23 Giugno 2022

Obi Wan Kenobi – Alla fine, la peggior delusione dell’anno di Diego Castelli

La miniserie di Disney+ non è riuscita a riscattarsi: fino alla fine, Obi Wan Kenobi è stata un’opera difettosa, zoppa, a tratti irritante

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ATTENZIONE! SPOILER DEPRECABILI SU TUTTI GLI EPISODI DI OBI WAN KENOBI

C’è un punto, nella recensione dei primi due episodi di Obi Wan Kenobi in cui mettevo in luce un po’ di pregi e (soprattutto) un po’ di inaspettati difetti della miniserie di Disney+, in cui scrivevo le seguenti parole: “Le potenzialità sono ancora altissime, e sono certo che ci saranno momenti in cui, da fan, mi strapperò il cuore e lo offrirò allo schermo”.

Mi sa che mi sono sbagliato. O meglio, le potenzialità erano effettivamente altissime, e forse due-scene-due in cui mi sono emozionato ci sono state. Nel complesso, però, non possiamo far finta di non vedere ciò che è ovvio: Obi Wan Kenobi è, e probabilmente resterà, la più grossa delusione del 2022.

Vorrei quasi chiuderla qui perché sennò mi viene il magone, ma andiamo avanti lo stesso.

Nel corso di questo mesetto di episodi, su internet si è letto di tutto. Soprattutto, si sono letti molti piccoli e grandi approfondimenti su ciò che nella miniserie non ha funzionato, sui singoli dettagli sballati, sugli errori di continuity rispetto al resto della saga, e via dicendo.

Ecco, non credo di avere il tempo e la forza di mettermi a fare un’analisi puntuale di tutta la miniserie dicendo “questo sì, questo no”. Diventerebbe tedioso per molti e interessante per pochissimi. E se anche fra poco elencheremo qualche magagna più vistosa delle altre, mi interessa mantenere uno sguardo complessivo.

E quello sguardo complessivo, come e più che nella recensione dei primi due episodi, punta inesorabilmente verso i problemi di scrittura, che non hanno fatto altro che accumularsi nel corso delle puntate, e di messa in scena, che non è stata mai in grado, se non in brevissimi istanti, di elevarsi da un compitino spesso svolto pure male.

La scrittura di Obi Wan Kenobi non è migliorata (anzi, se possibile è peggiorata) perché quel senso di vaga inutilità che percepivamo nei primi episodi è andato via via potenziandosi.
Obi Wan Kenobi doveva prendere un pezzo teoricamente molto “tranquillo” della saga di Star Wars (cioè il periodo di attesa passato dal protagonista in attesa della crescita di Luke Skywalker) per svelarcene i risvolti più appassionanti e inaspettati.

Obiettivo complicato, ma non impossibile, e già ci eravamo detti che la scelta di coinvolgere la piccola Leia poteva avere tutto il suo senso, al netto di certi problemi di continuity che secondo me possono essere considerati marginali e vengono in piccola parte risolti dal finale (parliamo del fatto che una Leia così affezionata a Ben difficilmente avrebbe mandato un messaggio così impersonale da adulta, all’inizio di Episodio IV).

Il problema vero è che la scrittura, e nello specifico la scrittura del rapimento di Leia, finisce per mostrare rapidamente il suo carattere di pretesto. Considerando che nel finale vediamo alcune cose che andavano considerate scontate (come un duello a fil di spada laser fra Obi Wan e Vader/Anakin), l’impressione generale è quella di una storia messa insieme in qualche modo per il puro scopo commerciale di recuperare alcuni fra i personaggi più iconici della saga e mungene abbonati per Disney+.

E intendiamoci, non c’è nulla di male a voler sfruttare le proprie properties, ma se vuoi che i tuoi spettatori continuino a sognare (e i loro sogni si trasformano per te in denaro) non devi nemmeno rendere l’operazione così palese.

L’esempio probabilmente più vistoso della sciatteria della scrittura – quella sciatteria che porta, per esempio, ad avere almeno un episodio (il quarto) che sembra un filler in una serie di sole sei puntate – lo vediamo nel personaggio di Reva.

In queste settimane si è molto parlato di lei, ma anche e soprattutto della sua interprete Moses Ingram, diventata oggetto di insulti razzisti sui vari social network. Una roba che mi fa incazzare non solo perché i razzisti mi fanno incazzare, ma anche perché sfogare la propria frustrazione in quel modo così stupido e cattivo, fa sì che dall’altra parte, comprensibilmente, si sollevino gli scudi a difesa dell’attrice (come potrebbe essere altrimenti?), a prescindere da qualunque seria discussione sul prodotto.

Invece la discussione seria sarebbe molto interessante, perché Reva è un personaggio debole, scritto male, interpretato con poca verve, perfino vestito in modo anonimo.
L’unica cosa che si salva, di Reva, è la sua origine, il fatto di essere l’unica bambina salvatasi dalla furia omicida di Anakin in Episodio III. Un’origine, giustamente giocata nei termini del twist, che però serve a poco nel complesso di un personaggio che è stato capace di farsi infinocchiare varie volte da una bambina di 10 anni (la scena dell’interrogatorio a Leia è insieme inutilmente violenta e palesemente ridicola), che ha cospirato e cospirato e cospirato contro Vader, per poi affrontarlo con l’imboscata più stupida del secolo, che ha dato prova di non saper catturare dei fuggiaschi nemmeno quando quei fuggiaschi vanno a 7 all’ora, che ha fatto bombardare per minuti una porta di ferro per poi aprirla in 30 secondi con la spada laser.

In questa miniserie dove ben poco ha funzionato, Reva è stata il simbolo dell’incapacità di inserire in modo organico un personaggio nuovo che sapesse mostrare un qualunque tipo di carisma, che potesse avere un passato e un presente narrativamente solidi, che potesse farci appassionare a una storia meritevole di essere raccontata.

I problemi della scrittura non finirebbero certo qui.
Per esempio c’è l’inutilità di un personaggio come Haja, che alla sua prima apparizione sembrava avere buone possibilità come classico “cattivello ma in fondo orsacchiotto”, che compie la sua parabola in pochi minuti e poi diventa solo un tizio a cui Obi Wan può chiedere aiuto quando vuole, come se fossero commilitoni da vent’anni.
Oppure potremmo discutere di come, nel finale, alla fine dei giochi si torni tutti su Tatooine senza che Vader abbia mai uno straccio di idea di dove cercare il suo ex maestro diventato nemico. Anakin, fatti mettere l’olio nei circuiti, perché stanno sempre nello stesso posto, da anni, sempre lì.

Oppure ancora, stando sempre sull’ultimo episodio, possiamo vedere come, dopo che il rapimento di Leia è stato un ottimo escamotage per portare Obi Wan allo scoperto, la bambina venga riportata a casa senza che i cattivi che l’avevano rapita siano stati sconfitti. Cioè, perché Vader o il Grande Inquistore non dovrebbero rapirla di nuovo per obbligare Kenobi a uscire nuovamente allo scoperto? Cosa glielo impedisce? Che non gli piace essere ripetitivi?
Nemmeno lo scontro fra Obi Wan e Anakin è riuscito a essere epico come si sperava. Sì, c’è quel bel momento in cui Vader, con il casco mezzo distrutto, solleva Obi Wan dalla responsabilità di aver eliminato Anakin: quel “non l’hai ucciso tu, l’ho ucciso io”, riesce effettivamente a dare una buona immagine dei danni del Lato Oscuro. Però è proprio una singola frase in mezzo a un dialogo altrimenti molto povero.

Nemmeno l’ultima scena si salva, con Obi Wan che se ne va “a cavallo” (perché non è esattamente un cavallo) come a suggerire la possibilità di una seconda stagione, quando tutti sappiamo fin da Episodio IV che lui farà l’eremita sui monti e Luke lo conoscerà benissimo.

In tutto questo, anche alcune chicche pure gradite, come la comparsa dell’Imperatore o di Qui-Gon / Liam Neeson e l’uso del famoso saluto “Hello There” (diventato negli ultimi anni un meme usatissimo su internet), si perdono nel mare della mediocrità.
Anzi, se vogliamo stare nel mondo dei meme e degli occhiolini al popolo della rete, vedere una scena in cui Vader sovrasta Obi Wan caduto in un cratere, e non fargli dire niente a proposito del famigerato “high ground” (cioè la posizione sopraelevata che aveva consentito a Kenobi di vincere la sfida in Episodio III) è sembrata un’occasione sprecata.

Sul fronte tecnico, poi, non si è mai riusciti a emozionare nel modo giusto.
È chiaro che rivedere così a lungo Vader è stato intenso, così come la stessa possibilità di avere un attore come Ewan McGregor a riprendere uno dei migliori ruoli della sua carriera. Tutto questo va bene, ma doveva essere giusto l’ingrediente di base, non tutto il piatto.

Invece, quello che abbiamo visto nel corso dei sei episodi è un generico piattume, in termini di qualità degli effetti speciali, ma anche proprio di scelte di regia, con Deborah Chow che non è riuscita a confermare certe buone cose che aveva fatto in The Mandalorian o Better Call Saul (e purtroppo resta il dubbio che fosse una regista ancora troppo inesperta per un titolo di così alto prestigio).

Nell’ultimo episodio, il duello fra Vader e Obi Wan non è necessariamente malaccio, ma soprattutto grazie alla bella fotografia e ad alcune scelte effettivamente funzionali, come la citata rottura del casco di Vader, che ci permette di vedere il volto di Hayden Christensen e di sentire la sua vera voce, impastata con la distorsione meccanica che la trasformava in quella di James Earl Jones (questo trucco l’ho trovato azzeccato).

Per il resto, le coreografie sono niente di che, lo scenario un banale deserto di pietre.
Negli scorsi episodi, poi, avevamo visto grandi spazi vuoti riempiti di fondali al green screen, avevamo visto un Hayden Christensen non adeguatamente ringiovanito per interpretare i flash back, avevamo visto scene d’azione montate male che, unite a soluzioni narrative molto povere, spezzavano completamente la sospensione di incredulità.

Quando mi capita di guardare un film o una serie in cui noto tutte queste magagne, in cui la mia capacità di gettarmi nella storia viene continuamente intralciata da elementi che mi ributtano fuori, mi viene sempre da pensare a quando, al contrario, altre persone sottolineano i difetti di certi prodotti che io ho amato, e che mi viene voglia di difendere con un generico “vabbè oh, non ti accattare alle cose”.

Naturalmente, l’istinto ad “attaccarsi alle cose”, sfoderando una logica ferrea che sarebbe in grado di smontare qualunque film/serie, in un modo o nell’altro, viene dal proprio carattere e dalla vicinanza con il materiale che ci si trova ad analizzare. Saremo sempre più appassionati, e quindi anche più spietati, con prodotti che toccano corde per noi importanti, e che si rapportano a quelli che consideriamo capisaldi dell’una o dell’altra arte.

In questo senso, bisognerebbe sempre ricordarsi che è pieno di gente che con Obi Wan Kenobi si è divertita (il che è legittimo) così come bisognerebbe ricordarsi che anche la trilogia originale è piena di cazzate che un qualunque vostro amico meno nerd saprà farvi notare con il sorrisino.
Io stesso sono un estimatore dell’ultima, odiatissima trilogia, quindi vedete come è facile trovarsi da una parte o dall’altra della barricata.

Allo stesso tempo, nel caso di Obi Wan Kenobi, è la stessa produzione, la stessa Disney, che sa di mettere in campo personaggi vecchi di quarant’anni, è proprio chi scrive e dirige la serie che chiama a raccolta il suo pubblico di elezione, promettendo che vivrà le stesse emozioni di una volta.
E per quanto si possa fare la necessaria tara del marketing, poi il primo giudizio spetta proprio a quel pubblico, che di fronte a una miniserie sciatta, debole, incredibilmente povera come questa, non può che alzare la manina e dire “scusate, io sono uno pure uno che si mangia volentieri la pasta in bianco, ma voi mi avevate promesso le lasagne, e ora qui ho davanti una pastina scondita e scotta”.

A conti fatti, e per chiudere, credo che il mio primo e principale problema con Obi Wan Kenobi sia la mancanza di ambizione.

Ai suoi esordi, Star Wars cambiò il cinema a lei contemporaneo, mostrando cose che sul grande schermo non si erano mai viste. E fu così nuova, così fresca, così potente, da far facilmente dimenticare certi suoi difettucci. A cavallo del 2000, George Lucas tentò di alzare ancora una volta il tiro con la trilogia prequel, riuscendoci per metà, ma per lo meno provandoci. E anche l’ultima trilogia, bistrattata da molti, ha provato (soprattutto in Episodio VIII e IX) a sparigliare qualche carta, a sorprendere, a far rimanere a bocca aperta.

Non importa, in questo discorso, che ognuno di questi tentativi sia riuscito o meno. Non importa che voi consideriate buone idee la morte di Han Solo, Luke che getta la spada laser, o Jar Jar Binks che… esiste. Possono anche essere idee pessime, ma sono idee nate dalla volontà di fare, di mostrare qualcosa di nuovo.

Ecco, in Obi Wan Kenobi non c’è niente di nuovo. Ma soprattutto non c’è la volontà di raccontarlo.
C’è il tentativo di costruire una storiella interessante che però resta moscia. C’è la chiara volontà di riprendere personaggi iconici, ma anche l’evidente incapacità di inserirli in un contesto narrativo che gli dia nuova luce, nuova forza, nuova vitalità. C’è giusto la spiegazione, piuttosto semplice, di come Obi Wan sia uscito da una certa depressione post-Ordine 66, diventando un simpatico vecchietto più ottimista.

È questo per me il vero problema: la mancanza di idee, di coraggio, di spinta verso qualcosa di minimamente originale. E il secondo problema, che tallona il primo, è che se decidi che non sarai troppo originale, se ti rendi conto di stare raccontando una storia inserita in un rete così fitta da non lasciarti troppo margine di manovra, allora ti rimane solo una cosa da fare: compensare la mancanza di originalità con la forza di una storia ineccepibile, raccontata con ritmo impeccabile, in una cornice visiva capace di farci venire il luccichio negli occhi.

Obiettivi tutti falliti. Non se n’è salvato uno.
Da fan pluridecennale di Star Wars, recuperare personaggi così leggendari per metterli in una scatoletta così mediocre, è stato qualcosa che si avvicina all’oltraggioso.



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