14 Marzo 2024

Extraordinary su Disney+ – Un’altra stagione pucciosissima di Diego Castelli

Dopo una prima stagione frizzante e divertente, Extraordinary torna con altri episodi altrettanto deliziosi

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Presi come siamo a fagocitare sempre nuovi prodotti, per masticarli e digerirli e giudicarli per poi passare ai prossimi, magari finisce che ci dimentichiamo di concedere il giusto tributo a quelle serie che erano partite bene, e che hanno pure saputo confermarsi.

Prendiamoci dunque un momento per parlare di Extraordinary, disponibile su Disney+, di cui avevamo parlato molto bene ai tempi della prima stagione, e che è tornata con una seconda che non delude minimamente le aspettative, piena di vita, di idee, di simpatia.
Che benessere.

Per ricordarsi ben bene di cosa parlava Extraordinary, creata da Emma Moran, c’è la prima recensione, ma basta ricordarsi che la protagonista Jen, interpretata da Máiréad Tyers, è l’unica venticinquenne senza poteri in un modo in cui praticamente tutti e tutte hanno un super potere univoco e specifico che scoprono durante l’adolescenza.

Niente supereroi, comunque: buona parte dei poteri raccontati dalla serie non hanno alcuna valenza avventurosa, e quando anche ce l’avrebbero funzionano comunque male (tipo quello che passa attraverso gli oggetti, ma molto lentamente e con molta fatica).

Insieme a Jen vivono la sua migliore amica Carrie (Sofia Oxenham) che parla coi defunti, il di lei fidanzato Kash (Bilal Hasna) che manipola il tempo per brevi periodi, e il gatto Jizzlord, che nel corso della prima stagione si scopriva essere in realtà un umano (interpretato da Luke Rollason) che era rimasto intrappolato per anni in forma di gatto.

Non faremo grossi spoiler sulla seconda stagione, ma bisogna farne sulla prima, per ricordarci dov’era finita: dopo svariati tentativi di acquisire finalmente un superpotere, al termine del primo ciclo di episodi Jen riusciva ad accumulare abbastanza denaro da comprarsi un posto in una clinica specializzata nello “sblocco” dei poteri ancora sopiti.
Nel frattempo, per non farsi mancare nulla, Jen aveva anche iniziato una storia d’amore con Jizzlord, dettaglio che da gattaro trovavo assolutamente delizioso, anche se forse poteva essere offensivo per le gattare già ora accusate di non avere uomini ma solo gatti…
Vabbè non stiamo a guardare il capello.

All’inizio della seconda stagione, quelle che saranno le principali direttrici narrative di quest’anno vengono chiarite molto in fretta, e poi sviluppate per tutti gli episodi:
-Jen viene affidata a un terapista che ha il potere di entrare nella mente dei pazienti per risolvere i loro problemi, e con il quale Jen deve affrontare certi traumi del passato per provare a capire cosa blocca i suoi poteri.
-Carrie ha lasciato Kash, e ora i due devono trovare il modo di ricostruirsi una vita da single e, se possibile, mantenere un rapporto amichevole.
-Jen e Jizz devono affrontare un problema non da poco, quando lui vede rispuntare una moglie e un figlio di cui aveva completamente dimenticato l’esistenza durante i quattro anni passati come gatto.

Naturalmente queste singole storie si sviluppano, si intersecano e si arricchiscono in vari modi, ma bene o male il puzzle è questo. Extraordinary è una comedy e non ha bisogno di trame troppo arzigogolate che finirebbero col mettere i bastoni fra le ruote alla piacevolezza.

Perché sì, di piacevolezza ce n’è ancora tanta.
Se Extraordinary aveva colpito fin da subito per il suo concept semplice ma originale, la serie continua a essere farcita di piccole e grandi invenzioni, micro-twist divertenti, e attori e attrici sempre robustamente in parte nel loro essere adorabilmente incasinati e stupidotti.

Basterebbe anche un solo esempio per dare l’idea della creatività semplice ed efficace che continua a impregnare tutta la struttura.
Quando Jen viene presa in cura dal terapista ed entra con lui nella sua stessa mente, ecco che il cervello di Jen ci viene presentato come una stanza piccola e stracolma di libri. Ogni volume, dai colori e decorazioni diverse, raccoglie pensieri, ricordi, paure, speranze di Jen, secondo catalogazioni bizzarre ma in cui è facile ritrovarsi, perché abbiamo l’immediata impressione che una simile biblioteca, per di più continuamente cangiante e piena di stanze segrete e porte nascoste, possa esistere anche nel nostro cranio.

Se pure Extraordinary è una serie fantasy con elementi “magici”, la biblioteca nella mente di Jen è l’esempio perfetto di un’idea di grande impatto che non c’entra niente con gli effetti speciali digitali, e che anzi ci trasmette un preciso senso di calore, di materia, di esistenza effettiva.

A conti fatti, è tutta la serie a essere così: l’elemento dei superpoteri serve a creare un sacco di situazioni buffe e sorprendenti, che danno sicuramente un bel sapore a una storia che però, al suo cuore, parla di affetti, di amicizia, di amore, e naturalmente di autodeterminazione, di fragilità, di paura ma anche di voglia di riscatto.

Per certi versi, possiamo dire che Extraordinary funziona non perché quello di cui parla sia effettivamente “straordinario”, ma al contrario perché ci mostra che una certa loro umanità ordinaria (uguale alla nostra), resta tale anche in presenza di abilità soprannaturali.

Come detto, non facciamo spoiler, ma è importante dirsi che la seconda stagione di Extraordinary ha anche una precisa consapevolezza del suo percorso in termini di costruzione di una narrazione di medio-lungo periodo.

Le storie che racconta partono direttamente dal finale della prima stagione, si sviluppano in modo chiaro e coerente facendo fare ai personaggi dei significativi passi avanti nella loro crescita, e allo stesso tempo trova il modo di piazzare sul finale un cliffhanger vero, che ci lascia completamente appesi, e che ci restituisce la netta impressione di aver visto tante cose dense di significato, che però non sono ancora esaurite, perché c’è parecchio rimasto da raccontare.

L’unico vero difetto della seconda stagione di Extraordinary, che è divertente, dolce e appassionante dall’inizio alla fine, è ancora una volta la sua distribuzione. Per una comedy così ricca di spunti e di dettagli, far uscire otto episodi tutti in una volta significa fare un torto alla bontà della sceneggiatura.

Certo, uno potrebbe anche non guardarli tutti in una volta e centellinarli. E poi, se pensa di non aver colto bene tutti i passaggi, potrebbe guardarli un’altra volta.
Ma tanto sappiamo benissimo che non accadrà né l’una né l’altra cosa, che ce li vediamo tutti in una volta, che siamo pure contenti di farlo lì per lì, ma poi finisce tutto subito e passano 15 mesi di averne ancora.
Lo so che a tanti e tante di voi piace così, e naturalmente va benissimo, ma cazzarola a me no.




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