16 Maggio 2018 13 commenti

Homeland 7 – Una stagione molto confusa di Marco Villa

La settima stagione di Homeland è partita benissimo, ma dopo la prima metà si è persa, arrivando a un finale confuso che non le fa onore

Copertina, On Air

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ATTENZIONE: SPOILER SU TUTTA LA SETTIMA STAGIONE

Penultima stagione di Homeland, penultima stagione di una delle serie che qui a Serial Minds abbiamo seguito con maggiore passione: l’abbiamo amata da subito, poi sopportata a fatica e quindi, un po’ a sorpresa, di nuovo amata. A Homeland abbiamo sempre riconosciuto la capacità di reinventarsi, non solo quando il suo concept iniziale si è esaurito, ma anche più avanti, quando a ogni stagione non cambiava solo il cattivo di turno, ma tutto il contesto in cui Carrie Mathison si muoveva con il suo mento ballerino.

Per questo motivo, la recensione al primo episodio della settimana stagione è stato più che positivo: l’idea di trasformare gli Stati Uniti in un regime quasi autoritario e di mettere Carrie dall’altra parte della barricata (non più a difesa dell’establishment, ma pronta a tutto per rovesciarlo) era vincente e ci ha subito convinti. A posteriori, al termine della stagione, va ribadito che l’intuizione era giusta, ma un bel po’ di cose non sono andate al posto giusto, generando più di un momento di vera confusione.

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Tutta la prima parte della stagione è una menzogna, che viene architettata da Dante Allen e Simone Martin, a loro volta manovrati dal cattivone di stagione Yevgeny Gromov. Carrie si ritrova così a tornare in quella che era la situazione originale di Homeland, ovvero lei alle prese con un traditore, con cui intrattiene rapporti – diciamo così – ambigui. A differenza delle prime stagioni, però, Carrie non è più il personaggio che instilla il dubbio nei propri colleghi, andando contro il parere comune. Al contrario, Carrie abbocca senza se e senza ma, fino a quando Saul non le rivela la verità. Nel frattempo abbiamo assistito al massacro di Lucasville e al confronto tra lo stesso Saul e Brett O’Keefe, in alcune tra le scene più intense di tutta la serie.

Proprio la rivelazione di Saul a Carrie segna la fine della parte migliore di questa stagione di Homeland: fino a quel momento, tutto ha girato nel modo giusto e anche il twist narrativo sul tradimento di Dante Allen è un punto positivo, peccato che da lì in poi ogni cosa diventi confusa. Per l’ennesima volta, assistiamo a un crollo mentale di Carrie, sospesa tra intuito da spia e problemi di gestione personale, che generano un infinito rimbalzo sulla sorella. Nel corso dei dodici episodi della stagione, le liti con Maggie sono l’elemento più ricorrente, diventando stucchevoli per il ripetersi nella stessa forma immutabile, con tanto di marito passivo aggressivo sempre intento a fare colazione. Se ci siamo abituati nel corso degli anni a una Carrie a tanto così dal baratro, l’abbiamo anche vista rialzarsi, sempre con le proprie forze: questa volta non è così. È sempre Saul, dopo averle spiegato come stanno le cose, a darle nuove possibilità, non è più lei a ottenerle con le unghie e con i denti. Carrie ha un cedimento serio, insomma, che pregiudica il personaggio e in parte la serie stessa, perché Homeland è al 99% Carrie Mathison, soprattutto adesso che è rimasto solo Saul tra i personaggi storici.

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È solo uno dei problemi di questa stagione, che crolla in un caos indefinito negli episodi ambientati in Russia: non siamo tra quelli che fanno le pulci alla verosimiglianza delle serie tv, ma in un titolo come Homeland, che gioca tutto sul fascino del possibile e del non detto, tutta la parte ambientata a Mosca grida vendetta. In particolare, la fase in cui un servizio segreto attacca militarmente un altro: si chiama colpo di stato, per giunta a pochi metri dal Cremlino, eppure sembra una bravata del liceo. La sensazione è che gli autori avessero chiara in mente metà stagione, mentre l’altra sia arrivata nel tentativo di sparare sempre più in alto: non si spiega altrimenti la scomparsa di un personaggio chiave come Brett O’Keefe o la decisione di trasformare in completa imbecille la presidente. Ancora: la scelta di partire dai russi che manipolano l’opinione pubblica, per arrivare a una infiltrazione totale sul territorio e nelle agenzie statunitensi è un cambio di rotta che pare innaturale, soprattutto alla luce di tutto il sistema di fake news e amplifier messo in piedi già dalla scorsa stagione. In questo scenario, a nulla serve il colpo di scena finale delle dimissioni, se non a garantire che la prossima stagione sarà una nuova tabula rasa. Soprattutto, però, sarà l’ultima stagione di Homeland: la speranza è che si chiuda in bellezza, ovviamente.

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