolm X implica la necessità di aderire in modo credibile alla sua biografia e alza l’ambizione dell’intero progetto. Non una classica serie di gangster, quindi, ma una serie che prova a realizzare un quadro d’insieme di una New York violenta e fascinosa.

Messa così potrebbe sembrare un polpettone con tante pretese e altrettante velleità, ma non è così: Godfather of Harlem dimostra di avere ben chiaro che al centro di tutto deve esserci l’intrattenimento dello spettatore e per questo piazza qualche scena memorabile già nel primo episodio. Si tratta di due spedizioni punitive compiute dal personaggio di Whitaker nei confronti del rivale interpretato da D’Onofrio: spedizioni che uniscono tensione, ottima messa in scena e anche potenza narrativa. E rivelano la parte oscura di Bumpy Johnson, incapace di limitarsi a un ruolo di comando e controllo e al contrario bisognoso di sfogare una rabbia repressa durante gli anni del carcere e dell’isolamento. 

Questa doppia natura è resa alla grande da Whitaker, uno che da sempre sa come portare in scena personaggi complessi e contraddittori. La sua interpretazione è centrale, ma è anche uno degli elementi di potenziale debolezza di Godfather of Harlem: pur riconoscendone il talento, va anche detto che Whitaker corre il rischio di andare in overacting e una serie con un protagonista sopra le righe diventa insostenibile. A meno che non sia una serie di Ryan Murphy, ma questo è un altro discorso.

Il pilot di Godfather of Harlem ci consegna una serie con un orizzonte narrativo ampio e più di un motivo di interesse, che unisce una trama gangster con il racconto della rivendicazione dei diritti civili degli afroamericani, sia nella società in quanto tale, sia – e questo è inedito – nel contesto mafioso e delle gang. Tutto al posto giusto e fatto come si deve, per quanto senza particolari guizzi. Ma non è detto che il guizzo sia sempre necessario. A volte la solidità è già condizione sufficiente per approvare una serie.

Perché guardare Godfather of Harlem: per l’ampiezza del racconto

Perché mollare Godfather of Harlem: perché non regala particolari picchi di entusiasmo

MiglioreNuoveSerie1



CORRELATI