4 Febbraio 2014 3 commenti

American Horror Story Coven – Siamo ancora perplessi di Diego Castelli

C’erano dei problemi, e sono rimasti lì

Copertina, On Air

American Horror Story Coven cop

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OCCHIO, SPOILER SUL FINALE DI STAGIONE!!!!
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Era l’11 ottobre quando parlammo del debutto di American Horror Story Coven, terza incarnazione della saga ideata da Ryan Murphy, nonché terzo “grande tema” a trovare svolgimento: dopo la casa infestata e il manicomio di sangue, ecco le immancabili streghe.
Se volete rileggere prima il vecchio post, lo trovate qui.
Se invece non ne avete voglia, vi riassumo in breve le impressioni di allora: ci sembrò un episodio buono di per sé, ma purtroppo inferiore (pure tanto, a tratti) rispetto a ciò che American Horror Story aveva fatto vedere nei due anni precedenti. Per ammissione dello stesso Ryan Murphy, Coven voleva essere più thriller-drama e meno horror-splatter, col rischio però – secondo noi – di far venire meno proprio le caratteristiche che avevano reso AHS un prodotto a sé nell’attuale panorama televisivo, per avvicinarlo troppo ad altre incarnazioni del paranormale telefilmico, più pacate e meno ficcanti. Soprattutto, se fai i teaser e i trailer più inquietanti della storia (per non parlare della sigla) mi aspetto che la serie segua quella strada.

Dopo aver visto l’intera stagione, duole dire che i problemi non sono stati adeguatamente risolti (probabilmente perché gli autori non li consideravano neanche problemi). Anzi, il finale è stato piuttosto deludente.

Ci tengo di nuovo a fare la stessa precisazione dell’altra volta: il livello di American Horror Story rimane alto, non è che d’improvviso è diventata una serie “brutta”. Gli attori sanno ancora recitare, il trio Jessica Lange-Kathy Bates-Angela Bassett è stato pienamente all’altezza, e c’è piaciuto vedere Lance Reddick (ex Broyles di Fringe) nei panni folli di Papa Legba. I registi sanno ancora fare il loro mestiere e la storia è stata comunque interessante.
Ma “interessante” non è aggettivo da American Horror Story. Devastante, clamorosa, raggelante, questi erano i termini che usavamo gli anni scorsi, e che stavolta non ci vengono proprio in mente.
American Horror Story Coven (1)

Senza ripercorrere per filo e per segno la stagione – che ha navigato tra alti e bassi, tra scene più ispirate e passaggi meno memorabili – concentriamoci sul finale.
Saltiamo a piè pari l’intro canora. Stevie Nicks che canta “Seven Wonders” come se fossimo in un video musicale anni Ottanta è una colossale, maestosa cagata che spero sia stata concepita sotto l’influenza di droghe molto pesanti, perché davvero non se ne capisce il motivo.

Ma anche senza considerare questa totale bruttura, l’episodio fa incazzare lo stesso. Sostanzialmente perché Coven era finito la settimana prima, con l’uscita di scena di Madame LaLaurie, di Marie Laveau e, apparentemente, di Fiona.
Dopo quella specie di eiaculazione precoce, che è probabilmente il punto più alto della stagione, ci ritroviamo in una sorta di talent show con le ragazzette fastidiose: la prova delle Seven Wonders, che deve far emergere la nuova Suprema e che tanto abbiamo atteso, è una lunga serie di piccoli trucchetti con scarsa ispirazione e ben poco pathos. Anche i decessi (prima di Misty e poi, apparentemente, di Zoe) scorrono via come un atto dovuto, come una conclusione scontata. Voglio dire, Misty era un personaggio importante, con uno spessore di un certo tipo, e alla fine finisce in polvere come la più sfigata del quartiere. Completamente buttata via.
L’assenza di Fiona per tutta la puntata si sente anche troppo, e la relativa certezza che tornerà prima dei titoli di coda non rende tutto quello che c’è prima meno superfluo. L’assenza delle tre Grandi Vecchie sembra un mezzo per mettere tutti i riflettori sulla sfida tra le giovani streghe, ma il problema è che c’è ben poco da illuminare. Tutto diluito in una messa in scena ordinaria, in cui le aspiranti supreme si beccano tra loro come liceali e dove le creatività visiva è assente ingiustificata.
American Horror Story Coven

Quando l’anno scorso parlavamo di Asylum, uno dei pochi difetti era la trama eccessivamente piena, che aveva regalato mille spunti salvo poi inciampare qui e là, nell’impossibilità di dare uno sviluppo completo a tutti ma proprio tutti i temi che erano stati tirati in ballo. Questo problema sembrava non esserci con Coven, basata su una storia più chiusa e circoscritta, e per questo potenzialmente più approfondita e sviscerata.
E invece delusione anche qui. In parte perché i personaggi realmente di spessore sono pochi (Fiona, Madama LaLaurie e poco altro), e poi perché ci sono alcuni dettagli buttati lì per fare scena e poi abbandonati. Pensiamo alla vulva assassina di Zoe: scusate se sembro un po’ maniaco su questa cosa, però andiamo, non puoi inserire una vagina killer nella première, e poi dimenticartene completamente. Mi fai pensare che non avevi le idee chiare, e che hai voluto fare clamore con un’idea che t’è venuta sotto la doccia. E non voglio sapere cosa stavi facendo sotto la doccia.

La stessa scelta di dare la Supremazia (si dirà così?) a Cordelia era largamente prevedibile, ed è stata gestita in modo piuttosto blando: una chiacchierata con la madre, le Seven Wonders fatte con facilità in pochi minuti, la voglia di cambiare il mondo delle streghe aprendole alla società e ai mass media. Capisco che possa apparire come un necessario tirare le fila del discorso, ma davvero non c’è nulla per cui valga la pena applaudire. E non mi sto lamentando di un finale eccessivamente felice (era successo anche gli anni scorsi), bensì della quasi totale assenza di originalità. Anzi, ci siamo dovuti sorbire la pesantezza di un ultimo dialogo Fiona-Cordelia che onestamente ha lasciato poco e nulla in termini di sorpresa ed emozione.

Insomma, è come se per Coven gli autori avessero voluto una storia lineare, precisa, poco rischiosa. Perché in fondo tutto torna, tutto trova conclusione, e il finale speranzoso potrà essere letto come chissà quale metafora di una società aperta al diverso, e tutte le altre sciocchezzuole da sociologia spicciola che possiamo immaginare.
Ma signori, qui mancano tutti i dettagli potenzialmente nuovi, stimolanti, terrificanti. Come nel triangolo Zoe-Kit-Madison, che parte alla stragrande (ricordiamo che il poveretto è una specie di mostro di Frankenstein rattoppato e resuscitato da due ragazzine) per poi finire con qualche frase d’amore e uno strangolamento. Embè? Tutto qui?
Ma allora preferisco Asylum, che a tratti era confuso e disordinato, ma aveva una forza espressiva totale, da torcere lo stomaco.

Non contesto il fatto che Coven possa piacere come e più dei precedenti AHS. Anzi, sono certo che alcuni spettatori abbiano preferito una storia sempre cupa, ma più digeribile. Però questo non è American Horror Story. Non è la serie che costituiva davvero un unicum nel palinsesto seriale, per lo meno americano. Non è ciò che in fase di promozione della stagione ci era stato promesso.
Coven è un Vampire Diaries un po’ più colto e sanguinolento, niente di più. Ma io non volevo un altro Vampire Diaries, mi bastava quello che avevo già.
AHS Coven - Cordelia
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