11 Novembre 2015 33 commenti

Consigli per recuperone: 7 motivi per recuperare Dexter di Diego Castelli

Dieci anni dopo, Dexter ha ancora qualcosa da dire

Dexter

L’altro giorno, ripensando anche a vecchie discussioni sul sito, ci siamo fatti una domanda: ha senso bocciare in toto una serie tv perché non ci è piaciuto il finale?
Ci sono spettatori che, in maniera del tutto istintiva, trasformano la delusione per un ultimo episodio (o ultima stagione) in un definitivo “Ho buttato anni della mia vita”.
Ma è davvero così? Ha senso bocciare “del tutto” uno show perché vi siete lasciati male?
È un po’ come una storia d’amore: se finisce male butti via tutto? Oppure ti ha comunque lasciato qualcosa, ti ha fatto crescere in qualche modo?
Senza girarci troppo intorno: secondo noi no, non ha senso buttare tutto all’aria.

Nell’ultimo paio d’anni il finale più criticato è stato sicuramente quello di Dexter. A torto o a ragione (ma “torto” e “ragione” esistono davvero?), la maggioranza degli spettatori abituali di Dexter non ha gradito gli eventi del finale. Torniamo alla domanda iniziale: ma quindi Dexter è una serie “brutta”? “Da buttare”? Ma per l’amor del cielo, no!
Ripensandoci a mente fredda, due anni dopo, il solco lasciato da Dexter nella storia dei telefilm è un’impronta importante, visibile, ben più marcata rispetto ad altre serie.
A questo punto la domanda si ribalta: può un serialminder che si rispetti, nel 2015, non aver visto neanche una puntata di Dexter? E la risposta è no, non può.

Per rinfrescare la memoria ci siamo rivisti un paio di episodi su Infinity, dove si trovano tutte le otto stagioni di Dexter in streaming. E alcune verità ci sono sembrate (ancora) chiarissime.
Ecco allora i sette motivi per cui ha senso recuperare Dexter.

1. La fusione tuttora originale di eroe e cattivo

Alla sua comparsa, Dexter Morgan rappresentò una singolare innovazione narrativa per la tv americana, una sorta di punto di arrivo di un percorso secolare di progressivo avvicinamento fra giustizieri e carnefici. Dexter è tutti e due, è Jekyl E Hyde, contemporanamente, senza soluzione di continuità. L’escamotage immaginato dagli autori per stemperare questo semplice fatto (dargli un codice etico che lo portasse a uccidere solo criminali di varia forma e colore) non toglie una virgola alla forza del concept: se riguardate oggi il pilot, a distanza di dieci anni, ancora vi troverete a pensare, mentre Dexer cattura l’assassino di bambini, che no, lo spaventerà un po’, lo riempirà di sberle, ma alla fine lo consegnerà alla polizia. E invece no: freddo e impassibile, Dexter lega il bastardo a un tavolo e lo uccide, con chirurgica precisione, senza tentennare un attimo. Ancora oggi, dopo così tanti anni, il nostro cervello abituato ad altre regole e codici si chiede smarrito: ma quindi devo parteggiare per lui? Devo volergli bene? Sicuri eh? Questo scarto era la forza di Dexter, e lo è ancora, perché un personaggio così non è mai più riapparso e, forse, mai riapparirà.

Dexter (2)

2. La faccia assurda di Michael C. Hall

I serialminder di lungo corso lo conoscevano già per quella genialata di Six Feet Under, ma è con Dexter che Hall ha trovato l’impiego giusto per la sua faccia: sempre in bilico fra follia e simpatia, buon vicinato e oscuri segreti, Hall era l’interprete perfetto per Dexter Morgan, l’unico che potesse trasmettere nello stesso momento la facciata da bravo ragazzo e il cuore nero e vuoto del killer spietato. In questo senso, Dexter rientra nel prestigioso gruppo di serie in cui il casting del protagonista è “perfetto”: ne fanno parte gli House, i Tenente Colombo, le Signora in Giallo e un po’ di altre. Serie che giocano l’80% del proprio successo su una sola persona, e l’azzeccano!

3. La faccia ancora più assurda di Jennifer Carpenter

Per quanto autoriferita, la vicenda di Dexter non poteva vivere solo di un uomo. Ecco allora un vario sottobosco di personaggi secondari che, nel comune ambiente della polizia, offronto a Dexter ora rifugio, ora pericolo, ora occasione di sviluppo e crescita (pensiamo per esempio all’odiosissima ma importantissima Rita). A riassumere tutti c’è ovviamente Debra, sorella adottiva di Dexter, che nel giro di otto anni diventerà protagonista di alcune critiche giunte al finale, ma che intanto in tutto quel tempo ha rivestito un ruolo fondamentale. Soprattutto, in qualche modo è anche lei espressione di quella fusione di opposti di cui Dexter è principale esponente: è una donna, nella biologia, nei desideri e in certe modalità espressive (parliamo di “donna” in senso stereotipato, narrativo); allo stesso tempo è anche un uomo, un poliziotto duro e sboccato, poco incline alle relazioni stabili, affamato di carriera e successo professionale. E ancora una volta c’è la persona giusta al posto giusto: Jennifer Carpenter non è una bella donna (dai, su…) però è particolare, non-comune, ti si stampa nel cervello fin dalla prima volta che, ancora sulla segreteria telefonica di Dexter, spara parolacce ben poco femminee che la introducono e la circoscrivono. La Carpenter è precisa per fare Debra così com’è stata concepita dagli spettatori, e la riprova la si ha appena la vedi fare altro: attualmente impegnata nel pur simpatico Limitless, la brava Jennifer ci sembra un pesce fuor d’acqua nei panni della normale poliziotta che potrebbe diventare pure un interesse amoroso del protagonista. Nella nostra testa lei è debra Morgan, e il fatto che ora non dica più le parolacce la fa apparire una specie di strano clone di cui è meglio non fidarsi.

dexter-2

4. L’ironia

Forse consapevoli di stare lavorando su un concept non proprio ordinario, gli sceneggiatori di Dexter sapevano di non poter far finta di niente: è qui che nasce l’idea della voce narrante di Dexter e di personaggi come Masuka. Non poteva non esserci almeno un po’ di ironia, in una serie dove il peggiore dei cattivi è la stessa persona per cui ci viene chiesto di parteggiare. Ecco allora la perfetta autocoscienza del protagonista, il suo sapere sempre (o quasi) chi è e dov’è, tanto da potersi prendere esplicito gioco delle regole che normalmente imbriglierebbero un carattere come il suo. Invero un po’ scemata nel corso degli anni, al crescere di situazioni altamente drammatiche e anche dolorose per l’apatico protagonista, l’ironia delle prime stagioni di Dexter è la ciliegina, il tocco finale  che spiazza definitivamente lo spettatore, tenuto sempre in bilico sul ciglio di un burrone profondo e insieme intrigante.

 

E17TVa - For Dawidziak - DEXTER, the critically acclaimed drama series about a serial killer, which recently completed its second season on premium cable network SHOWTIME, makes an unprecedented appearance on network television when it premieres Sunday, Feb. 17 (10:00-11:00 PM, ET/PT) on the CBS Television Network. Pictured Michael C. Hall stars as a Miami blood-spatter analyst and serial killer on DEXTER. Photo: Christian Weber/Showtime. Maximum width 60 picas at 200 dpi. 2/12/08

5. Miami

La maggior parte delle storie di serial killer è ambientata in luoghi bui, ombrosi, nebbiosi, nascosti e pieni di anfratti. Le gesta degli assassini seriali vengono solitamente inserite in città cementificate e brulicanti, come una New York o una Londra, oppure in paeselli di campagna falcidiati dalla pioggia e dal fango, oppure ancora in lade desolate e fredde che rendano ben chiaro il concetto di gabbia da cui è impossibile uscire. In altri casi, contraddizione solo apparente, i serial killer scuotono l’apparente tranquillità di anonime cittadine di provincia, dove la facciata artificialmente immacolata nasconde segreti inconfessabili e inquietanti devianze.
Ecco, Dexter è ambientata a Miami. E non una Miami “inedita”, o “mai vista”. No no, Miami come te l’aspetti, sudata e colorata, piena di vita e canzoni, dove i poliziotti hanno le maniche corte e i cappelli di paglia. Con un approccio parzialmente simile a quello ricercato da CSI Miami, anche qui Dexter ritorna la solita, ricercata contraddizione: scegliere una città che andrebbe bene per Baywatch 2.0 come base per una storia assai più malata e sanguinolenta. Scegliere il posto con la maggiore quantità di vita, per offrire un migliore terreno di caccia alla Morte.

6. L’amore per i dettagli

Ricordo ancora la prima volta che vidi la sigla di Dexter, quel meraviglioso incrocio e sovrapposizione di gesti quotidiani e sottotesti, un minutino di suoni e immagini che ridavano pienamente il senso della serie che introducevano e che sono diventati modello per molte altre sigle negli anni successivi. Quella stessa cura dei dettagli è cifra stilistica dell’intera Dexter, che si premura di controllare ogni inquadratura e ogni macchia di sangue così come il protagonista collezionava i suoi vetrini col sangue delle vittime. Ancora una volta l’invito è andarsi a rivedere il pilot: non c’è una virgola fuori posto, che fosse il sorriso finto di Dexter o la luce calda e apparentemente rassicurante dei locali di Miami dove si fa bisboccia.

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7. Quella domanda per lo spettatore: cos’è il Male?

Per quanto Dexter abbia subito uno sviluppo molto articolato – in otto anni è quasi inevitabile – all’inizio di tutto la sua forza stava soprattutto in una sfida intellettuale lanciata allo spettatore, di cui il protagonista era mero strumento: cosa significano bene e male? Dov’è la linea di demarcazione fra giusto e sbagliato?
Mettendo in scena un eroe serial killer, Dexter chiedeva fin da subito allo spettatore di fare a meno di categorie preimpostate e imparate in anni e anni di film e telefilm americani. Perché di protagonisti criminali ce n’erano già stati, e anzi quello del gangster affascinante è un topos vecchio come l’idea stessa di fiction. Qui però è diverso: Dexter non è un eroe “che però uccide”. Dexter è l’eroe (nel senso narrativamente più ampio del termine) proprio perché uccide. Non c’è Dexter senza gli omicidi, che in altre serie sono uno strumento con cui il criminale di turno punta a uno scopo. Qui no, qui l’omicidio è la base, l’inizio, la condizione senza la quale la storia nemmeno ci sarebbe. Come dobbiamo rapportarci noi spettatori nei confronti di questa idea? Quanto dobbiamo essere “felici” della presenza di vittime di Dexter?
All’inizio la questione sembra facile: Dexter uccide solo i cattivi, quindi la serie ci sta dicendo che uccidere i cattivi è accettabile. A parte che anche così sarebbe comunque un tema interessante da dibattere, la serie in realtà va oltre, e spinge sempre di più: non passa molto tempo prima che comincino a morire persone innocenti, la cui morte però garantisce la segretezza della doppia vita di Dexter e, quindi, la prosecuzione stessa dello show. In pratica, la sceneggiatura ci porta spesso a chiederci cosa saremmo disposti a sacrificare affinché la serie possa continuare ad esistere. Quando scopriamo che la risposta a quella domanda è “tutto”, vuol dire che Dexter ha saputo insegnarci qualcosa di noi stessi e delle piccole oscurità che ci si muovono dentro.
Oh, non ammazzate nessuno però eh, mi raccomando…

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