18 Maggio 2017 4 commenti

Anne with an E: un racconto classico e una protagonista bravissima di Diego Castelli

Dal Canada a Netflix, un grande classico della letteratura per ragazzi

Copertina, Pilot

cover 2

Di solito concediamo scarsa attenzione alle serie canadesi, per una pura questione di tempo, ma se Netflix ce le porta in Italia pronte e impacchettate, magari vale comunque la pena darci un’occhiata (anche se comunque non c’è certezza di capolavoro perché Netflix, nella sua ricerca di equilibrio fra quantità e qualità, qualche bella ciofeca ce la rifila comunque).

Tutto questo per dire che mi sono spupazzato gli 89 minuti di pilot di Anne with an E, serie ispirata a quella che noi conosciamo soprattutto come “Anna dai capelli rossi”, personaggio nato nel 1908 dalla penna della scrittrice canadese Lucy Maud Montgomery, che sulla ragazzina con le treccine basò buona parte della sua fortuna letteraria.
L’intera prima stagione di Anne with an E è andata in onda a marzo-aprile in Canada, e lo scorso week end è arrivata anche sul Netflix italiano.

Anne with an E (5)

Il concept era e resta relativamente semplice: Anne è un’orfana che per anni è stata sbatacchiata di qua e di là, vivendo in situazioni non particolarmente edificanti che però non le hanno fatto perdere il sorriso. Anzi, è una ragazzina incredibilmente entusiasta, con una fervidissima immaginazione e una logorrea quasi inarrestabile: parla in continuazione, commenta tutto ciò che vede, e ha una grande passione per le parole e la loro capacità di descrivere i suoi pensieri e le storie che continuamente si inventa. La sua (misera) vita cambia quando viene adottata da una coppia (fratello e sorella) che sperava di poter adottare un maschio che li aiutasse nella loro fattoria, ma che alla fine non possono che affezionarsi alla straripante bambina dai codini rossi.

Diciamocelo subito, io Anna l’ho sempre un po’ odiata. Non che la conoscessi bene, perché in realtà l’ho incontrata solo grazie al famoso anime giapponese andato in onda anche nel nostro Paese, ma era proprio quel tipo di racconto molto bucolico e molto al femminile che difficilmente poteva incontrare il mio gusto di ragazzino tutto preso da Kenshiro e i Cavalieri dello Zodiaco (che poi sono cazzate, perché Candy Candy me la sono sparata tutta varie volte!).
Quindi “odio” non nel senso di “rifiuto consapevole dopo attenta disamina”, ma piuttosto “cos’è sta roba da femmine?”.
Ora la situazione non è cambiata tantissimo, e probabilmente non guarderò il secondo episodio di Anne with an E, però siccome sono diventato adulto è bene fare dei distinguo.

Anne with an E (6)

La serie tv, in onda su CBC, spende la sua prima ora e mezza presentandoci Anne, la sua straripante vitalità, e l’influenza di questo carattere sulle persone che via via incontrerà, primi fra tutti ovviamente i fratelli Marilla e Matthew Cuthbert (interpretati da Geraldine James, la Milner di Utopia, e R.H. Thomson). Per lo spettatore, soprattutto lo spettatore cinico, i sentimenti verso Anne sono da subito conflittuali: è difficile non restare almeno in parte contagiati dalla sua vitalità, ma allo stesso tempo arrivano più momenti, nel corso del pilot, in cui si vorrebbe solo che stesse zitta e ci lasciasse riflettere.
Ma se questo è un problema che, se lo avvertite subito, probabilmente rimarrà per sempre, allo stesso tempo è difficile non cogliere l’eleganza della messa in scena, dove grande attenzione è riservata alla rappresentazione di una campagna dura ma allo stesso tempo paradisiaca, piena di luce e colore, contrapposta al passato di Anne, dove le inquadrature lunghe e aperte lasciano il posto a immagini grigie e scattose, cariche di dolore.

Anne with an E (7)

Anne with an E è una produzione di qualità, insomma, che può non essere diretta proprio a tutti, ma che ha una sua specifica solidità, al di là del fatto di rifarsi a una storia molto famosa (soprattutto per i canadesi) che già di suo può attirare l’attenzione.
Ma il vero punto di forza di Anne with an E è uno solo: Amybeth McNulty, la ragazzina neanche sedicenne che interpreta Anne, è semplicemente perfetta. Lineamenti forti, viso espressivissimo, ben lontana dall’idea di una bambolina perfettina, la McNulty mette nella sua Anne un’energia straordinaria e una variabilità espressiva che le permette di passare in un attimo dall’entusiasmo più smisurato e sopra le righe, alla disperazione più nera e lacrimevole.
È lei la vera star, un talento purissimo e un carisma limpido che questa ragazzina riesce a sbattere sullo schermo per tutto il pilot, e che è motivo sufficiente per far scattare un applauso anche in chi, come il sottoscritto, probabilmente non andrà avanti, per motivi di gusto personale che non c’entrano con la bontà di una produzione fatta come si deve.

Perché seguire Anne with an E: la protagonista è bravissima e più in generale la serie sembra cogliere bene l’atmosfera ormai classica del romanzo e delle sue successive incarnazioni.
Perché mollare Anne with an E: se non vi piace il genere “storia per ragazzi con la fattoria e un fondo indispensabile di buoni sentimenti”, meglio stare alla larga.



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