14 Febbraio 2020

Mythic Quest: Raven’s Banquet – La comedy di Apple TV+ per videogiocatori (e non solo) di Diego Castelli

Pilot

Io sono un videogiocatore. E il fatto che ormai trovare il tempo per accendere la playstation (o chi per lei) sia mooolto più difficile che in passato, non cambia la sostanza delle cose: i videogiochi mi piacciono, mi emozionano come e più di molti film e serie, e appena esce un nuovo titolo che mi interessa mi ci fiondo e, cascasse il mondo, trovo il tempo di gustarmelo almeno un po’, prima che il resto della vita torni a rompere le balle.
E come ogni videogiocatore di questo mondo so bene che, nonostante le dimensioni ormai gigantesche dell’industria videoludica, appena metto il naso fuori dalla cerchia delle persone che giocano mi trovo di fronte sguardi perplessi, se non addirittura smorfie di disapprovazione.
Di recente una stagista al lavoro ha usato le parole “ah non pensavo giocassi”, detto con un tono che sottende un “cioè, mi era parso fossi una persona intelligente”.

E intendiamoci, non è che la cosa mi ferisca particolarmente: io so che i videogiochi sono una figata (quelli belli, naturalmente, ma vale per qualunque cosa), e se chi non ne sa niente parla per pregiudizi, amen, fatti suoi.
Allo stesso tempo, però, potete capire una certa gioia e commozione nel venire a sapere, tempo fa, che due dei mondi che più mi piacciono (serie tv e videogame) si sarebbero uniti per dar vita a Mythic Quest: Raven’s Banquet, nuova comedy di Apple TV+ ambientata per l’appunto in uno studio di sviluppo di videogiochi.
Commozione per l’unione fra interessi, e gioia per il tentativo, più o meno esplicito o dichiarato, di far conoscere un pochino di più il mondo dei videogiochi a chi, pure legittimamente, non ne sa nulla.

Creata da Charlie Day, Megan Ganz e Rob McElhenney (produttori, sceneggiatori e, in quanto a McElhenney, co-creatori di It’s Always Sunny in Philadelphia), Mythic Quest: Raven’s Banquet è una comedy costruita secondo una struttura che ormai conosciamo bene, avendola vista molte altre volte: un luogo di lavoro un po’ pazzo che raccoglie una serie di personaggi caratterizzati in modo molto deciso e destinati a mettere in scena i loro screzi, le loro follie, le loro qualità.
A capo di tutto c’è Ian (interpretato dallo stesso Rob McElhenney), inventore e direttore creativo di Mythic Quest, un gioco multiplayer online di enorme popolarità e di cui, al momento del pilot, deve uscire un’attesissima espansione, chiamata “Raven’s Banquet”, che per lo studio rappresenta un’importante opportunità per fare nuovo profitto, fidelizzare ulteriormente la propria clientela, e via dicendo.
Agli ordini di Ian, un egomaniaco totale che parlerebbe sempre e solo di sé, ci sono Poppy (Charlotte Nicdao), programmatrice e game designer che è la vera anima concreta del gioco; David (David Hornsby), produttore esecutivo super ansioso e con grossi problemi di autostima; Brad (il mitico Danny Pudi di Community), che si occupa dell’aspetto economico del gioco ed è sempre pronto a fare qualunque cosa, etica o meno che sia, per tirar su soldi; CW Longbottom (F. Murray Abraham), stimato scrittore di fantascienza ormai in disgrazia, che dovrebbe occuparsi dell’aspetto narrativo del gioco; Rachel (Ashly Burch) e Dana (Imani Hakim) giovani beta-tester impegnate a mettere alla prova tutto il giorno Mythic Quest per trovare bug e altri difetti; Jo (Jessie Ennis), stagista apparentemente paciosa ma cattiva e vendicativa; Pootie Shoe (Elisha Henig), lo youtuber/streamer da dieci milioni di follower che rappresenta l’ago della bilancia fra il successo o il fallimento di molti giochi presso il pubblico; e qualche altro personaggio ancora.

Non so quanto la mia percezione sia distorta dallo specifico interesse per il tema trattato (potrebbe pure essere), ma l’impressione è che Mythic Quest: Raven’s Banquet funzioni a più livelli.
Malgrado si occupi di un mondo molto particolare, la sua comicità non è “settoriale”, non serve cioè essere videogiocatori per capire le dinamiche in campo: il capo egoriferito e imprevedibile, la stakanovista che deve sistemare i casini fatti dai colleghi maschi, il direttore commerciale attento solo ai soldi, e il creativo ormai decaduto che crede ancora di essere il migliore, sono tutti tipi umani che sono applicabili a molti contesti, e la chimica fra loro funziona a prescindere.
La qualità delle gag è buona, ma funziona soprattutto il ritmo e la tempistica dei dialoghi, spesso costruiti con l’intento di creare una parvenza di serietà, in cui viene fatta calare dall’alto la minchiata che non ti aspetti, che ti spiazza e ti lascia lì sorridente in attesa della prossima.
E non mancano nemmeno temi più spinosi: il rapporto uomini-donne sul lavoro, che Apple Tv+ ha trattato con serietà da drama in The Morning Show, torna anche qui nella forma più leggera, ma non per questo meno ficcante, della comedy: nel vedere le difficoltà di Poppy ad operare in un ambiente tradizionalmente maschile si ride, ma questo non impedisce di provare una sana frustrazione per le sue difficoltà, e una certa soddisfazione quando (mini-spoiler) Poppy comincia considerare l’idea di accettare l’offerta di un altro studio, dove sarebbe trattata in modo molto più dignitoso.

A queste caratteristiche valide per tutti, poi, si aggiunge naturalmente un carico di interesse supplementare per chi quel mondo lo bazzica, anche solo come utente finale. In questo senso, è ovvio che Mythic Quest: Raven’s Banquet metta in scena un’estremizzazione e semplificazione di un contesto lavorativo che è più complesso e, si spera, più professionale, ma allo stesso tempo la serie riesce a raccontare un “dietro le quinte” che permette di farsi un’idea di quali riflessioni e problematiche possano sorgere nel corso dello sviluppo e successivo mantenimento di un gioco come questo. L’idea è quella di permettere agli spettatori di farsi un’idea del gran numero di variabili in gioco, e dell’impegno e della bravura che servono per tirare fuori un prodotto che ancora oggi molti considerano poco più che un passatempo imbecille.
Oltre a questo, naturalmente, una valanga di gag e parodie legato a molti aspetti particolari che i videogiocatori conoscono bene: sviluppi e introduzione di nuove meccaniche di gioco, acquisti in-game, peso culturale ed economico degli youtuber, pressioni mediatiche, hackeraggi, passi falsi e idee geniali.

In questo senso, la speranza è che Mythic Quest, nella sua spensieratezza, sappia anche accendere qualche scintilla di interesse in chi i videogiochi non li ha mai nemmeno avvicinati: nel sentire la giovane Rachel difendere con entusiasmo la sua passione videoludica di fronte allo scettico Longbottom (con frasi come “è esattamente come un film, solo che sei tu il protagonista”), ho rivisto il me stesso di qualche anno fa, che provava a convincere sua zia che i giochi si erano molto evoluti dai tempi di Pong, e che oggi al loro interno è possibile trovare storie di ampio respiro, emozioni di ogni tipo, e una creatività che non ha nulla da invidiare a chi, per dirne una, si occupa di film d’animazione.

Che poi, a ben vedere, per la voglia di consigliarvela la sto mettendo giù troppo complicata: è una bella comedy, fresca, con tanti personaggi interessanti. Può piacere a 360 gradi, e se smanettate su un pad o su una tastiera probabilmente di più.
Unico difetto? Gli episodi della prima stagione sono stati resi disponibili tutti in una volta. Dai Apple, mi pareva che fossimo d’accordo che voi li facevate uscire uno alla volta, o sbaglio???

PS  Molto interessante il quinto episodio, di cui non svelo nulla di preciso, ma che cambia improvvisamente ambientazione per raccontarci una storia con protagonisti Cristin Milioti e Jake Johnson, in una specie di crossover fra New Girl e How I Met Your Mother che scalda il cuoricino.

Perché seguire Mythic Quest: Raven’s Banquet: comedy dalla struttura ormai classica, ma con buon ritmo, buoni personaggi, e un’ambientazione che sarà apprezzatissima dai videogiocatori.
Perché mollare Mythic Quest: Raven’s Banquet: se di videogiochi non volete sentire parlare nemmeno per sbaglio (che poi è in sé uno sbaglio, ma opinione mia).



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