7 Gennaio 2011 2 commenti

V – Il ritorno dei nuovi Visitors di Diego Castelli

Ma questi una volta non mangiavano i topi?

Copertina, On Air

La mia passione per i telefilm è nata molto presto, e tra le tante immagini che affollano la mente del me-bambino in una colorata cacofonia (dalla sigla kitschissima di Bayside School all’espressione imperturbabile di Super Vicky), c’è sicuramente anche una signorotta riccioluta, vestita da figlia dell’amore segreto tra Michael Jackson e Flash, che ingoia e smangiucchia un tenero topolino bianco.

Sono I Visitors, ovviamente, trashata fantascientifica nata come miniserie e poi divenuta (breve) telefilm, che narrava di ‘ste serpi mangiacanarini che avevano avuto la bella idea di venire sulla Terra travestiti da esseri umani. Ma travestiti bene però, mica come il lupo di Cappuccetto Rosso, che si era messo solo la cuffietta in testa e la bambina lo scambiava per la nonna (immaginate com’era la nonna, voglio dire…).
Ad ogni modo, ci interessa relativamente come fosse quella serie. Quello che ci importa è che il suo rapido tramutarsi in un cult di genere ha portato alla produzione di V, serie del 2009 che lo scorso martedì ha dato il via alla sua seconda stagione.

Dodici mesi fa l’attesa era molto forte, verso un prodotto che pareva promettere grandi cose. A conti fatti, V ha dimostrato di avere discreti numeri, grazie a un bel ritmo e a una sceneggiatura tutto sommato appassionante. Una cosa ho apprezzato in particolare: mentre tutti cercavano l’erede del morente Lost (con il risultato di dar vita a Flash Forward, povera gioia…), gli autori di V non si sono fatti prendere dalla smania del mistery e sono rimasti legati all’assunto di fondo del 1983: alieni cattivi e (davvero) brutti vengono a farci la bua fingendo di essere nostri amici. Un concept che poteva andare bene negli anni Trenta, o per qualunque oratorio attuale, e che quindi non dovrebbe suscitare particolare interesse, ma che una volta inserito in una “cucina” televisiva tutta tesa verso il piatto nuovo e dal sapore particolare, è emersa come la cara e vecchia lasagna della nonna. Sarebbe bastato poco per sconfinare nel giallo: bastava lasciare in sospeso le reali intenzioni di Anna (Morena Baccarin) e dei suoi, lasciando trasparire solo lentamente la loro malvagità. Ma la stessa ascendenza della serie non permetteva questa operazione, ed è stato giusto lasciar perdere. E allora via con l’esplicita battaglia per la Resistenza guidata dalla Quinta Colonna (capitanata dall’ex Lost Elizabeth Mitchell).

Come detto, costruzione narrativa e ritmo hanno mantenuto un buon livello. Certo, dalla fantascienza ci si aspetta sempre qualche slancio metaforico, e in questo senso molti critici americani hanno visto in V una sorta di metafora della presidenza Obama (non ho capito se questo implica che il buon Barack sia un rettile…). In realtà V non è un prodotto di chissà quale livello intellettuale (non come Battlestar Galactica, tanto per dirne uno…), anche se emergono alcuni spunti interessanti: la differenziazione tra umani buoni e alieni cattivi in base alle presenza o meno di emozioni (il contrario di come amiamo dipingere noi stessi, gagliarda specie intelligente contrapposta a quelle dominate dal barbaro istinto); il ruolo giocato dai mezzi di comunicazione nella propaganda di Anna; la riflessione mistico-spirituale: al di là che uno dei protagonisti è un prete, il rapporto che le folle umane hanno con Anna è esplicitamente dipinto coi colori dell’adorazione religiosa, diretta a una specie di divinità giunta dal cielo, che fa miracoli e che obbliga le genti del mondo ad ascoltare il suo verbo col naso all’insù (mancano solo la barba bianca e qualche cespuglio in fiamme).

Chiarito quindi che V è un prodotto gradevole, anche se non epocale, rimane da togliersi un sassolino dalla scarpa. Un sassolino di natura prettamente tecnica: gli effetti speciali fanno abbastanza schifo. E voi direte “vabbe’ dai, l’importante è che la storia fili”. Ok, se non fosse che l’immersione nel racconto passa anche attraverso la capacità di non rendere del tutto evidente che gli attori recitano di fronte a un pannello verde successivamente sostituito al computer. Se la resa grafica dell’esterno delle astronavi regge, così come il trucco&parrucco (efficaci le pelli squamose dei V sotto la finta epidermide nostrana), troppe volte assistiamo a dialoghi inscenati in ambienti decisamente “finti”, quasi da cartone animato. Per non parlare di quando gli alieni usano i loro pannelli di controllo olografici: la sensazione che gli attori smanaccino nell’aria come mimi isterici è francamente desolante.

Rimarrebbe da dire qualcosa su questi extraterrestri dallo scheletro completamente diverso dal nostro che entrano perfettamente in un “vestito di pelle umana”, come se un labrador entrasse nel cappottino di un bassotto, ma non starò qui a diventare pignolo…

OCCHIO CHE ADESSO SPOILERIAMO SUL PRIMO EPISODIO DELLA SECONDA STAGIONE

Fatte tutte queste considerazioni, posso dire che il 2011 è iniziato bene per i nostri amici dalla lingua biforcuta. La puntata inaugurale della seconda stagione parte dalla violenta incazzatura di Anna (la Quinta Colonna le ha letteralmente rotto le uova nel paniere spaziale…) per arrivare a quello che sembra un robusto cambiamento di rotta, con gli umani in rivolta dopo mesi di romanticismo pro-E.T. In realtà, Anna sa come giocare con la nostra credulità, e in breve tempo restaura quel clima di fiducia con l’umanità che solo i membri della Quinta Colonna sanno essere particolarmente malsano. Aspettiamoci dunque nuovi scontri segreti e nuove manovre per colpire gli invasori dall’interno, anche grazie al pentimento del giornalista Chad Decker (Scott Wolf), prima sostenitore e megafono mediatico per i Visitatori, ora finalmente ravveduto e pronto a dare una mano.
Infine, il gradito colpo di scena finale: l’arrivo della protagonista della vecchia serie, Jane Badler, nella parte di… vabbe’ dai non ve lo dico, anche se ve lo potete bene immaginare!



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