5 Dicembre 2019 1 commenti

Bless The Harts: anche le comedy animate possono essere medie di Diego Castelli

La nuova sitcom animata di FOX non stupisce come suoi più illustri colleghi

Copertina, Pilot

Non so se anche voi avete avuto questa impressione nel corso degli anni, ma per lungo tempo mi è capitato di pensare che le sitcom animate per adulti prodotte dalla tv americana fossero tutte belle. Cioè, l’idea era che una persona andasse “convinta” a guardare dei cartoni animati pensati per un pubblico di non-ragazzini, ma una volta fatto questo poi sarebbe andato tutto liscio: The Simpsons, Family Guy, South Park, Archer, e di recente show come Big Mouth, Bojack Horseman o Rick and Morty. Non che io li segua o li abbia seguiti tutti, ma la percezione era sempre quella di una cura maniacale che forse era il frutto di un lavoro molto lungo, come se un impegno di mesi per animare un singolo episodio dovesse per forza basarsi su una sceneggiatura a prova di bomba.
Ma forse, in realtà, il vero tema era la penuria: poche serie animate prodotte, e quindi tutta la qualità disponibile si concentrava in quei pochi colli di bottiglia, che arrivavano allo spettatore nella forma di poche serie tutte buone.
Non so dire se questo discorso abbia davvero senso o se sia solo una percezione del tutto personale, ma guardando la serie di cui parliamo oggi, Bless The Harts, mi è proprio venuto da pensare al fatto che ora gli show animati cominciano a diventare tanti, e magicamente emerge ciò che finora era rimasto nascosto: il medio, o anche il medio-basso.

In onda su FOX e creata da Emily Spivey, scrittrice veterana del Saturday Night Live, Bless The Harts è vagamente ispirata all’infanzia e l’adolescenza della stessa Svipey, cresciuta in una provincia povera del North Carolina, dove si potevano trovare una lunga serie di buffi personaggi e situazioni che parevano fatte apposta per essere messe in una comedy televisiva.
Protagonisti della serie sono gli Harts, o meglio “le” Harts: Jenny, madre single sempre a corto di soldi; Betty, madre di Jenny, signorotta sulla cinquantina senza peli sulla lingua; Violet, la figlia appassionata di arte che Jenny ha avuto da una specie di leggenda locale, Don Reynolds; Wayne, il fidanzato di Jessica, omone dal gran cuore ma non troppo sveglio; e infine Gesù, nel senso proprio “di Nazareth”, che un paio di volte a puntata esce da un dipinto per parlare con Jenny e darle consiglio.

Buona parte delle trama di Bless The Harts gira intorno alla povertà dei protagonisti, sempre alle prese con qualche bolletta da pagare, lavoretti improvvisati, nuove e tipicamente fallimentari possibilità di guadagno. È la provincia americana a basso reddito e bassa scolarizzazione, che per amore di narrativa diventa talvolta un covo di buzzurri violenti e in altri casi, come in Bless The Harts, un luogo stranamente fiabesco dove la mancanza di denaro e prospettive viene bilancia da tanta inventiva e buoni sentimenti.

E forse avrete già capito che il problema sta proprio qui: non c’è niente di nuovo. Quando vedemmo per la prima volta Family Guy, venti anni fa, ci sembrò subito un clone dei Simpson, ma le somiglianze nella struttura vennero completamente soverchiate dalle mille diversità in termini di creazione della comicità. Con Bless The Harts, invece, lo scenario familiare della provincia ospita una comicità altrettanto (troppo) familiare, in cui la stupidità di Wayne, la testardaggine di Betty, la frustrazione di Jenny e la ribellione di Violet sono davvero troppo comuni a tantissime altre serie, per risultare davvero interessanti.
E dire che c’è un bel cast nelle voci, dove spiccano Kristen Wiig, Maya Rudolph e anche Kumail Nanjiani di Silicon Valley, che interpreta Gesù. A questo proposito bisogna fare un inciso: a me le versioni scialle e stupidone dei personaggi religiosi piacciono sempre, e anche in questo caso quelle con Gesù sono forse le scene migliori dei primi episodi. Però di nuovo, quante volte abbiamo visto la parodia di Gesù, in tutte le salse? Per quanto divertente, è un’idea che poteva suonare nuova due decenni fa, ma che ora non può che puzzare di già visto.

Nonostante la prima stagione sia iniziata da un po’, e nonostante il senso del dovere che sempre mi attanaglia quando voglio scrivere per voi, qui non sono riuscito ad andare oltre il terzo episodio. E non perché faccia “schifo”, ma perché non c’è stato un solo momento in cui abbia potuto dire “caspita, questa cosa sì che è nuova”. Ormai abbiamo troppe serie da seguire, anche animate, e bisogna essere spietati. Bless The Harts ha una sua genuinità e una sua anima, ma al momento è davvero troppo poco, anche se è già stata rinnovata per una seconda stagione, cosa che ti fa sempre pensare “ma non è che sto sbagliando io?”.
Se migliora ditecelo.

Perché seguire Bless The Harts: la classica comedy animata che gioca sul semplice, fra stereotipi della provincia, parodie di Gesù e un bel cast di voci.
Perché mollare Bless The Harts: ormai, anche solo guardando le serie animate in circolazione, c’è troppa roba superiore a questa.



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