24 Settembre 2014 37 commenti

Gotham – La serie più attesa dell’autunno di Diego Castelli

Arriva finalmente la serie prequel di Batman, e le ambizioni sono altissime

Copertina Pilot, Pilot

Gotham cop
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QUALCHE SPOILER SUL PRIMO EPISODIO, MA NIENTE DI SERIO, SIAMO SOLO ALL’INIZIO.
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Non era difficile immaginare che Gotham, nuova serie di FOX, sarebbe stata la più attesa dell’autunno.
Quello di Batman è uno dei mondi fumettistici più amati, e l’approccio superhero-free deciso dagli autori ha creato un inevitabile misto di curiosità e timore. A questo si deve aggiungere il facciotto di Ben McKenzie, la firma di Bruno Heller (che con Rome e The Mentalist ci mette la faccia da solido artigiano della buona tv), e uno dei trailer più accattivanti visti negli ultimi anni.

Il concept di Gotham è tanto noto quanto ardito (e molti hanno usato parole meno lusinghiere di “ardito”): si racconta della giovinezza di Jim Gordon, che un giorno sarà Commissario, ma che per ora è solo un giovane detective dai grandi ideali e dalle palle ferme. Intorno a lui, una città brulicante di crimine e popolata, tra gli altri, da alcune personalità che in futuro, fumetti alla mano, diventeranno temibili personaggi in costume: da Bruce Wayne (futuro Batman) a Oswald Cobblepot (Pinguino), da Selina Kyle (Catwoman) a Edward Nygma (l’Enigmista).

Ma come, una serie ambientata a Gotham City, e Batman non si vede mai?
Questa la domanda alla base di molte delle perplessità pre-pilot, in un momento storico in cui gli altri soggetti televisivi e cinematografici non si trattengono dal mostrare costumi luccicosi ed effetti speciali (vedi il prossimo The Flash), mentre FOX decide in qualche modo di nascondersi.
Al netto dei pericoli, la riflessione di fondo non è però priva di fascino: Gotham City – ben più della Metropolis di Superman, a mio giudizio – è sempre stata un luogo mitico, ovviamente legata alla fama dei personaggi che la popolavano, ma sempre capace di imporre un suo stile, una propria “personalità”. La sfida è dunque quella, per una volta, di rendere protagonista la cornice, mostrando Gotham non come un semplice sfondo, ma come una specie di grembo materno in cui far crescere alcune delle figure più eccezionali della moderna narrativa. Poi magari la voglia di Batman ti rimane lo stesso, ma intanto c’è spazio per fare una cosa comunque bella.
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Gotham02

Ma quindi, com’è andata?
Be’, nonostante le aspettative inarrivabili, il pilot di Gotham è buono. A tratti anche molto. Con giusto qualche “però”.
Per una volta vale la pena di iniziare dalla messa in scena, visto che in questo caso la “scenografia” – in senso lato – è particolarmente importante. Da questo punto di vista, Gotham entusiasma: la città è viva, pulsante, immersa in un fotografia grigia e lattiginosa che riesce a trasmettere il senso di una grande varietà di ambientazioni (speriamo non sia solo un pregio del pilota), ma coprendo tutto con una cappa di stilosa oscurità.
E’ un ottimo lavoro di regia e di fotografia, ma occhio a non dimenticare scenografie e costumi: in particolare, si nota l’abilità nel creare quel misto di vintage e moderno – scorci da anni Trenta affiancati senza trauma a cellulari e auto contemporanee – che è sempre stato tipico del mondo dell’Uomo Pipistrello.
Anche il cast appare visivamente azzeccatissimo: ottimo McKenzie, con il suo sguardo pure un po’ stordito ma che ci sta alla grande in un personaggio che brama essere ottusamente virtuoso; buono Donal Logue nei panni di Harvey Bullock, detective della vecchia guardia ormai arresosi alle lusinghe corruttive della Gotham più malata; adeguato (forse solo un filo anonimo) Sean Pertwee, che dà vita a un Alfred piuttosto rigido ma comunque calzante considerata la situazione. Tra i cattivi o futuri tali spicca Robin Lord Taylor, il cui Oswald Cobblepot riesce a stare sufficientemente alla larga dalla macchietta senza per questo rinunciare a uno sguardo da pazzo totale che ci fa solo sperare per il meglio.

Se ciò che “vediamo” e “sentiamo” di Gotham funziona, anche la sceneggiatura riesce a piazzare qualche buon colpo.
Buona l’idea di dare molto spazio, presente e futuro, all’omicidio dei genitori di Bruce, evento fondante di tutta l’epopea di Batman e prima preoccupazione dello stesso Gordon. La strada del buon Jim, armato di etica e buone intenzioni, è lastricata di criminali e figli di puttana, e la sceneggiatura riesce abbastanza bene – seppur con qualche banalità di troppo – a restituire l’immagine di una città in cui i tentacoli della malavita stringono praticamente ogni collo che conta, in un sistema di corruzione e marciume apparentemente inviolabile.
E’ un classico pilot fondativo, insomma, dove viene presentato un mondo, i personaggi principali che lo popolano, e alcune fondamentali direttrici narrative (la ricerca degli assassini dei genitori di Bruce, le mire del Pinguino ecc).
Una “presentazione” abbastanza normale, da manuale se vogliamo, che comunque non rinuncia a qualche tocco di classe: penso ad esempio a Gordon che parla con Bruce appena rimasto orfano e gli dice “ci sarà luce” (A Batman lo dice!!!), oppure al pericoloso Carmine Falcone, che tesse le lodi del padre di Gordon (ex procuratore distrettuale) facendoci però capire che, se le lodi sono tessute da un criminale, forse bisogna prenderle con le molle.

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Gotham pinguino

Ma per una serie, e un immaginario, che vive del continuo contrasto tra luce e buio (metaforici e non), non poteva mancare qualche ombra.
Ci sono sostanzialmente due ordini di problemi, uno presente e uno, possibile, futuro.
Quello presente è un po’ vago, mi rendo conto, ma va riassunto così: il pilot di Gotham è bello, ma non eccezionale. Ha tutte le sue cosine a posto (alcune proprio al posto giusto), ma in qualche modo non riesce a sconvolgere lo spettatore, lasciandogli la certezza di aver visto qualcosa di grande. Abbiamo visto qualcosa di buono, sicuramente sì, di potenzialmente molto grande, ma che ancora non lo è del tutto. Forse l’attenzione nella ricerca dello stile perfetto ha reso il tutto un po’ freddo, molto cerebrale e poco istintivo.
E qui si arriva al problema futuro: superata la paura di avere un semplice “NCIS a Gotham City” (mi sembra che le linee orizzontali siano troppo forti per rimanere impantanati in un banale procedural), rimane la questione dell’assenza dei supereroi. Non è solo un problema di “voglio vedere i mantelli”. E’ questione che buona parte del fascino di questo pilot non sta su Gordon, bensì sugli indizi di ciò che succederà ai futuri eroi e villain. Ci piace vedere Bruce da giovane, il futuro Pinguino, le movenze feline dell’ancora acerba Catwoman. Ma questo non può essere il piacere prevalente di questa storia, perché sarebbe un desiderio mai soddisfatto: non vedremo mai nascere Batman (chissà, magari solo nel series finale), quindi la storia deve essere in grado di farsi interessante di per sé, a prescindere da (o in parallelo a) il gusto di vedere la gioventù di quei personaggi e i tanti riferimenti fumettistici.
In più, a chiusura, riporto l’interessante riflessione fatta da un giornalista americano che cazzarola non so più dove l’ho letta: Gotham è una serie poliziesca, con un protagonista di alta caratura morale, che inevitabilmente verrà sconfitto. Eh sì, perché se Gordon riuscisse nel suo intento di ripulire la città, Batman non servirebbe più. Ma questo, immagino, non sarà possibile, proprio perché la serie vuole raccontare anche le origini di quel mito. Quindi saremo in qualche modo costretti a patteggiare per un eroe che, già lo sappiamo, perderà.
Personalmente, la cosa non mi infastidisce per nulla, ma è anche giusto sollevare il problema, visto che qualche spettatore potrebbe uscirne un po’ demotivato.

Perché seguirla: ottima messa in scena, cast azzeccato, e potenzialità pressoché infinite. Se c’è una nuova serie che merita fiducia e pazienza, quella è Gotham.
Perché mollarla: Gotham continua a essere il mondo di Batman senza Batman, e solo guardando il pilot è difficile capire se potremo farne a meno come se niente fosse.

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Gotham Selina



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