7 Luglio 2020

Gangs of London: le belle serie d’azione si fanno così di Diego Castelli

Gangs of London prende il concetto di “serie in cui si sparano e si menano” e porta tutto a un altro livello

Pilot

Nelle scorse settimane ci eravamo persi per strada Gangs of London, e da più parti ci arrivavano solleciti a recuperarla. Quale migliore occasione, per stare comunque sul pezzo, del suo debutto italiano su Sky Atlantic, avvenuto ieri sera, lunedì 6 luglio.
E che dire, avevano ragione a sollecitare, perché la serie britannica creata da Gareth Evans e Matt Flannery è gagliarda ben oltre le aspettative, e suggerirebbe paragoni illustri, ma che forse alla fine sono impropri proprio perché a fare paragoni si finisce sempre per sminuire.

Andiamo con ordine.
Per quanto incredibile possa suonare, una serie che si chiama “Gangs of London” parla di alcune gang criminali che operano a Londra. Al centro di tutto ci sono i Wallace, la più importante fra le famiglie della mala londinese nonché quella che funge da perno per tutte le altre, che vengono un po’ da tutto il mondo. A capo della famiglia c’è Finn (Colm Meaney), sposato con Marian (Michelle Fairley, la Catelyn Stark di Game of Thrones), con i figli Sean (Joe Cole) e Billy (Brian Vernel). Accanto a lui l’amico di sempre Ed (Lucian Msamati) che a sua volta ha un figlio, Alex, che è un mago del riciclaggio di denaro sporco.
Tutta la vicenda di Gangs of London nasce dall’omicidio di Finn, la cui scomparsa esplode come una bomba nel mondo della criminalità, destabilizzandolo alle fondamenta e dando bei grattacapi soprattutto a Sean, il figlio che dovrebbe prendere le redini del potere.
Ovviamente, partendo dal desiderio di vendetta di Sean, e intrecciandolo con i milioni – anzi, miliardi – che la malavita fa girare e che impongono regole ferree da economia-ombra, Gangs of London diventa teatro per faide, intrighi, tradimenti, violenze di ogni tipo, nelle quali si inserisce anche la figura di un poliziotto infiltrato il cui obiettivo è diventare abbastanza amico dei Wallace da raccogliere le prove necessarie a sbatterli tutti in galera.

Ora, il pilot di Gangs of London è subito efficace. Veloce, ritmato, girato splendidamente, pieno di eventi e personaggi ma comunque sempre comprensibile. E devo ammettere che mi sono venuti subito in mente un paio di paragoni, su cui c’è stato da ragionare anche negli episodi successivi: quelli con Sons of Anarchy e Peaky Blinders.
A conti fatti, però, contano più le differenze, perché altrimenti si rischia di non rendere giustizia a SoA e Peaky da una parte, ma neanche a Gangs dall’altra.
L’accostamento viene spontaneo fin da subito, per una banalissima questione narrativa e di ambientazione: la sfida intrecciata fra diverse bande criminali, con al centro una banda/famiglia su cui focalizzare l’attenzione, è di fatto il setting iniziale sia del capolavoro di Kurt Sutter, sia della serie dedicata al primo Novecento inglese.
Quello che al momento Gangs non ha, e da qui la necessità di andarci cauti, è l’epica Shakespeariana dei Sons. Non perché non ne avrebbe i presupposti, anzi, ma perché semplicemente per ora la sceneggiatura non ha raggiunto quei picchi, soprattutto se guardiamo certi personaggi secondari, meno impattanti rispetto a quello di SoA. Però c’è ancora tempo, perché ovviamente la nostra percezione di Jax Teller e compagni si basa su più di una stagione, e quindi Gangs ha ancora la possibilità di farci stracciare le vesti, anche se sembra mancargli la capacità di creare un affetto sincero per protagonisti che sono in larga parte dei bastardi senza possibilità di redenzione.

Quello che però Gangs of London sfoggia, e qui bisogna calcare la mano, è una messa in scena d’eccezione. Senza usare mezzi termini, io molto, molto raramente ho visto serie d’azione in cui l’”azione” fosse rappresentata così bene sullo schermo. Siamo ben oltre i livelli del cinema normale, e dobbiamo guardare al cinema che lascia il segno. Gangs of London è una serie violenta, che non lascia nulla all’immaginazione, e in cui le tensioni fortissime fra i (gruppi di) personaggi trovano un’esplicitazione ugualmente netta nella vera e propria guerra che le varie fazioni muovono l’una contro l’altra. La cosa è così manifesta da diventare esasperata, quasi grottesca, senza alcuna pretesa di realismo, ma senza mai diventare ridicola (a parte, forse, per la quantità apparentemente infinita di pallottole presenti nei mitra).
Sparatorie devastanti, combattimenti corpo a corpo meravigliosamente coreografati, corpi dilaniati, teste che esplodono, sangue ovunque. Dai puristi del realismo Gangs of London potrebbe anche essere vista come un inferno trash (molti fanno un paragone ovvio con Tarantino, che a sua volta è uno che divide), ma in realtà la cosa giusta da fare è sorprendersi per l’abilità tecnica dei registi (fra cui lo stesso Gareth Evans, che già nel 2011 si mise in luce nel genere con quel piccolo gioiellino di The Raid), e accorgersi di come questa violenza così esibita abbia un valore narrativo preciso, perché sempre accompagnata da un esplicito riconoscimento da parte dei personaggi, che non possono che rimanere basiti e sconvolti di fronte al turbine di sangue che di volta in volta sono stati capaci di generare (o di subire).

Gangs of London, insomma, è una serie action che all’azione pura, e al suo puro godimento, dedica l’intera impalcatura narrativa, che in ogni episodio deve obbligatoriamente portare a una o più scene in cui ci si mena o ci si spara di brutto. Ma non rinuncia a inserire quelle scene in una storia che funzioni, e in cui vengano messe in campo emozioni vere da parte dei personaggi. Questo, come detto, funziona più con la famiglia Wallace che non coi comprimari, almeno per ora, ma resta il fatto che la moglie e i figli di Finn si trovano invischiati in un melodramma sanguinario che più di una volta, di fronte alla sua crudezza, fa mormorare “eh la madonna…”.
L’equilibrio da trovare, in un prodotto thriller-action, è sempre quello fra la bellezza puramente plastica, visiva delle scene d’azione, che piacciono come piacciono le evoluzioni degli artisti circensi, e una storia che riesca a legarle insieme quel tanto che basta da non farle sembrare gratuite, perché un combattimento fra due personaggi, a prescindere dal suo valore estetico, è sempre migliore se della sorte di quei personaggi, o almeno di uno, ci interessa qualcosa.
Ecco, da questo punto di vista Gangs of London ha da insegnare quasi a tutti.

Perché seguire Gangs of London: per chi ama l’azione pura è una delle serie migliori di sempre.
Perché mollare Gangs of London: chi preferisce dinamiche più sfumate e meno esplicite potrebbe trovarla “troppo”.

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